4 Marzo 2020

Rimborsi Iva per cessazione dell’attività e indicazione nel bilancio di liquidazione

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la recente Ordinanza n. 4559 del 21.02.2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del rimborso Iva relativo alla cessazione dell’attività, chiarendo che – secondo le previsioni di cui all’articolo 30 D.P.R. 633/1972 – l’omessa esposizione del credito Iva nel bilancio finale di liquidazione della società non è un elemento che può pregiudicare il diritto del contribuente al rimborso.

Più in particolare, nella citata Ordinanza la Corte ha chiarito che l’efficacia probatoria dei libri sociali, derivante dalla normativa pubblicistica, attiene ai rapporti di debito e credito inerenti all’esercizio dell’impresa, mentre la contabilità Iva, pur non avendo alcuna efficacia probatoria in tali rapporti, documenta comunque il debito fiscale, rendendone possibile il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Nel caso di specie, il credito Iva non era stato indicato nel bilancio finale di liquidazione in quanto la società lo aveva ceduto ad altro soggetto giuridico e, conseguentemente, il suddetto bilancio era stato approvato senza l’indicazione di tale posta contabile.

Ma vediamo cosa dispone la normativa in merito.

Come regola generale va ricordato che, in base a quanto previsto dall’articolo 30, comma 1, D.P.R. 633/1972(…) se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile (…) è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili (…), il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo (…) ovvero di chiedere il rimborso (…) in caso di cessazione di attività (…)”.

Le disposizioni di cui al richiamato articolo 30 prevedono una serie di limitazioni al diritto di chiedere il rimborso dell’Iva, limitandolo a talune tassative ipotesi ma, in ossequio ad un generale principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, lo garantiscono “comunque in caso di cessazione di attività” (v., sul punto, anche quanto chiarito dalla risoluzione n. 1432 del 14.02.1996).

La disposizione ha la finalità di consentire al soggetto passivo di recuperare l’eccedenza Iva, stante l’impossibilità di “riportare in avanti” tale credito, utilizzandolo in detrazione dall’imposta dovuta nel successivo periodo.

Trattandosi di una ipotesi specifica, all’erogazione di tale tipologia di rimborsi provvedono esclusivamente gli uffici delle Entrate, attesa la particolarità delle problematiche interessate e dei controlli da espletare (sul punto si vedano i chiarimenti della circolare n. 84 del 12 marzo 1998, che prevede tale modalità anche relativamente ai rimborsi richiesti per contribuenti sottoposti a procedure concorsuali).

Per altre casistiche, invece, il rimborso Iva viene gestito con la “procedura semplificata”, direttamente dall’agente della riscossione.

Ora, venendo al tema del rapporto tra rimborso Iva ed esposizione del credito Iva richiesto a rimborso nel bilancio finale di liquidazione, spesso ci si imbatte nelle disposizioni di cui all’articolo 5 D.M. 26.02.1992 a mente del quale, qualora una società sia stata cancellata dal registro delle imprese, l’ufficio può eseguire il rimborso al liquidatore regolarmente legittimato, nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione, sempreché il credito di imposta sia stato evidenziato nel bilancio di liquidazione finale depositato nella cancelleria del tribunale.

La stessa norma dispone, inoltre, che – nel caso in cui al momento della cessazione dell’attività il credito di imposta sia stato ceduto a terzi – il titolo di spesa (quindi, il rimborso Iva) è intestato direttamente al cessionario del credito stesso.

Ebbene, va da subito evidenziato che le disposizioni di cui al citato decreto ministeriale, in vigore dal 17 marzo 1992, erano state emanate in attuazione del D.L. 47/1992, che, tuttavia, non è mai stato convertito in legge e, pertanto, tali regole non sono – di fatto – mai entrate in vigore.

Ciò detto, sul tema in questione si era espressa la Commissione Tributaria Regionale di Torino, con la sentenza n. 68/30/10 del 21.10.2010, in cui era stato chiarito che l’Amministrazione finanziaria è tenuta all’erogazione del rimborso Iva quando l’imposta non è stata esposta nel bilancio finale di liquidazione in quanto ceduta al socio (nel caso in questione il credito era stato ceduto dal liquidatore “a se stesso”, in quanto socio unico della società in liquidazione) secondo modalità ritenute conformi alle previsioni di legge (invio di lettera raccomandata per informare gli Uffici dell’avvenuta cessione e successiva notifica agli Uffici stessi dell’atto di cessione in forma autentica).

In questo stesso senso sono state pronunciate anche le sentenze n. 13345 del 26.07.2012 e n. 9192 del 06.05.2016 della Corte di Cassazione, in cui è stato precisato che l’Erario, in presenza della sussistenza dei requisiti per il rimborso Iva, non può negare il diritto in questione al contribuente, anche in mancanza della notifica al “debitore ceduto” (l’Erario) della cessione del credito relativo al rimborso e, ciò, alla luce di quanto disposto dall’articolo 1264 cod. civ..

La richiamata disposizione civilistica prevede, infatti, che la cessione del credito ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione.

Peraltro, la Cassazione – con l’Ordinanza n. 8167 del 22.03.2019 – ha anche chiarito che un’imprecisione formale nel bilancio finale di liquidazione non può avere l’effetto di escludere il diritto al rimborso Iva (nel caso di specie era stato erroneamente indicato il credito Iva nella voce “crediti verso altri”, in luogo dei “crediti verso l’erario”).

Infine si ricorda che, in presenza di estinzione della società, i crediti non inclusi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, ad eccezione delle mere pretese, quindi dei crediti ancora incerti, per i quali dalla cancellazione si presume la rinuncia agli stessi.

Relativamente ai crediti certi, la legittimazione al rimborso, dopo la cancellazione, spetta agli ex soci pro quota (Corte di Cassazione, sentenza n. 1150 del 18.01.2018 e n. 13615 del 30.05.2018).