27 Febbraio 2020

Obblighi connessi agli acquisti intracomunitari di beni

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

L’ordinanza n. 34512 del 27.12.2019 della Cassazione offre lo spunto per riproporre un’analisi degli adempimenti connessi agli acquisti intracomunitari di beni, distinguendo tra obblighi sostanziali e formali.

Come noto, gli acquisti intracomunitari di beni, con introduzione della merce nel territorio nazionale, ai fini Iva, sono imponibili in Italia.

Ai sensi degli articoli 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 e 46 D.L. 331/1993, l’acquirente soggetto passivo Iva italiano (o il committente del servizio) deve numerare ed integrare le fatture ricevute. Tali fatture, a norma dell’articolo 47, comma 1, D.L. 331/1993, vanno annotate distintamente nel registro delle fatture emesse, entro il mese di ricevimento, ai sensi dell’articolo 23 D.P.R. 633/1972, e nel registro degli acquisti, ai sensi dell’articolo 25 dello stesso decreto (applicazione del meccanismo del reverse charge).

Nel caso di specie una società italiana ha effettuato acquisti intra-Ue, limitandosi a contabilizzare le relative fatture nel solo libro giornale, senza applicare il meccanismo dell’inversione contabile (mancata registrazione ed integrazione delle fatture), con omessa indicazione dell’ammontare imponibile degli acquisti e dell’imposta in dichiarazione Iva (rigo VJ9) e omessa presentazione dei relativi modelli Intrastat.

L’Agenzia delle entrate ha sanzionato tali condotte tramite avviso di accertamento, senza però escludere il diritto alla detrazione dell’Iva sulle operazioni oggetto delle irregolarità contabili. Il contribuente presentava ricorso fino in Cassazione, convinto di aver commesso mere violazioni formali, senza aver recato pregiudizio all’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

Nel rigettare il ricorso del contribuente, gli Ermellini ripercorrono i precedenti orientamenti a livello comunitario, analizzando, in particolare, la sentenza Idexx (Corte di Giustizia Ue 11.12.2014, C- 590/13), che ha affrontato la distinzione tra obblighi sostanziali e rispetto dei requisiti formali del diritto alla detrazione dell’imposta.

Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione è necessario soddisfare tutti gli obblighi sostanziali di assunzione del debito di imposta, per assicurare il rispetto del meccanismo dell’inversione contabile, anche laddove le due annotazioni, dell’Iva dovuta “a monte” e dell’Iva detraibile “a valle”, non siano state effettuate.

In relazione agli acquisti intracomunitari di beni imponibili, i requisiti sostanziali esigono, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera d) della sesta Direttiva, che:

  • tali acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo Iva;
  • quest’ultimo sia debitore dell’imposta con riferimento a detti acquisti;
  • i beni in questione siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili.

Nessun altro obbligo o adempimento, diverso dai requisiti suindicati, può dunque condizionare, nel sistema dell’Iva sugli acquisti intracomunitari, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta dovuta su dette operazioni.

Secondo consolidato indirizzo della giurisprudenza comunitaria, ai sensi degli articoli 18, n. 1, lettera d) e 22 della sesta Direttiva CE 388/1977, come modificata dalla Direttiva n. 17/2000, il principio di neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, ferma restando l’eventuale applicazione di sanzioni per l’inosservanza di tali obblighi.

Per contro, gli obblighi formali del diritto a detrazionedisciplinano le modalità ed il controllo dell’esercizio del diritto medesimo, nonché il corretto funzionamento del sistema dell’Iva.

Il cessionario di un acquisto intracomunitario di beni è tenuto, pertanto, ad assolvere le formalità fissate da ogni Stato membro. L’articolo 22 Direttiva n. 388/1977 dispone, tra l’altro, che ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità “sufficientemente particolareggiata da consentire l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale”.

Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire gli obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare le frodi; tali misure non possono andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento di detti obiettivi e non devono rimettere in discussione il principio fondamentale della neutralità dell’imposta.

La violazione ha carattere meramente formale quando ricorrono due concorrenti requisiti: non arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (articolo 6, comma 5-bis, D.Lgs. 472/1997).

L’omessa annotazione degli acquisti intracomunitari nelle dichiarazioni periodiche presentate con dati inesatti, integra una violazione sostanziale, in quanto è in grado di incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (Cassazione, Sez. 5, ordinanza n. 23352 del 06.10.2017).

Le stesse conclusioni valgono per l’omessa annotazione delle fatture nei registri Iva: tale mancanza non consente di accertare la corrispondenza tra gli importi riportati nei registri e quelli risultanti dalle fatture, così integrando un pregiudizio per l’esercizio delle azioni di controllo suscettibile di incidere sulla determinazione della base imponibile e sul versamento del tributo (Cassazione, Sez. 5, ordinanza n. 21101 del 24.08.2018).

Ad avviso della Corte, anche l’omessa trasmissione degli elenchi Intrastat potrebbe riconnettersi ad una evasione dell’imposta sugli acquisti intra Ue e, pertanto, non può considerarsi violazione meramente formale.

Da ultimo si ricorda che anche l’Intrastat delle vendite ha assunto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, valenza sostanziale: la non imponibilità Iva delle cessioni intracomunitarie non si applica qualora il cedente non abbia rispettato l’obbligo (di cui agli articoli 262 e 263 della Direttiva 2006/112/Ce) di presentare un elenco riepilogativo o l’elenco riepilogativo da lui presentato non riporti le informazioni corrette riguardanti la cessione intracomunitaria (articolo 138, paragrafo 1 bis Direttiva 2006/112/CE, come introdotto dalla Direttiva (UE) 2018/1910 del 4 dicembre 2018, che dovrà essere recepita dagli Stati Membri).