Novità Iva del decreto correttivo
di Marco PeiroloIl D.Lgs. 81/2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 12 giugno 2025, nel dettare disposizioni integrative e correttive in materia di adempimenti tributari, concordato preventivo biennale, giustizia tributaria e sanzioni tributarie, ha introdotto alcune novità in materia di Iva.
In primo luogo, l’Iva dovuta dai contribuenti in regime forfetario sugli acquisti di beni e servizi in reverse charge e sugli acquisti intracomunitari di beni non dovrà più essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, ma entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare.
Secondo l’attuale disciplina, i contribuenti che applicano il regime forfetario, per le operazioni soggette a reverse charge, per le quali quindi sono debitori della relativa Iva, emettono l’autofattura o integrano la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta e provvedono al versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, senza però esercitare la detrazione.
Per gli acquisti intracomunitari di beni, invece, i contribuenti in regime forfetario applicano l’articolo 38, comma 5, lettera c), D.L. 331/1993, in base al quale, se gli acquisti di beni provenienti da altri Paesi membri sono di ammontare inferiore ai 10.000 euro su base annuale, l’Iva è assolta dal cedente nel Paese di origine dei beni e, di conseguenza, il cessionario italiano che applica il regime forfetario non ha l’obbligo di iscriversi all’archivio VIES, né di compilare gli elenchi riepilogativi degli acquisti intracomunitari neppure ai fini statistici, salva la possibilità di optare per l’applicazione dell’imposta in Italia anche prima del raggiungimento della soglia.
Nel caso, invece, in cui gli acquisti intracomunitari superino il limite di 10.000 euro all’anno, l’Iva è dovuta in Italia, sicché il cessionario in regime forfetario deve, non solo essere iscritto alla banca dati VIES, ma anche integrare la fattura ricevuta indicando l’aliquota e l’imposta, che deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, senza diritto alla detrazione. Ove obbligatorio, il cessionario è altresì tenuto a compilare l’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari ai soli fini statistici.
Come anticipato, il D.Lgs. 81/2025 differisce il termine di versamento dell’Iva entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare sia per gli acquisti di beni e servizi oggetto di reverse charge, sia per gli acquisti intracomunitari di beni.
In secondo luogo, il divieto di fatturazione elettronica tramite Sistema di Interscambio delle prestazioni sanitarie rese nei confronti dei consumatori finali diventerà permanente.
Attualmente, a seguito della proroga operata, da ultimo, dall’articolo 3, comma 6, D.L. 202/2024 (Decreto “Milleproroghe”), l’articolo 10-bis, comma 1, D.L. 119/2018, prevede che, per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021, 2022, 2023, 2024 e 2025, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera Sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, non possono emettere fatture elettroniche per mezzo del Sistema di Interscambio.
La Relazione illustrativa al D.Lgs. 81/2025 ha giustificato la decisione di rendere permanente il divieto di fatturazione elettronica delle prestazioni sanitarie in considerazione dell’esigenza di evitare il sostenimento di costi da parte sia degli operatori sanitari, sia dell’Amministrazione finanziaria in relazione agli investimenti infrastrutturali necessari per individuare un sistema di gestione delle fatture elettroniche, diverso dal Sistema di Interscambio, che garantisca un’adeguata tutela dei dati personali contenuti nelle fatture.
Il divieto di fatturazione elettronica si applicherà, pertanto, a regime, per cui le prestazioni sanitarie rese a favore dei consumatori finali continueranno ad essere fatturate in formato cartaceo o elettronico, ma extra-Sistema di Interscambio (circolare n. 14/E/2019 e risposta n. 78/E/2019).
In terzo e ultimo luogo, è stato modificato il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni relative all’Iva all’importazione, con innalzamento della soglia di rilevanza penale da 10.000 a 100.000 euro.
In base all’attuale articolo 96, D.Lgs. 141/2024, se non ricorrono le circostanze aggravanti specificamente previste, è punito con la sanzione amministrativa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti, e comunque in misura non inferiore a 2.000 euro, chiunque commette le violazioni di contrabbando (di cui agli articoli da 78 a 83, D.Lgs. 141/2024), salvo che l’ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti, distintamente considerati, ovvero dei diritti di confine indebitamente richiesti in restituzione, sia superiore a 10.000 euro.
A seguito della novità introdotta dal D.Lgs. 81/2025, la soglia di rilevanza penale è aumentata a 100.000 euro per l’Iva all’importazione, restando invece pari a 10.000 euro per i dazi doganali.
In sostanza, se non ricorrono le circostanze aggravanti, le violazioni di contrabbando sono punite con la sanzione dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti e, comunque, in misura non inferiore a 2.000 euro, salvo che:
- l’ammontare dei diritti di confine a titolo di dazio doganale dovuti o indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione sia superiore a 10.000 euro;
- l’ammontare complessivo dei diritti di confine diversi dal dazio dovuti o indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione sia superiore a 100.000 euro.
Un’ulteriore modifica è relativa alle soglie per la definizione delle circostanze aggravanti, di cui all’articolo 88, comma 2, D.Lgs. 141/2024.
In particolare, per il contrabbando punibile, oltre che con la multa, anche con la reclusione fino a 3 anni, è prevista una sanzione da 50.001 a 100.000 euro per i dazi doganali e da 200.001 a 500.000 per gli altri diritti di confine. Invece, per le violazioni di contrabbando punibili, oltre che in via pecuniaria anche con la reclusione da 3 a 5 anni, è prevista una sanzione da 100.001 euro per i dazi e da 500.001 euro per i diritti di confine diversi dai dazi.
Infine, sono state ampliate le violazioni sanzionabili mediante la confisca delle merci oggetto dell’illecito, prevista dall’articolo 96, comma 7, D.Lgs. 141/2024, fermo restando che la confisca non è disposta in tutti i casi in cui la revisione della dichiarazione è avviata su istanza di parte, a condizione che l’istanza sia presentata prima che il dichiarante abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.