8 Aprile 2019

Limite temporale per le variazioni in diminuzione dell’Iva

di Marco Peirolo
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La modifica dell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972 ad opera dell’articolo 2 D.L. 50/2017 ha portato alcuni autori a sostenere che la riduzione del termine di decadenza per l’esercizio della detrazione avrebbe effetti anche in ordine alla procedura di variazione dell’articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1972, quando invece la rettifica dell’Iva è, nelle ipotesi contemplate da tale norma, del tutto indipendente dal termine di detrazione dell’articolo 19.

L’articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1972 stabilisce che “la disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7”.

La norma, che come evidenziato dalla risoluzione AdE 42/E/2009 pone un limite alla rettifica allo scopo “di evitare pericolose forme di elusione degli obblighi del contribuente”, fa riferimento a due distinte fattispecie, vale a dire quelle riguardanti:

  • gli eventi indicati nell’articolo 26, comma 2, qualora gli stessi si verifichino in dipendenza del sopravvenuto accordo fra le parti; e
  • la rettifica di inesattezze della fatturazione, in caso di operazioni inesistenti o di corrispettivi delle operazioni o delle imposte relative indicate in misura superiore a quella reale.

L’Amministrazione finanziaria ha, da sempre, interpretato il termine dell’anno, di cui al citato articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1972, come termine ultimo per l’esercizio della variazione dell’imponibile e/o dell’imposta nei registri Iva e, quindi, per l’esercizio del diritto di detrazione.

Ad esempio, con la risoluzione AdE 147/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, “tenuto conto che nel caso prospettato la variazione in diminuzione delle operazioni è subordinata all’adesione da parte del cliente alla campagna promozionale, ossia a seguito di un sopravvenuto accordo fra le parti, si fa presente che la variazione in diminuzione è consentita ai sensi dell’articolo 26, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, entro l’anno di effettuazione della relativa operazione originaria”.

C’è, invece, chi sostiene che il termine annuale previsto dall’articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1972 sarebbe da intendere riferito alla data in cui si manifesta l’evento che giustifica la rettifica e che la facoltà di effettuare la variazione diminutiva può essere esercitata nel rispetto del termine decadenziale di cui all’articolo 19, comma 1, ult. periodo, D.P.R. 633/1972, ossia “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”, da intendere come l’anno in cui si è verificato il presupposto della variazione.

In base ad una interpretazione estensiva dell’articolo 26, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, si assumerebbe, pertanto, che tale disposizione limiti, sul piano temporale, la possibilità di applicare le previsioni del comma 2 dello stesso articolo 26 e non, direttamente, l’esercizio della detrazione, il cui diritto sorgerebbe – secondo questo approccio – in corrispondenza dell’evento cui è ricollegata la facoltà di effettuare la variazione nei registri Iva.

Ipotizzando il caso in cui, per sopravvenuto accordo, sia concesso un abbuono al cliente per una fattura emessa nel mese di febbraio 2017, l’orientamento riportato implica che, se l’abbuono è riconosciuto entro il mese di febbraio 2018, quindi entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile originaria, la nota di variazione può essere emessa entro il mese di aprile 2019 e con riferimento all’anno 2018.

Si tratta di un’impostazione non condivisibile, in quanto non solo supera il contenuto letterale dell’articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1972, ma non risulta neppure avallata dalle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate richiamate a sostegno dell’impostazione stessa, cioè la circolare 1/E/2018 (§ 1.5).

Tale documento di prassi, infatti, riferisce esplicitamente il termine decadenziale dell’articolo 19 D.P.R. 633/1972 alla “procedura di variazione da attivare ai sensi del comma 2 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 633 del 1972”, sicché – da questo punto di vista – non si riscontra alcuna rivisitazione, implicita o esplicita, delle precisazioni precedentemente fornite dall’Agenzia in merito all’ambito temporale della facoltà di variazione per le ipotesi di sopravvenuto accordo e di errori di fatturazione.

In assenza, pertanto, di un chiarimento ufficiale che equipari, sotto il profilo in esame, le variazioni del comma 3 a quelle del comma 2 dell’articolo 26, pare (ancora) corretto ritenere che, per le variazioni del comma 3, la rettifica in diminuzione dell’imponibile e/o dell’imposta debba essere operata entro il termine di un anno dall’effettuazione della relativa operazione originaria, così come espressamente indicato dalla norma.

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