24 Dicembre 2016

Lettere d’intento e “processo alle intenzioni”

di Comitato di redazione
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Si va verso la chiusura d’anno ed il clima natalizio invade anche la rubrica dei casi controversi.

In questo intervento proviamo a valutare se si possa intravedere qualche comportamento controverso in seno all’Agenzia delle Entrate.

È noto che, dal prossimo anno, dovranno cambiare le abitudini in tema di gestione delle lettere di intento; il tema è pertinente con la fine d’anno, posto che – proprio in questo periodo – le aziende più attrezzate provvedono all’invio delle dichiarazioni che consentiranno le forniture senza applicazione dell’IVA a decorrere dal 2017.

L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto opportuno modificare il contenuto delle dichiarazioni di intento, eliminando la facoltà di richiedere le forniture in sospensione di imposta per l’intero anno; si tratta della facoltà di richiedere la mancata applicazione dell’IVA per il periodo (ad esempio) dal 01.01 al 31.12.

Con la risoluzione 120/E del 22 dicembre, le Entrate hanno specificato che:

  • le lettere di intento già inviate alla data del 28 febbraio 2017, su vecchio modulo, mantengono generalmente la loro efficacia;
  • tuttavia, dovranno essere reinviate quelle lettere di intento che utilizzavano l’opzione del “periodo”, in quanto la fattispecie non risulta più possibile dal 1° marzo.

La prima curiosità che ci sovviene riguarda il motivo di tale modifica; se la ragione fosse condivisibile – verrebbe da dire – gli operatori la comprenderanno e non faticheranno ad applicarla.

Sembra che l’esigenza sia quella di controllare i soggetti che abusano dell’istituto, magari richiedendo forniture per importi palesemente eccedenti il plafond disponibile. Che il fenomeno debba essere contrastato è affermazione che ci vede tutti concordi. Bisogna però verificare se l’obiettivo potrà essere raggiunto.

Si ipotizzi il contribuente ALFA che ha a disposizione un plafond di 1 milione di euro.

Questo soggetto invia dieci lettere di intento, relative ad altrettanti fornitori, indicando in ciascuna 1 milione di euro.

Ciascun fornitore fattura senza IVA la propria quota, così che al termine del 2017 siano state effettuate forniture per complessivi 800.000 euro (primo caso), ovvero per 2 milioni di euro (secondo caso).

Probabilmente, l’Agenzia (che avrà immagazzinato i dati del periodo 2016 entro il 28 febbraio 2017) sarà in grado di intercettare una possibile posizione di rischio, poiché riscontra che a fronte di un plafond disponibile di 1 milione, sono state inviate lettere di intento per 10 milioni.

Si potranno allora programmare dei controlli, cercando di bloccare il fenomeno sul nascere.

Detto ciò, ipotizzando che il contribuente finisca nella lista dei “cattivi”, ci chiediamo quanto segue:

  • i controlli verranno attivati direttamente in corso d’anno? Se così fosse, a prescindere da quanto indicato nella lettera di intento, si dovrà verificare quante forniture siano state materialmente effettuate al momento della verifica. Nel primo caso sopra evidenziato non ci sarebbero mai problemi, mentre nel secondo caso potrebbe accadere che – al momento del controllo – il plafond utilizzato sia ancora capiente rispetto al disponibile;
  • quali sanzioni possono essere irrogate nel caso di dichiarazione di intento eccedente rispetto al plafond disponibile, senza materiale utilizzo del plafond? Al riguardo, ci verrebbe da dire che violazioni non ve ne sono, per il semplice fatto che ciò che rileva è lo splafonamento.

In buona sostanza, sembrerebbe che l’utilità pratica della “restrizione” sia pressoché nulla, quantomeno per ipotizzare una prevenzione del fenomeno in corso d’anno. Mancherebbe qualsiasi utilità al riguardo, per la semplice circostanza che sarà comunque necessario attendere la cristallizzazione dei dati al termine del periodo.

Sembra allora di poter riscontrare che il provvedimento rientri a pieno titolo fra quelli che impongono un sacrificio all’intero sistema per punire taluni soggetti che pongono in essere comportamenti patologici.

A noi pare che questo sia un vero e proprio abuso del diritto da parte dell’Amministrazione.

Se la volontà è quella di punire le dichiarazioni di intento ideologicamente false, sarebbe stato certamente più utile inserire un automatismo nel sistema delle Entrate che fosse in grado di verificare l’esistenza di un plafond in capo al richiedente, rinviando i controlli sul materiale utilizzo quantitativo al termine del periodo. Forse sarebbe stato più che sufficiente.

L’esperienza non è nuova, e l’abbiamo già sperimentata nel comparto delle compensazioni, allorquando un modello F24 telematico non raggiunge l’obiettivo della compensazione sopra soglia se non sia stata acquisita al sistema la dichiarazione IVA eventualmente munita del visto di conformità. Anche in tale caso, si noti, la materiale verifica degli importi effettivamente compensati viene rinviata al momento della liquidazione del modello.

Ci pare di avere allora tra le mani l’ennesima inutile complicazione; si pensi alle lettere di intento inviate ai fornitori abituali che, per qualsiasi motivo, vengono cambiati in corso d’anno, a quelle destinate ai soggetti che forniscono servizi tecnologici, ecc..

Cerchiamo allora di coniare una nuova traduzione del termine compliance: qualsiasi cosa di diverso da un adempimento inutile.

Auguri di Buone Feste da tutto il Comitato di Redazione, sperando che non sia controverso il fatto che tutti noi meritiamo un po’ di serenità e riposo.

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