26 Marzo 2019

La transazione fiscale nel nuovo codice della crisi di impresa

di Massimo ConigliaroNicla Corvacchiola
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Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) ripropone l’istituto della transazione fiscale e previdenziale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, stabilendo all’articolo 48, comma 5, che il tribunale possa omologare gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il legislatore, allo scopo di superare le difficoltà emerse nella versione previgente della transazione fiscale e riproponendo il contenuto dei commi 5 e 6 dell’articolo 182-ter della “vecchia” legge fallimentare, ha introdotto modifiche sostanziali e procedurali al fine di favorire la fruibilità degli accordi, anche in presenza di debiti erariali e previdenziali da ristrutturare.

Il nuovo codice contiene due nuovi articoli (articoli 63 e 88 D.Lgs. 14/2019), in sostituzione dell’articolo 182-ter L.F., aventi ad oggetto l’attuazione dell’istituto della transazione fiscale, rispettivamente nell’ambito di un accordo di ristrutturazione e del concordato preventivo.

Nell’applicazione del vecchio istituto si è spesso assistito alla mancata omologazione di accordi anche in presenza di proposte convenienti per l’Erario, in quanto l’Agenzia delle entrate riteneva cha la convenienza della transazione proposta rispetto alle possibili soluzioni alternative non era di per sé sufficiente per consentire l’approvazione.

Tale criticità è stata superata, e il Legislatore ha previsto che il tribunale possa omologare gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione, o meglio di rigetto, della proposta da parte dell’Agenzia delle entrate quando:

  1. tale adesione è decisiva al fine del raggiungimento della percentuale del 60% dei crediti stabilita per l’omologazione degli accordi;
  2. il soddisfacimento dei crediti fiscali offerti dal debitore, anche sulla base di un’attestazione resa da un professionista indipendente, sia più conveniente rispetto a quello derivante dall’alternativa liquidatoria.

L’Agenzia delle Entrate, nel termine massimo di 60 giorni, deve esprimere la propria adesione alla proposta di transazione; trascorso tale termine l’accordo è comunque omologabile se ricorrono le due condizioni di cui sopra.

La convenienza della transazione deve sussistere rispetto alla liquidazione giudiziale e non più rispetto ad altre alternative; in tal modo si attribuisce al tribunale il potere di omologare l’accordo, anche nell’interesse dell’erario, quando l’Agenzia non si avveda di tale convenienza, come più volte accaduto.

Altra peculiarità riguarda i crediti fiscali privilegiati, laddove l’articolo 86 del nuovo codice, nell’ambito del concordato preventivo in continuità, stabilisce che il piano concordatario può prevedere una moratoria fino a due anni, anziché di un anno, dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

A fronte di tale discriminazione, i creditori privilegiati hanno diritto al voto per la differenza tra il loro credito maggiorato degli interessi di legge e il valore attuale dei pagamenti previsti dal piano calcolato alla data di presentazione della domanda di concordato, determinato sulla base di un tasso di sconto pari alla metà di quello previsto dall’articolo 5 D.Lgs. 231/2002 in vigore nel semestre in cui viene presentata la domanda di concordato preventivo.

In estrema sintesi, è possibile affermare che il creditore privilegiato vota per la parte del credito che, a causa della dilazione del credito, subisce una perdita.

Il meccanismo di calcolo appare di facile applicazione e può essere così riassunto:

  • predisposizione del piano dei pagamenti previsti dal piano concordatario al lordo degli interessi legali riconosciuti;
  • attualizzazione dei flussi su base annuale o mensile in base al grado di analiticità del piano stesso
  • determinazione dell’importo attualizzato e calcolo della differenza tra il punto 1 e il punto 3.

La differenza così determinata rappresenta la perdita virtuale che il creditore privilegiato subisce a causa della dilazione del pagamento e pertanto rappresenta l’ammontare del credito per il quale il creditore eserciterà il suo diritto di voto.

Dalla formulazione sopra esposta ne discende che il voto dell’Agenzia delle entrate diventa determinante ogni volta che viene previsto il pagamento dilazionato dei crediti fiscali privilegiati oltre il termine di due anni.

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Il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza