9 Agosto 2018

Iva sulle manutenzioni: come calcolare il valore dei beni significativi

di Alessandro Carlesimo
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Il trattamento ai fini iva delle prestazioni di manutenzione su fabbricati abitativi presenta delle peculiarità, sia avuto riguardo all’aliquota applicabile, sia avuto riguardo alla base imponibile cui commisurare il prelievo fiscale.

La disciplina è racchiusa nell’articolo 7, comma 1, lett. b), L. 488/1999, il quale prevede un particolare meccanismo di determinazione dell’imposta diretto a limitare l’applicabilità dell’aliquota agevolata del 10% allorquando l’intervento di riparazione, sostituzione o rinnovamento comprenda anche la fornitura dei beni “significativi” individuati al D.M. 29.12.1999 (ascensori e montacarichi, infissi esterni ed interni, caldaie, videocitofoni, apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria, sanitari e rubinetterie da bagno, impianti di sicurezza).

Giova precisare che il regime in parola, pur facendo riferimento alla generalità degli interventi di recupero del patrimonio edilizio (stante il richiamo della norma alle opere di cui all’articolo 31, comma 1, lett. a),b),c),d), L. 457/1978) trova applicazione alle sole manutenzioni ordinarie e straordinarie, non anche ai cosiddetti “interventi pesanti” di restauro, risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, rispetto ai quali l’ordinamento riserva condizioni più favorevoli per l’operatività dell’aliquota ridotta.

Le manutenzioni edilizie sono infatti imponibili con aliquota del 10% solo se:

  • l’immobile interessato dai lavori è a prevalente destinazione abitativa privata (in caso di interventi su parti comuni di edifici, la prevalenza sussiste se la superfice sopra terra del fabbricato è rappresentata, per almeno il 50 per cento, da unità abitative);
  • il committente è qualificabile come consumatore, in quanto non sono agevolabili i lavori delle fasi intermedie di realizzazione dell’intervento diverse dall’operazione effettuata nei confronti dell’utilizzatore finale dell’opera (cfr. risoluzione AdE 243/E/2007);
  • le forniture dei beni rilevanti provengono dal medesimo soggetto che svolge i lavori di manutenzione.

La portata agevolativa della disposizione, come accennato, incontra alcune restrizioni con riferimento ai beni significativi eventualmente installati. Tali beni sono soggetti ad aliquota ridotta del 10% fino a concorrenza del valore della prestazione di servizio connessa alla posa in opera dei medesimi e, per la parte eccedente, ad aliquota ordinaria del 22%.

La regola enunciata implica che, qualora il valore del bene sia inferiore o uguale al 50% del costo complessivo dell’intervento di recupero, il corrispettivo fatturato è integralmente assoggettabile ad aliquota del 10%. Alternativamente, laddove il bene presenti un valore superiore al 50% del corrispettivo complessivamente dovuto, l’aliquota iva agevolata trova applicazione sulla quota parte di prestazione concernente il servizio reso, aumentato della differenza tra il corrispettivo complessivo ed il valore del bene significativo.

Quanto alle modalità di determinazione del valore dei beni significativi inclusi nei lavori, l’articolo 1, comma 19, L. 205/2017, sviluppa un’interpretazione autentica in sintonia con la posizione assunta in precedenza dall’Amministrazione finanziaria (circolare AdE 71/E/2000; risoluzione AdE 25/E/2015), stabilendo che il valore rilevante del bene deve essere determinato secondo i principi generali che disciplinano l’imposta sul valore aggiunto, previsti all’articolo 13 D.P.R. 633/1972, ovvero in base al corrispettivo contrattuale concordato tra le parti che deve, comunque,  “… tenere  conto  solo  di  tutti  gli  oneri  che concorrono alla produzione dei  beni  stessi  e,  dunque,  sia  delle materie prime che della manodopera impiegata per la produzione  degli stessi e che, comunque,  non può essere  inferiore  al  prezzo  di acquisto dei beni stessi”.

Pertanto, sia pur nel rispetto dell’autonomia privata e, conseguentemente, della libertà di negoziazione del prezzo tra prestatore e committente, il valore del bene non può discostarsi da quello di produzione o, alternativamente, da quello di acquisto sul mercato. Dunque, nel caso in cui il bene significativo sia fabbricato dallo stesso prestatore del servizio, a rilevare è il costo di produzione comprensivo di tutti gli oneri direttamente ed indirettamente imputabili al prodotto. Nell’ipotesi opposta in cui il prestatore non sia anche il produttore del bene, occorre considerare invece il prezzo di acquisto presso terzi.

Per quanto concerne il trattamento del mark-up, nella circolare 15/E/2018, l’Agenzia chiarisce che il ricarico ipoteticamente aggiunto dal prestatore sulla rivendita del bene significativo non confluisce nel computo del valore del manufatto.

La richiamata Legge di Bilancio 2018 ha inoltre previsto che non rilevano ai fini del calcolo del valore del bene le parti staccate dotate di autonomia funzionale rispetto al manufatto principale. Di converso, le componenti separate che contribuiscono alla funzionalità del bene principale, devono essere considerate parte integrante del bene significativo e concorrere alla formazione del rispettivo valore ai fini della verifica della quota di imponibile trattabile con aliquota agevolata.

È bene precisare che le parti in commento non sono in alcun modo equiparabili con la fornitura di materie prime ed altri beni necessari per l’esecuzione dell’opera, i quali confluiscono nel valore della manodopera, come chiarito nella risoluzione AdE 25/E/2015.

Il Legislatore ha in ultima istanza dettato regole specifiche per l’esposizione in fattura delle operazioni effettuate, richiedendo la separata evidenza del valore attribuibile al bene, calcolato secondo i criteri sopra ripercorsi, nonché della prestazione di servizio.

Come recentemente ribadito da Assonime nella circolare n. 18/2018, si ritiene che siffatto onere documentale gravi sul contribuente a prescindere dal peso del bene in rapporto al valore complessivo della prestazione.

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