13 Marzo 2018

Iva detraibile anche in assenza di operazioni attive

di Marco Peirolo
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Con la sentenza resa nella causa C-672/16 del 28 febbraio 2018 (Imofloresmira – Investimentos Imobiliários), la Corte di giustizia ha affermato che “gli articoli 167, 168, 184, 185 e 187 della direttiva Iva devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede la rettifica dell’Iva inizialmente detratta per il motivo che un immobile, per il quale è stato esercitato il diritto di opzione per l’imposizione, è ritenuto come non più utilizzato dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta, qualora l’immobile sia rimasto inoccupato per più di due anni, anche se è stato dimostrato che il soggetto passivo ha cercato di darlo in locazione durante tale periodo” (punto 53).

Il caso di specie si riferisce ad una società portoghese avente per oggetto l’acquisto, la vendita, la locazione e la gestione di immobili ad uso abitativo, commerciale e misto, di sua proprietà o di proprietà di terzi.

L’Autorità fiscale ha contestato alla società la mancata effettuazione della rettifica della detrazione dell’Iva relativa ad un immobile che, per oltre due anni, non è stato utilizzato per compiere operazioni imponibili, non essendo stato né ceduto, né locato.

Il riversamento dell’imposta detratta è stato preteso dall’Autorità fiscale nonostante la società avesse dimostrato l’intenzione di locare il predetto immobile nel periodo in cui è rimasto inoccupato.

Dai fatti di causa emerge, infatti, che la società ha “conferito mandati ad agenzie immobiliari e, su consiglio di queste ultime, ha intrapreso diverse attività di marketing e di supporto alla commercializzazione tra le quali, in particolare, la creazione di un opuscolo, di un elenco di diffusione, nonché di un sito Internet, la creazione e la diffusione di comunicati stampa presso un vasto pubblico e l’affissione di cartelloni pubblicitari sugli edifici interessati”. La società, inoltre, “ha altresì adeguato la sua offerta mediante, da un lato, la messa a disposizione di spazi in affitto a prezzi più competitivi e, dall’altro, la possibilità di negoziare periodi di sospensione dei pagamenti durante l’installazione degli affittuari” (punto 24).

Nell’analizzare la fattispecie, la Corte ha ricordato che “l’impiego dei beni o servizi, reale o previsto, determina solo l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto in virtù dell’articolo 168 della direttiva Iva e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione” (punto 39). Di conseguenza, “il diritto alla detrazione resta, in linea di principio, acquisito anche se, successivamente, in ragione di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non utilizza tali beni e servizi che hanno dato luogo alla detrazione nell’ambito di operazioni soggette ad imposta” (punto 40).

Il principio non è nuovo, essendo già stato sostenuto in altre pronunce.

In particolare, nella sentenza Ghent Coal, di cui alla causa C-37/95 del 15 gennaio 1998, i giudici dell’Unione hanno osservato (punti 19-22) che “nella sentenza 29 marzo 1996, causa C-110/94, INZO (…), riguardante la situazione di un’impresa che non aveva mai effettuato alcuna operazione imponibile, la Corte ha affermato, al punto 20, che il diritto a detrazione rimane acquisito anche se l’attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni imponibili. Allo stesso modo, il diritto a detrazione resta acquisito qualora il soggetto passivo non abbia potuto utilizzare i beni o i servizi che hanno dato luogo a detrazione nell’ambito di operazioni imponibili a causa di circostanze estranee alla sua volontà. Risulta pure dalla sentenza INZO (punto 24) che, nelle situazioni fraudolente o abusive in cui l’interessato ha finto di voler avviare un’attività economica specifica, ma ha cercato in realtà di far entrare nel suo patrimonio privato beni che potevano costituire oggetto di una detrazione, l’amministrazione tributaria può chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme detratte poiché queste detrazioni sono state concesse sulla base di false dichiarazioni. Per contro, allorché circostanze estranee alla volontà del soggetto passivo gli hanno impedito di utilizzare i beni o i servizi che hanno dato luogo a detrazione per le esigenze delle sue operazioni imponibili, non sussiste alcun rischio di frodi o di abusi che possa giustificare un successivo rimborso”.

Se, quindi, il diritto di detrazione resta impregiudicato quando l’operatore, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, non abbia potuto utilizzare i beni e servizi acquistati nell’ambito di operazioni imponibili, risulta automaticamente disattesa la pretesa erariale, fondata, nel caso di specie, sull’interruzione della destinazione dell’immobile (alla realizzazione di operazioni imponibili) nel caso in cui il medesimo sia rimasto inoccupato per un determinato periodo temporale, a nulla peraltro rilevando, sempre secondo la tesi dell’Autorità fiscale, che il soggetto passivo abbia dimostrato l’intenzione di continuare a svolgere un’attività soggetta ad imposta.

Richiamando le indicazioni contenute nella sentenza INZO, la Corte ha ribadito che “una diversa interpretazione della direttiva Iva sarebbe incompatibile col principio della neutralità dell’Iva per quanto riguarda l’imposizione fiscale dell’impresa. Essa potrebbe creare, all’atto del trattamento fiscale delle stesse attività di investimento, disparità ingiustificate tra imprese che effettuano già operazioni imponibili e altre che cercano, mediante investimenti, di avviare attività da cui deriveranno operazioni soggette ad imposta. Parimenti, si creerebbero disparità arbitrarie tra queste ultime imprese in quanto l’accettazione definitiva delle detrazioni dipenderebbe dalla questione se tali investimenti diano luogo o no ad operazioni soggette ad imposta” (punto 43).

In definitiva, “il principio di neutralità fiscale osta a una normativa nazionale che, facendo dipendere l’accettazione definitiva delle detrazioni dell’Iva dai risultati dell’attività economica esercitata dal soggetto passivo, crea, riguardo al trattamento fiscale di attività di investimento immobiliare identiche, disparità ingiustificate tra imprese con lo stesso profilo e che esercitano la stessa attività” (punto 44).

Nella prospettiva nazionale, l’Amministrazione finanziaria, a seguito del riordino disposto dal D.Lgs. 313/1997, ha fornito indicazioni “in merito al requisito dell’utilizzazione dei beni e dei servizi in operazioni soggette ad imposta che deve sussistere ai fini della spettanza del diritto alla detrazione”. È stato infatti precisato “che, poiché il diritto alla detrazione sorge e continua ad essere esercitato come per il passato, fin dal momento dell’acquisizione dei beni e dei servizi, anche ammortizzabili (detrazione immediata), il contribuente non deve attendere l’effettiva utilizzazione dei beni e dei servizi nella propria attività per stabilire se gli competa e possa o meno esercitare tale diritto, essendo a tal fine sufficiente che i beni ed i servizi siano «afferenti», cioè destinati ad essere utilizzati in operazioni che danno o non danno diritto a detrazione.

Naturalmente, deve trattarsi di una destinazione avvalorata oggettivamente dalla natura dei beni e dei servizi acquisiti rispetto all’attività concretamente esercitata dal contribuente.

Ciò in quanto se da tale valutazione prospettica scaturisce che i beni ed i servizi medesimi sono normalmente destinati ad essere impiegati in operazioni non soggette all’imposta, il contribuente deve astenersi dall’operare la detrazione dell’imposta inerente ai predetti acquisti” (C.M. 328/E/1997, § 3.1).

Resta inteso, puntualizza l’Amministrazione, che “l’adozione del criterio della detrazione sin dal momento dell’acquisto dei beni e dei servizi, senza cioè attendere la loro utilizzazione, porta con sé (…) che se i beni ed i servizi medesimi verranno poi impiegati per realizzare operazioni che conferiscono il diritto a detrarre un importo maggiore o minore d’imposta rispetto a quello detratto inizialmente, il contribuente procederà alle necessarie rettifiche a proprio favore o in favore dell’erario” (C.M. 328/E/1997, § 3.1).

È il caso, però, di osservare che l’acquisizione, in via definitiva, del diritto di detrazione anche in assenza di operazioni imponibili non imputabile alla volontà del soggetto passivo potrebbe essere negata dagli Uffici in base ad un ragionamento che trova le proprie basi nella C.M. 17 dicembre 1991, n. 57/501499.

L’inciso “è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate”, contenuto nell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972 indicherebbe, secondo la prassi amministrativa, che la detrazione è subordinata all’effettuazione di operazioni imponibili, in quanto la nozione di “impresa” implica che siano poste in essere cessioni di beni o prestazioni di servizi.

Più nello specifico, “quando si è trattato di disciplinare, non già l’Iva dovuta sulle operazioni attive, ma la detrazione dell’Iva relativa alle operazioni passive, cioè agli acquisti a monte, la legge (articoli 17, primo comma, e 19 DPR n. 633/1972) ha espressamente posto la condizione che i beni ed i servizi importati od acquistati fossero sempre inerenti all’(effettivo) esercizio dell’impresa, sicché, ove una società non svolga in concreto attività imprenditoriale, essa non può procedere a detrazioni dell’Iva assolta, dovuta o addebitabile sulle operazioni passive” (C.M. 17 dicembre 1991, n. 57/501499, cit.).

Si tratta, a ben vedere, di una tesi che, pur essendo valida in via di principio, deve intendersi disattesa nei casi in cui l’assenza di operazioni attive sia dovuta a cause non imputabili alla volontà del soggetto passivo, come la Corte di giustizia – nella sentenza in rassegna – ha ribadito sulla scia delle pronunce già rese in materia.

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