28 Gennaio 2019

Iscrizione al VIES solo condizione formale per la non imponibilità

di EVOLUTION
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La tesi sposata storicamente dall’Agenzia delle entrate che dequalifica, alla stregua di operazioni interne, le operazioni intracomunitarie effettuate dai no VIES, non è mai stata pienamente convincente, poiché oltre a non trovare riscontro in una puntuale disposizione normativa, contrasta palesemente con alcune disposizioni tanto nazionali quanto comunitarie, nonché, come vedremo, con l’impostazione sostanzialista della Giurisprudenza comunitaria.

Peraltro, le novità introdotte dal decreto semplificazioni (articolo 22, D.Lgs. 175/2014) si sono limitate a rendere immediata l’iscrizione nel VIES (oltre a prevedere l’uscita in caso di inattività “Intrastat” per quattro trimestri consecutivi) senza risolvere, tuttavia, le criticità per chi dovesse operare in buona fede dimenticando l’iscrizione (rectius “autorizzazione”).

A tal riguardo, ancorché la vicenda riguardi un’operazione interna, pare utile segnalare l’approccio sostanzialista che emerge dagli insegnamenti della sentenza della Corte di Giustizia del 6/9/2012 in causa C-324/11 (§ 30 e 31) secondo cui la nozione di soggetto passivo (operatore economico) contenuta nell’articolo 9 della Direttiva 2006/112/CE è molto ampia e tale status non dipende da qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio dell’attività. L’obbligo di cui all’articolo 213 di dichiarare l’inizio, il cambiamento, e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo non può, inoltre, costituire una condizione supplementare richiesta ai fini dello status di soggetto passivo Iva.

L’indirizzo sostanzialista della Corte di Giustizia è stato confermato dalla sentenza C-21/16 secondo cui “L’articolo 131 e l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro neghi l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria per il solo motivo che, al momento di tale cessione, l’acquirente, domiciliato sul territorio dello Stato membro di destinazione e titolare di un numero di identificazione di imposta sul valore aggiunto valido per le operazioni in tale Stato, non è iscritto al sistema di scambio di informazioni in materia di imposta sul valore aggiunto e non è assoggettato ad un regime di tassazione degli acquisti intracomunitari, allorché non esiste alcun serio indizio che lasci supporre l’esistenza di una frode ed è dimostrato che sono soddisfatte le condizioni sostanziali dell’esenzione”.

A tale pronuncia ha fatto seguito la sentenza della Corte di giustizia Ue del 9 febbraio 2017, causa C-21/16, la quale ha ribadito che l’iscrizione al VIES del soggetto passivo Iva non è una condizione sostanziale per l’applicazione della non imponibilità Iva, sempreché ne siano soddisfatte le condizioni essenziali (cedente/cessionario soggetti passivi Iva, fuoriuscita del bene, bene nella disponibilità del cessionario).

Infine, vale la pena di tener presente che anche l’Agenzia delle entrate, seppur in via ufficiosa, ossia in occasione di un videoforum con la stampa specializzata avvenuto in data 23 gennaio 2019, sembra essersi adeguata all’indirizzo della giurisprudenza comunitaria confermando che la mancata iscrizione al VIES è solo una violazione formale.

La stessa Agenzia ha però ricordato che la direttiva Iva 2018/1910/Ue stabilisce che la mancata iscrizione al VIES sarà una condizione sostanziale e non più formale dal 1° gennaio 2020.

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