8 Gennaio 2021

Il trattamento fiscale della differenza da recesso dai soggetti Irpef

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Ai sensi dell’articolo 20-bis Tuir la determinazione del reddito dei soci o degli eredi dei soci di società di persone in caso di:

  • recesso;
  • esclusione;
  • riduzione del capitale sociale;
  • liquidazione

avviene sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 47, comma 7, Tuir che disciplina gli aspetti fiscali delle medesime fattispecie ma riferite alle società di capitali.

Il reddito da recesso in capo al socio uscente si determina come differenza tra:

  • il valore delle somme o dei beni attribuiti;
  • valore fiscale della partecipazione.

La differenza “positiva” risultante da tale confronto, derivando dalla partecipazione in una società di persone, assume natura di reddito di partecipazione e, quindi, imponibile secondo il principio di competenza:

  • in via ordinaria (in questo caso, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 47/E/2008 7.5, il reddito da partecipazione, determinato come differenziale tra il valore delle somme o dei beni attribuiti e il valore fiscale della partecipazione, deve essere indicato nel quadro RH del modello RedditiPF);
  • ovvero, a tassazione separata ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera l), Tuir (il reddito da partecipazione derivante dall’operazione di recesso può essere assoggettato a tassazione separata, da indicare nel quadro RM del modello RedditiPF, se il periodo di tempo intercorrente tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso è superiore a 5 anni. Si noti come ai fini della tassazione separata è richiesto solo che la società sia costituita da più di 5 anni e non che la partecipazione sia posseduta per un periodo superiore ad un quinquennio).

Dal punto di vista della società di persone, l’importo della quota liquidata al socio uscente, corrispondente ad una frazione del capitale economico della società, solitamente risulta superiore al valore della correlata quota del patrimonio netto contabile e tale differenza positiva viene generalmente definita “differenza da recesso”.

La differenza da recesso è normalmente imputabile a:

  • quota parte degli utili in corso di maturazione alla data del recesso;
  • eventuale avviamento;
  • quote di riserve in sospensione d’imposta;
  • eventuali plusvalori dei beni aziendali non esplicitati in contabilità (si pensi alla presenza di un immobile riscattato da leasing).

La denominazione del componente esprime il fatto che al socio uscente viene riconosciuta una somma eccedente rispetto alla quota di patrimonio netto contabile di sua pertinenza (composta sia da riserve di utili sia da riserve di capitale) annullata (cioè ridotta) per effetto del recesso stesso.

Quindi l’importo corrisposto al socio in occasione del recesso è costituito da due componenti:

  • la prima, afferente alla quota di patrimonio netto spettante al socio in proporzione alla quota di partecipazione detenuta, risulta costituita dal rimborso della quota di capitale sociale versato dal socio e dalla distribuzione delle eventuali riserve sia di capitali o di utili già tassati per trasparenza;
  • la seconda relativa, invece, al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale alla data dello scioglimento del rapporto sociale rispetto ai valori contabili del patrimonio e che costituisce la cosiddetta “differenza da recesso”.

Solamente quest’ultima quota assume rilevanza reddituale sia in capo al socio uscente, come sopra visto, sia in campo alla società di persone.

La differenza da recesso, come sopra individuata, diviene componente di reddito deducibile, ove imputata a conto economico, pur non essendo di fatto prevista espressamente dal Tuir: questa è la conclusione a cui giunge l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 64/E/2008 al fine di evitare una doppia imposizione della “differenza da recesso”, che si verrebbe a creare qualora alla tassazione in capo all’ex socio uscente non si contrapponesse la deduzione in capo alla società di persone.

In questo contesto, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 37/E/2016, ha chiarito che le conclusioni raggiunte con la risoluzione 64/E/2008 risultano valide solo nell’ipotesi di liquidazione al socio recedente di un importo in denaro e, quindi, nel caso in cui il plusvalore latente resti insito nel patrimonio sociale dopo il recesso.

Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, nell’ipotesi in cui la società proceda all’assegnazione agevolata di un bene al socio che recede, il plusvalore latente relativo al bene assegnato – assoggettato a tassazione in misura agevolata – non resta nel patrimonio della società. Ne consegue, quindi, che su tale plusvalore non si realizza un fenomeno di doppia tassazione sui soci rimanenti che giustifichi il riconoscimento di un costo in capo alla società, così come delineato nella fattispecie chiarita dalla risoluzione 64/E/2008.