I metodi per la rappresentazione contabile dell’assegnazione dei beni ai soci ed il regime fiscale delle riserve (1° parte)
di Luciano SorgatoNel caso di assegnazione di beni immobili ai soci, in raccordo con il regime fiscale agevolato reintrodotto dai commi 31 e ss, della Legge di bilancio 2025, relativamente al metodo contabile da usare per l’estromissione dall’attivo del patrimonio, vengono proposte 3 soluzioni che possono essere così rappresentate:
- il metodo del valore contabile, che si fonda sullo storno di una riserva di ammontare pari al valore contabile del bene assegnato;
- il metodo dell’iscrizione di una riserva da rivalutazione monetaria di ammontare pari alla differenza tra il valore normale del bene assegnato ed il suo valore contabile;
- il metodo proposto dal CNDCEC con il documento del 14.3.2016 fondato sull’imputazione a conto economico di una plusvalenza di ammontare sempre pari alla differenza tra il valore normale del bene assegnato ed il suo valore contabile.
Esempi
Primo metodo
Riserve disponibili 150 a Socio c/dividendo 150
Socio/dividendo 150 a Immobile 150
Secondo metodo
Immobile 300 a Riserva da rivalutazione 300
Riserve disponibili 150
Riserve da Rivalutazione 300 a Socio c/dividendo 450
Socio c/dividendo 450 a Immobile 450
Terzo metodo
Il terzo metodo è quello proposto nel documento del CNDCEC e prevede l’imputazione a conto economico di una plusvalenza pari alla differenza tra il valore di mercato (450) ed il valore contabile dell’immobile (150). Per il CNDCEC, tale metodo contabile raccorderebbe il suo fondamento giustificativo al risparmio che la società beneficerebbe nell’estinguere il debito verso il socio assegnatario pari al valore di mercato del bene, con una posta patrimoniale di minor valore contabile.
Supposto, quindi, che il valore corrente del bene immobile sia di 450, a fronte di un valore contabile di 150, la relativa impostazione ragionieristica verrebbe così a rappresentarsi:
Riserve disponibili del Patrimonio netto euro 450 a socio c/dividendo 450
Soci c/dividendo euro 450 a Immobile 150
a plusvalenze 300
Per il CNDCEC, il risparmio deriverebbe dal fatto che per estinguere un debito del socio di 450 viene impiegato un bene iscritto in bilancio per 150.
In ordine alla verifica delle 3 opzioni contabili, si ritiene di dover preliminarmente sottolineare come l’assegnazione dell’immobile al socio non derivi causalmente da un ordinario atto di mercato, derivando, invece, dal diritto economico del socio, la cui disciplina non deriva dalla libera negoziazione tipica dei contratti onerosi, ma dall’atto costitutivo della società e dalla quota di partecipazione del socio.
La rappresentazione contabile delle varie vicende che intercorrono tra la società ed i propri soci va sempre raccordata con il Patrimonio Netto, sia nella fase costitutiva dell’apporto, sia durante le ordinarie vicende remuneratorie in c/dividendo e sia in sede di liquidazione della società con la restituzione pro quota del Patrimonio netto. Appare, quindi, incongruente che dall’assegnazione in c/dividendo o in c/capitale di beni sociali al socio possa derivare una plusvalenza al pari di un’ordinaria compravendita. Ritenere che la plusvalenza possa derivare dal fatto che per l’estinzione di un debito di valore pari al valore corrente del bene assegnato (450), si procede a chiudere un conto di minor valore contabile (150 pari a quello di iscrizione in bilancio dell’immobile), non appare supportato da logica, dal momento che al di là dell’eterogeneo valore nominale delle due poste (450 e 150), la ricchezza che fuoriesce dalla società corrisponde, in ogni caso, al valore di mercato del bene che viene assegnato.
Non vi è alcun “guadagno” che la società consegue dalla rappresentata vicenda contabile, ma solo un espediente che, seppure con sembianze contabili diverse, ripete la medesima conclusiva identità di effetti dell’opzione contabile basata sulla previa rivalutazione del cespite (secondo metodo) criticata in dottrina in virtù dell’illeceità della rivalutazione non ammessa da alcuna disposizione di legge.
Mentre nel caso della rivalutazione, viene prima iscritta e poi stornata la riserva da rivalutazione pari al maggior valore corrente dell’immobile rispetto al suo valore contabile (300), riducendo conclusivamente il patrimonio netto del solo valore contabile del bene assegnato (150), nel caso dell’uso della plusvalenza, prima si stornano riserve effettive dal patrimonio netto per 450, e poi, per il tramite della plusvalenza (sempre esattamente pari alla medesima differenza di valore (300) ), si ripristina l’effettivo ammanco del patrimonio netto, in virtù del virtuale maggior utile generato dalla plusvalenza contabile di 300 (a cui però non corrisponde alcuna effettiva ricchezza aggiuntiva entrata nel patrimonio della società). I due metodi si differiscono solo sotto il profilo della rappresentazione temporale della differenza di valore in questione (300).
Nel metodo della rivalutazione viene iscritta prima, mentre con il metodo della plusvalenza viene iscritta dopo, in sede di stanziamento dell’utile di esercizio.
Il conto economico può solo rappresentare il riflesso contabile dell’effettiva ricchezza che deriva dall’esercizio dell’impresa nel mercato, senza poter registrare ricchezza puramente virtuale generata dai diritti dei soci.
Le scritture contabili che, nel caso dell’assegnazione si reputano corrette, corrispondono alla prima e più semplice opzione contabile:
Riserve euro 150 a Socio/A c/dividendo 150
Riserve euro 450 a Socio/B c/dividendo 450
Immobile euro 150 a Socio/A c/dividendo 150
Banca euro 450 a Socio/B c/dividendo 450
In un successivo articolo si procederà ad esplicitare i fondamenti giustificativi della preferenza per l’opzione contabile sopra indicata.