7 Agosto 2018

Gli effetti della tardiva presentazione del modello Eas

di Luca Caramaschi
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Con la risposta fornita in occasione dell’interrogazione parlamentare n. 5-09617, avanzata dall’On. Pisano il 29.09.2016, l’Agenzia delle entrate si è espressa per la prima volta in merito agli effetti derivanti dalla presentazione tardiva del modello Eas, posto che non era (e non è tuttora) esiguo il numero di associazioni che, per scarsa informazione o per l’esistenza di dubbi interpretativi, pur non avendo presentato il modello o avendolo presentato tardivamente, continuavano a godere dell’agevolazione prevista dall’articolo 148, comma 3, Tuir.

Il chiarimento di maggior spessore fornito in quella occasione dall’Agenzia è sicuramente quello per cui “il termine fissato per la presentazione del modello Eas non ha carattere perentorio”.

La questione appare non di poco conto atteso che il tema della fruibilità delle agevolazioni contemplate dall’articolo 148 Tuir e dall’articolo 4 D.P.R. 633/1972, in assenza di trasmissione del modello, è questione che ha interessato non pochi avvisi di accertamento emessi nel corso degli ultimi anni.

In taluni casi infatti i verificatori hanno ritenuto che la mancata trasmissione del modello Eas entro i 60 giorni dalla data di costituzione dell’ente pregiudicasse per sempre la possibilità dell’ente di fruire delle richiamate agevolazioni. Detta conclusione, oltre che apparire decisamente iniqua ed esorbitante rispetto agli obiettivi perseguiti dalla norma, trovava tuttavia una sua apparente giustificazione in una previsione normativa che lasciava poco spazio a interpretazioni differenti. Anche se decisamente tardiva (l’adempimento, si ricorda, è nato nel 2009), la risposta dell’Agenzia rileva come la presentazione del modello Eas oltre i termini sopra precisati non preclude definitivamente all’ente di tipo associativo di avvalersi del regime agevolato, bensì impedisce l’applicazione del regime di favore alle sole attività realizzate in data precedente la data di presentazione del modello stesso.

Se, tuttavia, questo risolve il problema per il futuro, resta irrisolto (o meglio, risolto come peggio non si poteva per i contribuenti) il problema per tutte quelle associazioni (non sono poche) che, da quando sussiste l’obbligo, non hanno mai provveduto alla trasmissione del modello Eas, in alcuni casi semplicemente per scarsa informazione.

Tutto questo viene ora ufficializzato con la maxi circolare AdE 18/E/2018 con la quale l’Agenzia Entrate, al paragrafo 7.7 rubricato “Conseguenze in caso di tardiva presentazione del Modello Eas”,  riprende taluni contenuti della citata interrogazione parlamentare affermando che  “In caso di presentazione del Modello Eas oltre i termini ordinari nonché oltre il termine per beneficiare dell’istituto della c.d. remissione in bonis, l’associazione o società sportiva dilettantistica senza fini di lucro non può avvalersi del regime agevolativo – correlato all’adempimento dell’onere dell’invio dello stesso Modello – in relazione all’attività realizzata precedentemente alla data di presentazione del medesimo Modello” e ribadendo che “Restano escluse dal citato regime agevolativo le operazioni compiute antecedentemente alla presentazione del Modello Eas, ivi comprese quelle ricadenti nel medesimo periodo di imposta in cui avviene la comunicazione.

Secondo il citato documento di prassi, dunque, l’applicazione delle agevolazioni è riservata, “a condizione che ricorrano i requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria”, solo alle “operazioni compiute successivamente alla presentazione di detto Modello, anche se ricadenti nel medesimo periodo di imposta in cui avviene la comunicazione”.

Un ente sportivo, quindi, che si è costituito in data 20 ottobre 2012 e che ha trasmesso tardivamente il modello Eas in data 1° dicembre 2017, poteva godere della decommercializzazione dei proventi di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir solo in relazione alle operazioni compiute a partire da tale ultima data, non potendo applicare l’agevolazione medesima in relazione alle operazioni compiute fino al 30 novembre 2017.

È quindi certo che l’ufficializzazione di questa posizione in un documento di prassi, vincolante per gli uffici dell’Agenzia, complicherà non poco la gestione di eventuali avvisi di accertamento che andranno a eccepire questo aspetto.

Se fin qui la circolare AdE 18/E/2018 ricalca quanto già chiarito nella precedente interrogazione parlamentare, il recentissimo documento di prassi non si spinge oltre e non ripropone il passaggio dell’interrogazione in cui si disse che l’adempimento della trasmissione del modello Eas è previsto anche per quegli enti associativi che “si limitano a riscuotere quote o contributi associativi disciplinati dal comma 1 dell’articolo 148 del TUIR”.

Su quest’ultima affermazione non sono mancate le considerazioni critiche atteso che in merito ai requisiti previsti per avvalersi delle disposizioni di cui ai menzionati articolo 148 Tuir e articolo 4 D.P.R. 633/1972 (che escludono dalla imposizione, ai fini redditi e Iva, i contributi, le quote e i corrispettivi, pagati alle associazioni), la circolare AdE 12/E/2009 aveva ricordato che, in forza della disposizione normativa, gli enti associativi interessati devono possedere “i requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria”.

Per poter valutare correttamente le conseguenze che derivano dalla omessa trasmissione del modello Eas è necessario, quindi, operare una distinzione all’interno delle disposizioni contenute nell’articolo 148 Tuir (e correlato articolo 4 D.P.R. 633/1972).

Da un lato vi è la previsione contenuta nell’articolo 148, comma 1, Tuir che dispone l’irrilevanza fiscale delle quote o contributi associativi da parte degli associati dell’ente. Dall’altro vi sono le “agevolazioni” previste dal successivo comma 3 del citato articolo, che prevedono la decommercializzazione dei proventi specifici corrisposti dagli associati di talune tipologie di associazioni in relazione ad attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

Mentre nel primo caso i requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria, al fine di consentire l’irrilevanza fiscale per l’ente delle quote associative, attengono unicamente alla qualificazione dell’ente associativo come “ente non commerciale” e null’altro, nel secondo caso (non commercialità dei corrispettivi specifici) trattasi di un vero e proprio regime di favore che per essere beneficiato richiede il verificarsi di condizioni ben precise, quali la forma dello statuto nonché la presenza in esso di ben definite clausole. Avendo ben presente tale distinzione, diventa ancor più chiara la portata del chiarimento fornito dall’Agenzia nella citata interrogazione, che mai in precedenza, su tale punto, aveva svolto considerazioni così esplicite.

In termini concreti ciò potrebbe significare che un ente di tipo associativo che non trasmette il modello Eas nei termini (considerando anche la possibile fruizione dell’istituto della remissione in bonis per regolarizzare il tardivo adempimento) perde la qualifica di “ente non commerciale”, non ritendo possibile concludere che l’ente possa considerare commerciali le entrate derivanti dalle quote associative senza perdere tale qualifica.

Una siffatta conclusione, tuttavia, non pare accettabile in quanto il risultato della riqualificazione della natura dell’ente quale conseguenza dell’omessa trasmissione del modello Eas pare esorbitare dagli obiettivi perseguiti dalla norma istitutiva dell’adempimento, posto che, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 30 D.L. 185/2008 in sede di conversione (L. 2/2009), non è mai entrata in vigore la versione che disponeva l’automatica “esclusione dai benefici fiscali” nei casi di mancanza dei presupposti previsti dalla normativa vigente.

Il fatto che la recente circolare AdE 18/E/2018 non abbia riproposto questa parte di argomentazioni contenute nella interrogazione parlamentare del settembre 2016 potrebbe, quindi, forse significare un ripensamento su questo aspetto, confermando implicitamente che la mancata trasmissione del modello Eas produce unicamente effetti sull’applicazione dell’articolo 148, comma 3, Tuir, senza quindi toccare il comma 1 del medesimo articolo 148 Tuir e quindi il tema della riqualificazione dell’ente.

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