18 Luglio 2022

Esterometro per le operazioni attive: semplificazioni per (quasi) tutti

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

X è sempre stata quella maledetta “incognita” che nei problemi di algebra faceva scervellare per capire a cosa corrispondesse, e tra compagni di classe si arrivava sempre a risultati diversi, in attesa che il professore svelasse la risposta corretta.  Chiaramente, quando ci siamo visti davanti XXXXXX, il problema si è moltiplicato per sette, ma le possibili risposte che abbiamo dato erano solo due: una fattura elettronica, o un rigo di esterometro. L’Agenzia delle Entrate ha svelato la soluzione: XXXXXX è un rigo di esterometro!

Come abbiamo già scritto la scorsa settimana, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare 26/E/2022, con la quale ha fornito importanti precisazioni riguardo all’esterometro, venendo incontro a molte richieste di semplificazioni provenienti dalle varie associazioni di categoria.

L’interpretazione della norma che ora non è solo di una parte della dottrina, ma anche dell’Agenzia, è che l’esterometro non è abrogato, non esiste nessuna fattura elettronica verso l’estero, e men che meno obblighi di autofatture o integrazioni elettroniche obbligatorie. Tuttavia, le procedure software dell’esterometro potranno essere utilizzate volontariamente per semplificare le procedure di alcune aziende.

Vediamo alcuni concetti, partendo alle operazioni attive, per le quali l’Agenzia ricorda che vanno incluse anche le operazioni verso privati, purchè siano emesse fattura o documento commerciale (o nei casi residuali scontrino fiscale o ricevuta fiscale).

Ricordiamo sul punto che, ad esempio, le operazioni di commercio elettronico, effettuate per definizione verso privati, per le quali viene applicata Iva estera da assolvere con il sistema OSS, sono esonerate da fatturazione e da certificazione, e quindi se si ritenesse di non emettere la fattura, tali operazioni non andrebbero comunicate.

Ricordiamo tuttavia che molti operatori decidono di emettere comunque volontariamente la fattura per usufruire del plafond e per compensazioni/rimborsi Iva trimestrali, e quindi in tale caso le operazioni vanno comunicate.

La risposta si presta a qualche critica, posto che gli obblighi di comunicazione sono solo verso soggetti non “stabiliti” e tale termine, utilizzato dalla normativa Iva, non fa mai riferimento alle persone fisiche “private”.

L’Agenzia ha ritenuto tuttavia più congruo cercare il significato del termine “stabilito” in un decreto legislativo che riguarda i requisiti di conformità delle moto d’acqua… La questione è di lana caprina per bar, ristoranti e tutti gli esercenti che emettono documenti commerciali e per i quali non c’è traccia di chi siano i loro clienti.

La situazione è più antipatica per gli alberghi, posto che potenzialmente l’Agenzia delle Entrate, in futuro, sarà in grado di capire a quanti clienti privati stranieri è stato emesso documento commerciale e non è stato inviato l’esterometro.

Altra cosa un po’ anomala è che l’Agenzia precisa – limitatamente alle operazioni verso privati – che le operazioni per le quali non c’è fattura o documento commerciale, non vanno comunicate, posto che la norma prevede che la comunicazione debba essere effettuata entro il termine di emissione della fattura o di certificazione del corrispettivo.

In sostanza se non esiste un termine iniziale perché fattura non viene emessa e corrispettivo non certificato, non esiste l’obbligo.

Il dubbio, a questo punto, è perché tale interpretazione della norma riguardi solo le operazioni verso privati.

Oltre alle operazioni di commercio elettronico (nelle quali il cliente è “privato” per definizione), vi sono una serie di altre operazioni – effettuate anche verso soggetti passivi esteri – che sono esonerate dall’obbligo di fattura e di certificazione.

Si pensi ai documenti emessi con partite Iva di altri Paesi Ue (che non sono considerate “fatture” per la norma Iva italiana, in quanto sono “fatture” per la normativa Iva del Paese in cui si è identificati), o altre operazioni esonerate da ogni obbligo, quali quelle finanziarie.

L’aspetto più importante che sottolinea l’Agenzia, però, è che il file XML con XXXXXXX è “un rigo di esterometro” e non una fattura elettronica.

In questo senso viene precisato che una copia della fattura inviata al cliente (e quindi su layout aziendale, e non la conversione in pdf del file XML effettuata con i vari template in circolazione) deve essere conservata a norma, e quindi o in modo analogico o con conservazione sostitutiva.

Personalmente, anche se l’Agenzia delle Entrate fosse giunta a risposta diversa, ai fini civilistici avrei ritenuto comunque poco corretto conservare la copia di un documento aziendale su un formato diverso rispetto a quello inviato alla controparte. Sarebbe come inviare al cliente una lettera scritta al computer, e conservare una copia scritta a mano…

Tuttavia, per chi non volesse archiviazioni analogiche (con spreco di spazio, carta e toner) o non volesse imbattersi in costosi processi di conservazione a norma, è data possibilità di allegare al file XML dell’esterometro, la copia PDF della fattura inviata al cliente estero, in modo che tale documento sia conservato a norma dall’Agenzia per conto del contribuente.

Diverso sarebbe il caso se il cliente, identificato in Italia, autorizzasse l’uso della fattura elettronica via SdI, da emettere su una partita Iva italiana del soggetto estero.  In questo caso, posto che il file avrebbe il codice univoco del cliente, o 0000000, tale file sarebbe la vera fattura.

Altra cosa importante, riguardante le operazioni attive, è che XXXXXXX potrebbe non avere il dettaglio dei beni e dei servizi che invece è riportato sul documento inviato al cliente.

Tale chiarimento può sembrare ai più assurdo (se si crea una fattura con un software, questo invia il file in formato XML a SdI e quello PDF al cliente), ma in realtà sottostanti ci sono problemi quali quelli di aziende che devono valorizzare il dettaglio delle operazioni utilizzando caratteri speciali (che se inseriti nel file XML comportano lo scarto del file), oppure hanno policy di riservatezza con il cliente estero, o particolari difficoltà software.

Per venire incontro alle problematiche delle aziende che devono “travasare” i dati dal software di fatturazione, per l’invio dell’esterometro, l’Agenzia ha inoltre precisato che XXXXXXX deve essere sempre inviato entro il termine legale di emissione della fattura, e non contestualmente all’emissione (anticipata) della stessa.

L’Agenzia fa un esempio: in una cessione comunitaria di ottobre, con fattura emessa il 10 novembre (PDF con tale data inviato al cliente via mail), il file XML dell’esterometro può comunque essere inviato entro il 15 novembre.

Considerato che XXXXXX è un rigo di esterometro e non una fattura elettronica, a rigore di norma una operazione da assoggettare a bollo avrebbe richiesto al contribuente l’apposizione, sulla copia cartacea della fattura, dell’“adesivo” acquistato al tabaccaio (salvo richiesta di autorizzazione al bollo virtuale alla propria Direzione Regionale).

Sul punto, l’Agenzia non entra giustamente nel dettaglio normativo e si limita precisare che se nel file XML viene flaggato il campo del bollo, il relativo importo confluisce nell’allegato A, cioè tra quelli che poi portano al pagamento trimestrale.

In sostanza, l’Agenzia dice che se il bollo viene assolto con tale modalità, si prende il relativo importo e non lo chiede certamente nuovamente sotto forma di adesivo!