16 Luglio 2016

Debiti non movimentati, prescrizione e sopravvenienze

di Comitato di redazione
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Stiamo riscontrando che, sempre più spesso, in sede di verifica fiscale l’attenzione si concentra sui debiti presenti a bilancio e sulla loro anzianità.

In sostanza, si replica il seguente comportamento: si visualizzano i mastrini dei debiti verso fornitori e si “isolano” quelli per i quali non risultano movimentazioni recenti. Una volta riscontrata tale situazione, si contesta che il soggetto avrebbe dovuto rilevare una sopravvenienza attiva tassabile.

Per comprendere meglio, si ipotizzi la seguente situazione riscontrata dalla contabilità:

  • fornitore X, con saldo a debito per 100, non movimentato da 2 anni;
  • fornitore Y, con saldo a debito per 150, non movimentato da 3 anni;
  • fornitore Z, con saldo a debito per 200, non movimentato da 4 anni.

Per rendere ancora più evidente la situazione, ipotizziamo che per tutti questi debiti si applichi il termine decennale di prescrizione.

Ebbene, con una frequenza che non può essere considerata casuale, spesso nei PVC si contesta al contribuente che avrebbe dovuto considerare non più esistenti “fiscalmente” tali debiti, evidenziando sopravvenienze attive imponibili di pari importo. Spesso, si aggiunge anche che la collocazione in bilancio delle poste tra i debiti a breve termine darebbe comprova della bontà del ragionamento.

Tale metodologia ci pare del tutto infondata e non corretta dal punto di vista teorico, per una serie di motivazioni che proviamo a riassumere come segue:

  • il debito non prescritto non può essere cancellato dal bilancio, pena l’infedeltà (grave) del documento stesso sul versante civilistico;
  • anche qualora il debito fosse prescritto, nessuno obbliga il soggetto a favore del quale la prescrizione opera ad avvalersi di tale istituto, potendo ben scegliere di onorare comunque il proprio impegno per ragioni di natura commerciale e simili;
  • se il debito non può essere cancellato dal bilancio, non si comprende come possa emergere una sopravvenienza dal punto di vista fiscale. Affermiamo ciò in quanto, sovente, il verificatore afferma che lo stralcio del debito avrebbe una cittadinanza “unicamente fiscale”, del tutto slegata rispetto a quella contabile;
  • la classificazione in bilancio del debito tra le poste a breve dipende dalla originaria scadenza di pagamento e non certo dal momento effettivo in cui si intende effettuare il versamento. La ragione della separata indicazione dei debiti rispetto alla scadenza ha invece una chiara motivazione di natura finanziaria, potendo offrire al lettore del bilancio utili indicazioni in merito all’assenza o alla presenza di un equilibrio in capo alla società;
  • non si comprende con quale raziocinio si ritenga la sopravvenienza attiva sempre e comunque di competenza del periodo oggetto di accertamento, a prescindere da qualsiasi criterio logico legato all’anzianità della posta. In un esempio teorico come quello sopra proposto, dunque, viene contestata la sopravvenienza attiva per tutti e tre i debiti, nonostante uno sia non movimentato da 2 anni, un altro da 3 e l’ultimo da 4. Manca, dunque, anche una logica di fondo che possa sorreggere il ragionamento seguito.

In sostanza, siamo fermamente convinti che tali censure debbono essere fortemente contrastate già in sede di verifica ed anche successivamente.

Inoltre, siamo anche convinti del fatto che si dovrebbe perdere l’abitudine di operare tali rilievi, in quanto completamente infondati.

Vero è che, sul versante dei crediti, esiste una norma di favore nell’articolo 101, comma 5, del TUIR che consente la deduzione della perdita per piccoli crediti già scaduti da oltre 6 mesi alla data di chiusura del periodo di imposta; ma tale norma speciale non può essere trasfusa anche sul versante dei debiti proprio perché non esiste una disposizione specifica nel TUIR. Ma, si badi bene, le contestazioni pratiche di cui abbiamo preso visione prescindono assolutamente dall’importo del debito; per conseguenza, non sono relative unicamente a somme di piccolo importo.

Peraltro, da un certo punto di vista possiamo anche comprendere i dubbi del verificatore; debiti che “puzzano” di stantio potrebbero tradire la presenza di fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti, il cui debito non viene saldato proprio per la natura dell’operazione che l’ha generato.

Tuttavia, per superare tali perplessità i verificatori hanno abbondanti strumenti per approfondire la vicenda e, nonostante ciò non sia simpatico, si devono assumere l’onere di agire in modo corretto.

Non resta, allora, che assumere l’abitudine di contrastare in modo fermo le contestazioni e portarle sino all’attenzione dei Giudici, sperando in una loro valutazione serena e conforme alla norma. Si potrebbe, ancor prima, interessare in modo massiccio il Garante del Contribuente, affinché promuova (nei limiti dei suoi poteri) una sensibilizzazione in seno all’Amministrazione finanziaria, affinché si dettino le regole per riportare sulla retta via le abitudini dei verificatori.