6 Ottobre 2016

Da Unico 2017 nessun monitoraggio per i costi black list

di Fabio Garrini
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Il 2016 segna una forte evoluzione nei rapporti tra operatori economici nazionali e soggetti ubicati in paradisi fiscali; recentemente l’Agenzia è intervenuta sul tema pubblicando la circolare n. 39/E/2016. Il presente contributo si dedica a riepilogare la situazione vigente dal 2016, rinviando ad un precedente articolo le considerazioni (ed i chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria) relative al periodo d’imposta 2015 oggetto della dichiarazione da poco trasmessa.

Black list 2016

Credo che si possa riassumere la vicenda affermando che dal 2016 non esiste più alcun problema ad operare con un soggetto black list, almeno sotto il profilo della deduzione dei costi sostenuti in relazione a rapporti commerciali intrattenuti con tali soggetti: i costi relativi a forniture di beni e servizi, indipendentemente dal fatto che la controparte sia impresa o professionista, dal 2016 divengono interamente deducibili. Anzi, per meglio dire, divengono deducibili al pari di un costo che sia sostenuto nei confronti di un operatore nazionale o straniero non back list. Da questo punto di vista, diverrà del tutto equivalente acquistare un bene o un servizio da un fornitore italiano, francese o svizzero.

È implicito rammentare che questo non significa che la deduzione sia sempre e comunque assicurata, ma piuttosto occorre che siano rispettare le ordinarie regole che la disciplina tributaria pone a presidio della formazione del reddito d’impresa, quali inerenza, competenza, certezza e oggettiva determinabilità. Ma ciascuno concorderà circa il fatto che questo è del tutto scontato.

Attraverso l’abrogazione dei commi da 10 a 12-bis dell’articolo 110 TUIR viene abrogata la disciplina riguardante le limitazioni dei costi black list, rendendo nei fatti operative solo per un esercizio (il 2015) le importanti innovazioni apportate sul tema dal D.Lgs. 147/2015, che pure avevano già sensibilmente attenuato le conseguenze in termini di deducibilità di tali costi. Conseguentemente non assume rilevanza l’individuazione degli ordinamenti a fiscalità privilegiata contenuta nel decreto ministeriale approvato il 23 gennaio 2002 e successive modificazioni.

L’Agenzia pone l’accento sul fatto che una disciplina correlata a quella abrogata continua ad applicarsi: per i costi sostenuti nei confronti di un operatore estero, residente in un Paese considerato black list in base alla previgente normativa ed appartenente al medesimo gruppo societario del soggetto residente in Italia, continuano a trovare applicazione le regole dettate in materia di transfer pricing. Gli interventi normativi in commento non hanno, infatti, introdotto modifiche ai commi 7 e 9 dell’articolo 110 del TUIR.

Contestualmente all’eliminazione delle limitazioni alla deduzione dei costi black list è anche stato soppresso il relativo obbligo di separata indicazione all’interno del modello dichiarativo (nel quadro RF questa si manifestava tramite una duplice variazione, in aumento e in diminuzione); da Unico 2017 ci attendiamo che tale richiesta non sia più presente. Conseguentemente, precisa la circolare n. 39/E/2016, deve considerarsi implicitamente soppressa anche la sanzione relativa all’omessa indicazione in dichiarazione di tali dati, senza che però possa trovare applicazione la disciplina del favor rei in relazione ad irregolarità già commesse.

Va comunque rammentato che il comma 147 della L. 208/2015 prevede che “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti i criteri generali per la raccolta delle informazioni relative agli acquisti di beni e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti residenti fuori del territorio dello Stato, necessarie ad assicurare un adeguato presidio al contrasto dell’evasione internazionale. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità tecniche di applicazione del presente comma ed è disposta la contestuale soppressione di eventuali duplicazioni di adempimenti già esistenti.”

Attualmente il monitoraggio dei rapporti con soggetti ubicati nei paradisi fiscali è affidato alla comunicazione introdotta con il D.L. 40/2010, che obbliga i soggetti passivi IVA a comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni effettuate (cessioni di beni e prestazioni di servizi, rese e ricevute) nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (a tal fine occorre far riferimento alle liste approvate con i decreti del 4 maggio 1999 e del 21 novembre 2001).

Tale comunicazione è oggi resa se le operazioni superano l’importo di € 10.000 per ciascun periodo d’imposta, attraverso il modello polivalente e, in applicazione del D.Lgs. 175/2014, ha cadenza annuale (in passato era mensile o trimestrale, a seconda dell’ammontare delle operazioni realizzate); in relazione al periodo d’imposta 2015, la presentazione era stata differita al 20 settembre 2016 (provvedimento del Direttore dell’Agenza delle Entrate n. 45144 del 25 marzo 2016).

Con ogni probabilità (ma qui occorre attendere le future evoluzioni) vi sarà un’evoluzione di tale strumento, proprio in applicazione del citato comma 147, al fine di implementare anche le informazioni che prima erano raccolte tramite il modello Unico.

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