7 Ottobre 2017

Le modifiche al bilancio impattano sullo studio degli indici

di Enrico FerraRiccardo Righi
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Lo studio degli indici rappresenta uno dei metodi più utilizzati in dottrina per l’analisi del bilancio di esercizio. Analisi che, alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. 139/2015, richiede oggi un riesame degli schemi di conto economico e stato patrimoniale, in alcuni casi anche dei precedenti esercizi, allo scopo di rendere omogeneo il periodo di riferimento: ci si riferisce, in particolare, all’eliminazione dell’area straordinaria, alla rilevazione delle componenti positive e negative degli strumenti finanziari derivati e all’eliminazione dall’attivo patrimoniale dei costi di ricerca e pubblicità non più capitalizzabili.

Attraverso il processo di riclassificazione del conto economico per aree gestionali e dello stato patrimoniale secondo il criterio finanziario si giunge a una rappresentazione del bilancio di esercizio idonea a conferire allo stesso una maggiore potenzialità informativa. In particolare, dalla riclassificazione dei citati documenti emergono i due macrofocus dell’analisi e cioè:

  • l’attività caratteristica aziendale (core business);
  • le caratteristiche della struttura patrimoniale e finanziaria.

I margini della gestione caratteristica rappresentano i veri e propri risultati dell’attività d’impresa, al lordo delle gestioni accessoria, finanziaria e straordinaria. I principali risultati della gestione caratteristica sono l’EBITDA o MOL (Margine Operativo Lordo) e l’EBIT o ROC (Risultato Operativo Caratteristico).

L’EBITDA (Earnings Before Interests, Taxes, Depreciation and Amortization) rappresenta il risultato della gestione caratteristica al lordo degli ammortamenti, accantonamenti e svalutazioni. L’importanza di questo margine risiede nella sua indipendenza dalle politiche contabili in sede di bilancio, atte a determinare i coefficienti di ammortamento e gli importi accantonati prudenzialmente. È anche per questa ragione che tale margine è sovente utilizzato ai fini della valutazione d’azienda con il metodo dei multipli, dove è richiesta la massima omogeneità nel calcolo dei valori utilizzati per la determinazione dell’enterprise value.

D’altro canto l’EBIT (Earnings Before Interests and Taxes) rappresenta il risultato finale della gestione caratteristica, fondamentale nell’analisi del core business. Tale margine viene, inoltre, utilizzato nel calcolo del ROI (Return on Investments) caratteristico, che è l’indice che rappresenta la redditività degli investimenti aziendali ed è calcolato come il rapporto fra il Risultato Operativo Caratteristico e il totale dell’attivo patrimoniale. A seguito dell’eliminazione dell’area straordinaria dal bilancio, questo risultato intermedio potrà essere di grande supporto, salvo alcuni aggiustamenti, nell’ambito della valutazione d’azienda mediante l’utilizzo dei metodi reddituali, al fine di calcolare il reddito medio prospettico utile all’individuazione del valore dell’impresa.

Occorre precisare, inoltre, che nonostante non sia più presente in bilancio un’apposita sezione dedicata alle poste straordinarie, è tuttavia possibile la riclassificazione di alcune voci come “straordinarie” ai soli fini del loro inquadramento rispetto alle altre aree gestionali.

In riferimento alle caratteristiche della struttura patrimoniale e finanziaria, attraverso la riclassificazione dello stato patrimoniale secondo il criterio finanziario, secondo cui le voci vengono raggruppate in aree omogenee per tempi di rimborso dei finanziamenti e tempi di realizzo degli investimenti, si ottiene un quadro degli equilibri finanziari di breve periodo (liquidità aziendale) e medio-lungo periodo (solidità patrimoniale), fondamentali per garantire all’impresa la stabilità necessaria per lo sviluppo del business.

I principali indici utilizzati per l’analisi della solidità patrimoniale sono gli indici di copertura delle immobilizzazioni e il grado di autonomia finanziaria. La copertura del capitale fisso assume due forme:

  • indice di copertura “ristretto” (o autocopertura);
  • indice di copertura “allargato“.

Il primo è calcolato come il rapporto fra capitale proprio e attivo fisso e rappresenta la capacità dell’impresa di finanziare gli investimenti caratterizzati da tempi di realizzo nel lungo periodo con le risorse proprie. Nella versione “allargata” dell’indice si aggiungono, invece, al numeratore i finanziamenti da terzi con tempi di rimborso nel lungo periodo (ad esempio i mutui). Attraverso l’analisi della copertura del fisso si individua la “coerenza” temporale fra le risorse attive e passive di lungo periodo, necessaria a garantire l’equilibrio finanziario di lungo termine.

Il grado di autonomia finanziaria misura, d’altro canto, l’incidenza delle risorse proprie sul totale dei finanziamenti ed è un indicatore dal quale si desume la rischiosità della struttura finanziaria nonché il grado di dipendenza da terzi finanziatori.

Parallelamente all’analisi di solidità, vi è lo studio della liquidità aziendale, avente ad oggetto la composizione del capitale circolante, associata all’ammontare dei finanziamenti di terzi con tempi di rimborso nel breve periodo. Gli indici di liquidità sono riassumibili in:

  • indice di liquidità generale (o current ratio);
  • indice di liquidità primaria (o quick ratio).

Il primo indice, calcolato come il rapporto fra capitale circolante e le passività a breve, misura la capacità dell’impresa di garantire il rimborso dei finanziamenti di breve scadenza con il capitale circolante. Il secondo indice è calcolato con la medesima formula ma senza considerare nel circolante le rimanenze di magazzino (risorsa considerata, nella maggior parte dei casi, non prontamente liquida) e misura il grado di copertura delle passività a breve con le sole liquidità immediate ed il capitale di pronto realizzo (cash & cash equivalents).

La costruzione dei principali indici, come sopra sintetizzati, permette di interpretare i dati di bilancio in un’ottica di misurazione della performance. È evidente che gli indici di bilancio sono grandezze costruite per ottenere informazioni specifiche: nulla vieta che, oltre ai numerosi indici già individuati dalla dottrina, sia possibile crearne dei nuovi al fine di soddisfare specifiche esigenze informative del redattore.

Da ultimo, è opportuno che l’analisi di bilancio sia sviluppata su più esercizi, confrontando i margini e gli indici ottenuti in un arco temporale di almeno tre esercizi. Ciò al fine di analizzare non solo la situazione aziendale in un dato momento, ma soprattutto la sua evoluzione nel tempo così da potenziarne al massimo la capacità informativa.

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