9 Maggio 2018

La responsabilità per l’omesso versamento dell’Iva

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, è tornata ad occuparsi dell’annosa questione relativa alla rilevanza penale dell’omesso versamento dell’Iva, reato previsto e punito dall’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000.

In particolare, con la sentenza n. 8040 del 2018, il Giudice di legittimità è stato chiamato a pronunciarsi in ordine ad un ricorso proposto dall’imputato che era stato condannato in entrambi i gradi di merito per non avere versato, in qualità di legale rappresentante di una società, l’imposta sul valore aggiunto relativa all’anno 2008.

Nell’esaminare i motivi di doglianza, la Suprema Corte ha innanzitutto rilevato che il ricorso appariva inammissibile sotto il profilo della lamentata presentazione della dichiarazione da soggetto diverso dall’imputato. In realtà, sottolinea la Cassazione, il soggetto che ha firmato la dichiarazione agiva per conto dell’attuale imputato, legale rappresentante della persona giuridica tenuta alla presentazione e al pagamento del debito d’imposta.

Posto che le argomentazioni difensive in ordine a tale questione non si sono caratterizzate per specificità, il Giudice di legittimità ne ha valutato l’inammissibilità, perché “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal Giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione”.

Risolto questo aspetto delle doglianze difensive, la Corte di Cassazione ha poi affermato che, in presenza di una c.d. “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova (consistente nel non avere l’imputato apposto la propria sottoscrizione alla dichiarazione) può essere dedotto ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. e) c.p.p. solo nel caso in cui “il ricorrente rappresenti – con specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado”; circostanza non occorsa nel caso di specie.

Inoltre, interessante appare anche la considerazione espressa dalla Suprema Corte per cui “è onere del ricorrente, che lamenti l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, provvedere alla trascrizione in ricorso dell’integrale contenuto degli atti medesimi, nei limiti di quanto già dedotto, perché di essi è precluso al giudice di legittimità l’esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso, circostanza da escludersi nel caso di specie”.

Infine, con specifico riferimento al reato contestato, la Corte di Cassazione ha evidenziato che l’omesso versamento dell’Iva deve essere attribuito a titolo di responsabilità penale al legale rappresentante della società al momento del termine ultimo per il versamento dell’imposta, inteso ovviamente come il termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.

Ciò in quanto al legale rappresentante viene imposto un obbligo di controllo preventivo di natura contabile sugli ultimi adempimenti fiscali. Secondo la Corte, “ciò comporta una responsabilità quantomeno a titolo di dolo eventuale”. Sul soggetto in questione infatti grava l’obbligazione tributaria in presenza di debito esposto nella stessa, anche nel caso in cui la dichiarazione sia stata sottoscritta da soggetto diverso.

In via generale, infatti, si deve ricordare che la responsabilità per i reati di cui al D.Lgs. 74/2000 incombe sugli amministratori, individuati secondo i criteri civilistici, ossia su coloro che gestiscono e rappresentano la società.

La massima elaborata dal Giudice di legittimità è dunque la seguente: “a prescindere dalla coincidenza tra chi presenta la dichiarazione e chi la sottoscrive, in ogni caso, si osserva che la fattispecie penale tributaria individua il disvalore penale della condotta nel comportamento inadempiente all’obbligo di effettuare il versamento, attesa la struttura mista della fattispecie (commissiva, quanto alla presentazione della dichiarazione, omissiva quanto al mancato versamento, momento che qualifica la rilevanza penale del fatto)”.

Sotto tale profilo, è indubbio che, alla data del termine per il versamento, “l’imputato rivestisse il ruolo di rappresentante legale dell’ente e che, nonostante fosse pienamente consapevole di dover versare l’Iva risultante dalla dichiarazione – non rileva se sottoscritta da egli o da un suo “delegato” – non ebbe a provvedere al versamento, con conseguente integrazione, anche soggettiva, del fatto-reato”.

 

L’esecuzione delle sentenze e il ricorso per cassazione