29 Gennaio 2018

La proposta di legge per la tassazione indiretta del trust – I° parte

di Sergio Pellegrino
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Si susseguono le pronunce con le quali le Commissioni tributarie affermano che non vi deve essere imposizione proporzionale sugli atti di dotazione in trust, come invece da sempre sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, che pretende di assoggettare la disposizione dei beni in trust all’applicazione dell’imposta di successione e donazione e delle ipocatastali.

La problematica principale, sulla quale si dibatte da anni, è rappresentata proprio dall’individuazione del momento impositivo ai fini della tassazione indiretta del trust.

La scelta, in realtà, il legislatore, sebbene indirettamente, l’ha già compiuta con l’approvazione nel giugno del 2016 della legge sul dopo di noi (L. 112/2016), che “stimola” l’istituzione di trust per la tutela di soggetti affetti da grave disabilità attraverso agevolazioni e esenzioni fiscali.

In particolare, la legge in questione prevede espressamente che, nel solo caso del trust che essa ha tipizzato e che rispecchia gli stringenti requisiti definiti dall’articolo 6 del provvedimento, la tassazione non avvenga al momento della dotazione iniziale, per agevolare il ricorso all’istituto a favore dei soggetti con disabilità grave, ma in quello dell’eventuale devoluzione finale del patrimonio residuo a favore di soggetti diversi.

Così, implicitamente, sembra aver confermato la tesi dell’Agenzia: per i trust “diversi” da quello della legge sul dopo di noi, per converso, la tassazione si realizza all’inizio (cioè al momento dell’atto dispositivo) e non alla fine (con l’attribuzione del patrimonio ai beneficiari).

Ciononostante la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nella sentenza 21614 del 26 ottobre 2016, successivamente quindi all’approvazione della legge, ha sostenuto la tesi contraria e tutte le commissioni tributarie provinciali che da quel momento si sono pronunciate in materia hanno seguito l’indirizzo definito dalla Suprema Corte.

Con l’obiettivo di superare questo contrasto interpretativo, è stata depositata il 3 ottobre 2017 la proposta di legge n. 4675, d’iniziativa del deputato Bernardo, finalizzata all’introduzione di una disciplina organica dei trust anche nell’ambito della fiscalità indiretta.

Vengono evidenziate le potenzialità dell’istituto, definito quale “strumento estremamente versatile e fornito di elevata possibilità di personalizzazione”, e il fatto che “il motivo del successo che il trust ha ottenuto anche nel nostro paese risiede nella considerazione che esso è uno strumento che consente di tutelare interessi lasciati in secondo piano dall’invecchiamento delle nostre categorie giuridiche”.

Attraverso l’introduzione di una disciplina organica in materia di imposte indirette si mira a consentire una maggiore diffusione del ricorso all’istituto, ritenendo che “ciò che ancor oggi ne pregiudica l’effettiva diffusione in Italia non è più il carattere pionieristico dell’istituto sul versante dell’impianto civilistico, bensì la parziale lacuna normativa ancora esistente sul piano fiscale”.

Mentre la tesi da sempre sostenuta da parte dell’Agenzia è che tutti i trust, indipendentemente dalla loro natura, debbano essere assoggettati all’imposta di successione e donazione, atteso il fatto che la disposizione dei beni in trust si configura come un atto a titolo gratuito, la proposta di legge, nell’ambito dell’articolo 1, opera un fondamentale distinguo tra trust con finalità liberale e trust con finalità non liberale.

Nell’articolo 2, nel quale vengono fornite le definizioni, trust liberale viene definito “il trust istituito da un disponente con finalità di pianificazione successoria o liberale, nonché il trust istituito a scopo caritativo o di pubblica utilità”, mentre trust non liberale è “il trust istituito da un disponente e non compreso nella definizione di trust liberali, compresi i trust liquidatori e di garanzia”.

La fiscalità indiretta del trust viene dunque a dipendere dal fatto che questo persegua o meno una finalità liberale: viene quindi introdotto un importante distinguo rispetto alla posizione sin qui espressa da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Dunque, al di là dei casi di applicabilità dell’imposta sul valore aggiunto, cui fa riferimento l’articolo 3 della proposta di legge, che è comune alle due “tipologie” di trust, differisce l’imposta che si applica nell’una o nell’altra fattispecie: quando il trust è liberale, questo soggiace all’imposta sulle successioni e donazioni, mentre quando è non liberale entra in gioco l’imposta di registro.

Nel contributo che verrà pubblicato domani su Euroconference News andremo ad analizzare quanto prevede la proposta di legge per la tassazione dei trust liberali, evidenziando le “conferme” e quelli che sono gli aspetti innovativi.

Fare trust: il trust come opportunità professionale