17 Ottobre 2017

La componente fissa dell’ACE dei soggetti Irpef

di Fabio Garrini
Scarica in PDF

Il decreto ACE del 3 agosto 2017, attuativo delle previsioni contenute nella L. 244/2016 volte a revisionare (e comprimere) l’agevolazione per la capitalizzazione delle imprese, all’articolo 8, dedica regole specifiche al calcolo dell’agevolazione spettante ai soggetti Irpef (imprese individuali e società di persone esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria), individuando due componenti (parzialmente) autonome:

  • una prima legata alla differenza del patrimonio netto nel quinquennio che va dal 31.12.2010 al 31.12.2015;
  • una seconda legata agli incrementi realizzati decorrere dal 1° gennaio 2016, data a partire dalla quale l’agevolazione si comporta con modalità analoghe a quelle previste per i soggetti Ires.

Questa regola si sostituisce a quella molto più semplice e conveniente prevista in precedenza, stabilita dall’abrogato D.M. 14 marzo 2012, secondo la quale il reddito detassato per i soggetti Irpef doveva essere determinato semplicemente applicando il rendimento nozionale al patrimonio netto al termine del periodo d’imposta considerato.

L’incremento patrimoniale

L’aspetto caratterizzante del bonus previsto per imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria è appunto lo stock patrimoniale 2011-2015: si tratta di una componente fissa, nel senso che questa risulterà tendenzialmente costante e non varierà neppure nel calcolo dell’ACE futura, in quanto a modificarsi è esclusivamente l’altro addendo, quello che esprime gli incrementi netti realizzati dal 1° gennaio 2016 in avanti.

Il fatto che sia fissa, non significa che essa non possa essere intaccata: se infatti la seconda componente (incrementi netti) fosse negativa (ossia, se dal 2016 fossero superiori i decrementi rispetto agli incrementi), allora anche la prima componente verrà compressa.

Tale interpretazione viene evidenziata anche nella relazione accompagnatoria: “…l’importo positivo assunto come elemento sub 1) del calcolo dell’ACE risulta assorbibile da futuri decrementi di base ACE generati dal 2016”.

Si pensi ad una società che presenti la seguente situazione:

  • patrimonio netto al 31.12.2010: 100.000;
  • patrimonio netto al 31.12.2015: 150.000;
  • distribuzione di riserve nel corso del 2016: 30.000.

In tal caso la base ACE 2016 è pari a: (150.000 – 100.000) – 30.000 = 20.000.

La riduzione di riserve avvenuta nel 2016 ha intaccato lo stock che, potenzialmente, era quantificato in 50.000.

Va comunque evidenziato che l’individuazione di tale stock può tradursi solo in un vantaggio per il contribuente, ma mai in uno svantaggio. Tale componente, infatti, rileva solo se positiva; pertanto, qualora il patrimonio netto si sia ridotto nel quinquennio 2011-2015, tale riduzione non dovrà essere conteggiata (sarà posta pari a zero, come precisato dalla relazione illustrativa al decreto attuativo) e si terrà conto solo degli incrementi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Una considerazione deve essere riservata anche all’utile dell’esercizio: la norma non precisa se il patrimonio netto al 31.12.2015 e il patrimonio netto al 31.12.2010 debbano essere assunti al netto o al lordo dei relativi utili d’esercizio. Di tale aspetto si occupa il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 8 del decreto, affermando che “il patrimonio netto di cui alla lettera a) del comma 2 include l’utile d’esercizio.”

Pertanto, nella determinazione dello stock, per il calcolo della differenza 2011-2015, tanto il patrimonio netto al 31.12.2010, quanto quello al 31.12.2015, vanno assunti al lordo dell’utile realizzato in tali periodi d’imposta.

Di conseguenza, anche l’utile 2015 concorrerà alla formazione della base ACE, andando a formarne la componente fissa, ossia il primo dei due addendi.

Il nuovo bilancio d’esercizio e le implicazioni fiscali