6 Agosto 2020

Deducibilità delle spese di manutenzione: nuovi profili interpretativi

di Stefano Rossetti
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Il trattamento fiscale delle spese di manutenzione varia in ragione della natura della spesa sostenuta (ordinaria o straordinaria) e del titolo giuridico in base al quale si possiede il bene per cui sono state sostenute le spese (beni propri o beni di terzi).

I costi legati alle manutenzioni straordinarie (ampliamenti, ammodernamenti, sostituzioni che producono un aumento significativo e misurabile di capacità, di produttività o di sicurezza dei cespiti ovvero ne prolunghino la vita utile) se riferiti ad un bene:

  • di proprietà dell’impresa, da un punto di vista contabile, devono essere capitalizzati sul bene ed ammortizzati lungo la sua vita utile (Oic n. 16, p. 49). Sotto il profilo fiscale tali costi, vengono dedotti per il tramite degli ammortamenti tenendo conto dei limiti imposti dall’articolo 102, commi 1 e 2, Tuir (circolare 98/E/2000, circolare 10/E/2005 e circolare 27/E/2005);
  • di cui l’impresa non è proprietaria, devono essere iscritti tra le immobilizzazioni immateriali (migliorie di beni di terzi) ed ammortizzati nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore (Oic 24, p. 76). Dal punto di vista fiscale tali costi sono deducibili ai sensi dell’articolo 108, comma 1, Tuir, per la quota imputabile a ciascun esercizio (risoluzione 400/1983, circolare 27/E/2005, risoluzione 383/E/2007 e risoluzione 179/E/2005).

Diversamente da quanto sopra, i costi relativi alle manutenzioni ordinarie (manutenzioni e riparazioni di natura ricorrente come ad esempio, pulizia, verniciatura, riparazione, sostituzione di parti deteriorate dall’usura, che vengono effettuate per mantenere i cespiti in un buono stato di funzionamento per assicurarne la vita utile prevista, la capacità e la produttività originarie):

  • se riferiti ad un bene di proprietà dell’impresa, devono essere rilevati nel conto economico in cui sono sostenuti. Sotto il profilo fiscale si applica l’articolo 102, comma 6, Tuir, in base al quale le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. Le spese eccedenti il plafond di deducibilità sono deducibili nei 5 periodi d’imposta successivi. Occorre sottolineare che, in deroga alla regola generale sopra descritta, risultano deducibili nell’esercizio di competenza i compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni il cui costo, tra l’altro, non si deve tener conto nella determinazione del plafond di deducibilità;
  • se riferiti ad un bene di cui l’impresa non è proprietaria, devono essere imputati nel conto economico di competenza e dedotti fiscalmente secondo i criteri generali del reddito d’impresa. Infatti a questi costi non si applica la regola dell’articolo 102, comma 6 del Tuir in quanto i beni oggetto di manutenzione, non essendo di proprietà dell’impresa, non sono iscritti nel registro dei cespiti ammortizzabili (risoluzione 2980/1982 e Corte di Cassazione, sentenza n. 1834/2010).

In un contesto giuridicamente consolidato come quello sopra descritto, si sta facendo largo un filone giurisprudenziale, ribadito recentemente dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7532/2020, secondo il quale il disposto dell’articolo 102, comma 6, Tuir può essere applicato anche alle spese di manutenzione straordinaria.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che:

  • in tema di determinazione del reddito d’impresa, le spese sostenute per la manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento di beni strumentali, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo degli stessi, ex articolo 102, comma 6, del Tuir, non assumendo rilevanza, a tal fine, il carattere eccezionale di dette spese”;
  • è principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la citata disposizione normativa «consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati (deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili; deduzione dell’eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi)»”;
  • risulta … errata l’interpretazione adottata dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui le spese di manutenzione sostenute nella specie dalla società contribuente, in quanto straordinarie e come tali di natura incrementativa del valore dei beni immobili interessati, dovevano obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili e dedotti con il meccanismo previsto dall’articolo 102, comma 2, del Tuir e dal D.M. 31.12.1988”.

Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria (vedasi la circolare 98/E/2000 circolare 10/E/2005 e circolare 27/E/2005), secondo la Corte di Cassazione il disposto dell’articolo 102, comma 6, Tuir sembrerebbe applicabile:

  • ai costi legati alle manutenzioni ordinarie in via obbligatoria;
  • ai costi legati alle manutenzioni straordinarie in via opzionale. Infatti, in alternativa, l’impresa potrebbe decidere di capitalizzare i costi sul bene e dedurli per il tramite degli ammortamenti.

A parere di chi scrive, tuttavia, non appare chiaro come si possa coniugare la posizione espressa dalla Suprema Corte con i principi generali del nostro ordinamento e, segnatamente, con il principio di derivazione rafforzata ex articolo 83 Tuir e di previa imputazione al conto economico ex articolo 109, comma 4, Tuir.