19 Febbraio 2019

Da ordinario a forfettario: quando versare l’Iva da rettifica “a sfavore”

di Cristoforo Florio
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Nonostante le nuove cause di esclusione introdotte dalla L. 145/2018 (c.d. “Legge di Bilancio 2019”), l’aumento a 65.000 euro del limite di ricavi/compensi operato dal richiamato provvedimento ha ampliato la platea di soggetti che stanno accedendo al c.d. “regime forfettario”.

Per i soggetti già in attività, il passaggio dal regime Iva ordinario a quello forfettario ha comportato numerosi calcoli di convenienza, tra cui va menzionata la valutazione circa l’impatto economico della rettifica della detrazione Iva, ove sia richiesta ai sensi delle disposizioni di legge vigenti. Infatti, in base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 61, L. 190/2014, il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’Iva al regime forfetario può comportare l’obbligo di operare la rettifica della detrazione Iva ai sensi dell’articolo 19-bis.2  D.P.R. 633/1972.

Nel prosieguo si riepilogano i punti chiave della disciplina in questione, con particolare riguardo alla scadenza e alle modalità di versamento dell’Iva risultante dalla rettifica della detrazione che scaturisce dal suddetto cambio di regime.

Come regola generale è noto che la detrazione dell’Iva viene operata dal contribuente immediatamente al momento dell’acquisto di un bene o di un servizio, in funzione dell’afferenza di questi ultimi ad operazioni soggette ad Iva (o assimilate). Tuttavia, laddove i suddetti beni e servizi siano poi successivamente utilizzati per effettuare operazioni esenti o non soggette ad Iva (fatta eccezione per alcune operazioni “attive” che, pur non recando l’applicazione dell’Iva, non determinano conseguenze sulla detrazione, quali quelle elencate all’articolo 19, comma 3, D.P.R. 633/1972), l’imposta originariamente detratta deve essere, in tutto o in parte, riversata all’Erario, dovendosi rettificare la detrazione a suo tempo effettuata. In sostanza, il meccanismo è finalizzato ad evitare che i suddetti beni e/o servizi arrivino allo stadio del consumo finale senza applicazione dell’Iva.

La rettifica della detrazione Iva ha dunque una funzione “correttiva”, preservando la coerenza tra la detrazione operata dal soggetto passivo al momento dell’acquisto ed il successivo assoggettamento ad Iva delle cessioni/prestazioni effettuate dal medesimo soggetto.

Con specifico riferimento all’ipotesi del passaggio dal regime Iva ordinario al regime forfettario risulta applicabile la tipologia di rettifica della detrazione Iva di cui all’articolo 19-bis.2, comma 3, D.P.R. 633/1972.

In base a tale norma, se intervengono mutamenti nel regime fiscale delle operazioni attive, la rettifica è eseguita limitatamente ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, è eseguita se non sono trascorsi 4 anni (9 anni per i fabbricati e le aree fabbricabili) da quello della loro entrata in funzione.

Il passaggio al forfettario costituisce, per l’appunto, ipotesi di “mutamento nel regime fiscale delle operazioni attive”; il contribuente che abbia optato per tale cambiamento, infatti, non esercita più la rivalsa dell’Iva relativamente alle operazioni attive che effettua (articolo 1, comma 58, L. 190/2014) e, pertanto, deve verificare se riversare, in tutto o in parte, l’Iva precedentemente portata in detrazione.

In particolare, la verifica andrà effettuata relativamente:

  1. ai beni e/o servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati al momento del passaggio al forfettario (si pensi, ad es., alle rimanenze di magazzino oppure ai canoni di leasing anticipati) ed
  2. ai beni ammortizzabili se, al momento del passaggio al forfettario, non è trascorso il quinquennio (decennio in caso di immobili) dalla loro entrata in funzione (anno di entrata in funzione e i 4 anni successivi o, per gli immobili, i 9 anni successivi).

La norma speciale di cui all’articolo 1, comma 61, L. 190/2014 prevede che, in caso di passaggio da regime Iva ordinario a forfettario, la rettifica Iva deve essere operata nella dichiarazione Iva dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie.

Esemplificando, quindi, nel caso di cambio operato a partire dal 2019, la rettifica della detrazione andrà operata relativamente all’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie (nell’esempio proposto, il 2018) e, pertanto, la rettifica andrà effettuata nella dichiarazione Iva relativa a tale periodo (dichiarazione Iva 2019 – periodo 2018).

A questo punto occorre comprendere quale sia il termine per il versamento dell’Iva che scaturisce da tale rettifica.

A tal fine, si consideri preliminarmente il seguente esempio numerico:

  1. Iva a debito 2018 pari a 200;
  2. Iva a credito 2018 pari a 100;
  3. Versamenti Iva 2018 effettuati pari a 100;
  4. Rettifica della detrazione Iva pari a 20 in conseguenza del passaggio dal regime Iva ordinario al regime forfettario a decorrere dal 1° gennaio 2019.

L’importo dell’Iva da rettificare va inserito – con segno negativo – nel rigo VF70 della dichiarazione annuale Iva 2019 – periodo 2018. Tale operazione va a diminuire, cioè, l’ammontare dell’Iva complessivamente detraibile nell’anno, indicata nel successivo rigo VF71 “IVA ammessa in detrazione”.

Dunque, nell’esemplificazione proposta, a seguito della contrapposizione tra l’Iva a debito 2018 (pari a 200) (rigo VL1 “Iva a debito”) e l’Iva complessivamente detraibile 2018 (pari a 80, calcolata come differenza tra Iva detraibile di 100 e rettifica della detrazione di 20) (rigo VL2 “Iva detraibile”), verrà a generarsi un saldo Iva a debito per l’anno 2018 pari a 20, che sarà esposto nel rigo VL38 “Totale iva dovuta” (l’originaria differenza tra Iva a debito, pari a 200, e Iva a credito, pari a 100, è infatti già stata “coperta” dai versamenti 2018 effettuati, pari a 100).

L’Iva da rettifica della detrazione a seguito del passaggio in regime forfettario confluisce, dunque, nel saldo annuale Iva che avrà le consuete modalità di versamento (unica soluzione entro il 16 marzo 2019 oppure a rate maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ogni rata successiva alla prima oppure in unica soluzione entro il 30 giugno con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo oppure, infine, a rate a partire dal 30 giugno, maggiorando dapprima l’importo da versare con lo 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo e quindi aumentando dello 0,33% mensile l’importo di ogni rata successiva alla prima).

L’importo della rettifica da detrazione non assume dunque rilevanza autonoma e, pertanto, non deve essere necessariamente versato in un’unica soluzione ma segue le regole ordinarie di versamento del saldo annuale Iva, come sopra sintetizzate.

Sul punto sarebbe in ogni caso opportuno una conferma ufficiale. Il dubbio sorge, infatti, in quanto la “circolare madre” sui forfettari (circolare AdE 10/E/2016) aveva specificato che la rettifica va eseguita “(…) nella dichiarazione Iva dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie e il versamento dell’eventuale importo a debito va operato in un’unica soluzione (…)”. Tuttavia, tale indicazione non è supportata in alcun modo dalla norma di legge relativa ai forfettari, la quale si limita a prevedere che nel passaggio da regime Iva ordinario al regime forfettario il contribuente deve operare la rettifica della detrazione.

Il passaggio della sopra citata circolare sembra piuttosto un “refuso”, dovuto al richiamo a precedenti normative: in particolare, alle disposizioni relative ai soggetti c.d. “minimi” di cui all’articolo 1, commi da 96 a 117, L. 244/2007 ed ai soggetti nel regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, D.L. 98/2011, per i quali, contrariamente ai forfettari, esistevano due specifiche disposizioni (articolo 1, comma 101, L. 244/2007 e articolo 7, comma 1, lett. f), D.M. 02.01.2008) che prevedevano il versamento dell’Iva da rettifica in conseguenza di passaggio da regime Iva ordinario a regime dei “minimi” in un’unica soluzione ovvero in cinque rate annuali di pari importo senza applicazione degli interessi (da effettuarsi utilizzando l’apposito codice tributo 6497 istituito con la risoluzione  AdE 80/E/2008).

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