15 Febbraio 2021

Bollo sulle fatture elettroniche: prime riflessioni

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

L’Agenzia delle Entrate ha definito le modalità di controllo automatizzato dell’imposta di bollo assolta sulle fatture elettroniche, con dei criteri che non sono apparentemente in linea quanto applicato generalmente dalle aziende, e potenzialmente incompatibili con il diritto comunitario; ad esempio, non viene chiesto il bollo per le operazioni escluse dalla base imponibile ai sensi dell’articolo 15, mentre viene chiesto per le non territoriali ai sensi dell’articolo 7-ter.

L’articolo 13 della Tariffa allegata al D.P.R. 642/1972 prevede che devono essere assoggettati ad imposta di bollo le fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti di importi superiori a 77,47 euro.

Tale norma va coordinata con gli articoli 6 e 15 della tariffa, allegato B, che esentano dall’imposta di bollo le fatture e gli altri documenti riguardanti il pagamento di corrispettivi di operazioni assoggettate ad imposta sul valore aggiunto e le fatture emesse in relazione ad esportazioni di merci; inoltre, l’articolo 66, comma 5, D.L. 331/1993 prevede che la disciplina prevista agli effetti dell’imposta di bollo per le fatture e gli altri documenti relativi alle operazioni di importazione ed esportazione si applica anche alle fatture ed agli altri documenti relativi alle operazioni intracomunitarie.

Premesso ciò, nonostante la “cartolarità” dell’imposta, è stato da subito precisato che la stessa trova applicazione anche nel caso in cui i documenti siano emessi in modalità elettronica e, con particolare riferimento alle fatture elettroniche da inviare tramite SdI, una integrazione al D.M. 17.06.2014 regolò le modalità di pagamento di detta imposta.

In particolare, nel tracciato record in formato Xml della fattura elettronica è previsto un campo per indicare l’assoggettamento ad imposta di bollo della fattura; l’imposta dovuta (calcolata come somma degli importi indicati dal contribuente nel file xml) è da versare alle con cadenze, generalmente trimestrali, all’Agenzia delle Entrate con un F24.

Finora, l’unico controllo effettuato in modo automatizzato dall’Agenzia delle Entrate era quelle di verificare che l’importo versato fosse corrispondente con quanto indicato come dovuto nelle fatture elettroniche emesse dal contribuente; in sostanza, se il contribuente non segnalava l’assoggettamento ad imposta di bollo nel file della fattura elettronica nessun controllo automatizzato intercettava tale errore; la cosa era anche dovuta al fatto che il sistema non era sempre in grado di intercettare i documenti per i quali l’imposta era dovuta e il contribuente non aveva “flaggato” la casella di assoggettamento.

Ora, contestualmente al D.L. 124/2019, che impone all’Agenzia delle Entrate di predisporre in modo automatico le bozze delle Li.Pe. e della dichiarazione Iva, il D.L. 34/2019 impone alla stessa Agenzia delle entrate di integrare le fatture elettroniche che non recano l’assolvimento dell’imposta di bollo, avvalendosi di procedure automatizzate, e, in caso di discordanza, “chiedere” al contribuente il pagamento dell’imposta, di interessi e di sanzioni ridotte, e procedere all’iscrizione a ruolo in caso di omesso pagamento.

A seguito della entrata in vigore delle specifiche tecniche della fattura elettronica 1.6.1, l’Agenzia dispone di maggiori informazioni per l’effettuazione di tale controllo, e con D.M. 04.12.2020 e Provvedimento 04.02.2021, sono state definite le modalità con le quali verranno verificate e quantificate le imposte dovute, verrà consentito al contribuente di integrare le fatture che non riportano l’imposta dovuta, e verranno comunicati al contribuente gli eventuali omessi versamenti.

In particolare, verranno proposti un elenco A, non modificabile, contenente le fatture per le quali il contribuente aveva “flaggato” l’obbligo di assoggettamento a bollo, ed un elenco B, relativo a fatture per le quali il campo non è stato “flaggato”, ma l’Agenzia ritiene che l’imposta sia dovuta; detto elenco è modificabile dal contribuente, il quale può indicare gli estremi delle fatture che ritiene inserite erroneamente nell’elenco, cioè quelle che, per i controlli automatici dell’Agenzia, devono recare l’indicazione del bollo, ma ad avviso del contribuente ne sono escluse. Analogamente, il contribuente può inserire delle fatture, originariamente non assoggettate, che sono “sfuggite” ai controlli automatici.

Ciò premesso, le specifiche tecniche prevedono l’assoggettamento a bollo delle fatture che riportino importi complessivi superiori ad euro 77,47, di operazioni la cui “natura” sia N2.1, N2.2, N3.5, N3.6, ed N4, e cioè operazioni escluse, esenti, non imponibili a seguito di dichiarazione di intento e non imponibili che non formano il plafond.

Entrando nel dettaglio, evidenziamo che il controllo automatico non include le operazioni non imponibili assimilate alle esportazioni (quali ad esempio quelle con la non imponibilità articolo 9, che sono escluse da bollo solo se connesse ad esportazioni), e quelle escluse ai sensi dell’articolo 15; circa il loro non assoggettamento ad imposta di bollo, si era pronunciato il Consiglio Nazionale del Notariato, con Studio 184-2019/T, ma molti software le hanno sempre inserite.

Ad avviso di chi scrive, vi sono delle situazioni per le quali il bollo non ha senso che sia apposto, in quanto non si è in presenza di “addebitamenti o accreditamenti”, ma della sola indicazione statistica di alcuni valori (imballaggi a rendere o valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono).

Il software dell’Agenzia includerà tutte le operazioni escluse da Iva, ricadenti nei codici N2.1 ed N2.2.

Con particolare riferimento alle operazioni mancanti del requisito territoriale ai sensi dell’articolo 7-ter, emesse nei confronti dei soggetti comunitari, l’assoggettamento ad imposta di bollo prevista dalle specifiche tecniche creerà sicuramente qualche problema; in primo luogo perché, seguendo le indicazioni della stessa Agenzia delle Entrate, le stesse sono state finora trattate come operazioni in inversione contabile, e quindi non assoggettate a bollo.

Posto che in fattura, a norma dell’articolo 21 del Decreto Iva, deve essere indicata l’annotazione “inversione contabile”, con le vecchie specifiche tecniche le stesse venivano infatti codificate con il codice “N6”, mentre ora l’Agenzia ha chiarito che le stesse vanno codificate in N2.1.

Ad avviso di chi scrive, però, l’assoggettamento di tali operazioni ad imposta di bollo sembra essere in contrasto con l’articolo 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che vieta di introdurre limitazioni a prestatori che vogliano svolgere le proprie prestazioni di servizi in altri Paesi dell’Unione, e a cittadini che vogliano usufruire di prestazioni di servizi da prestatori di altri Paesi della UE.

In sostanza, la domanda alla quale chi scrive sembra non trovare logica comunitaria è: perché se presto un servizio ad un tedesco devo essere assoggettato a bollo, mentre se lo stesso servizio lo presto ad un italiano non sono soggetto a tale imposta?

Oppure, considerato il normale processo economico di traslazione dell’imposta, la domanda è: perché un cittadino comunitario deve essere assoggettato ad una imposta che il cittadino italiano non paga?

Ad esempio, in tempi relativamente recenti la Corte non ha giudicato compatibile con il Trattato la legge tedesca che – con un’alchimia giuridica – prevedeva che gli unici soggetti tenuti a pagare una tassa per l’utilizzo delle autostrade (Vignette) sarebbero stati gli stranieri.