L’integrazione dei motivi di ricorso: linea del Piave contro la sentenza in forma semplificata
di Silvio RivettiNel giudizio di I° grado, la presentazione da parte del ricorrente, tipicamente nel corpo del ricorso introduttivo, dell’istanza di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, ai sensi dell’articolo 47, D.Lgs. 546/1992, espone il ricorrente all’applicazione a suo svantaggio, da parte del giudice, dei nuovi meccanismi di “abbreviazione del processo” introdotti dalla riforma fiscale.
L’articolo 1, comma 1, lettera t), D.Lgs 220/2023, recante la riforma del processo tributario, ha infatti inserito nel codice del rito tributario, D.Lgs. 546/1992, il nuovo articolo 47-ter, il cui disposto ammette ora il giudice, in sede decisionale del sub-procedimento cautelare ex articolo 47 citato, a definire direttamente il giudizio a mezzo di sentenza in forma semplificata, a scapito della trattazione della causa nella sua sede naturale (l’udienza di trattazione di cui all’articolo 34, D.Lgs. 546/1992), nonché a scapito dell’espletamento di quegli ulteriori passaggi procedurali che normalmente arricchiscono il rito tributario e consentono alle parti di esplicare più efficacemente le proprie strategie difensive (con il deposito di documenti e lo scambio di memorie illustrative, nel rispetto dei termini dei venti e dei dieci giorni liberi prima dell’udienza stessa, come previsto ai sensi dell’articolo 32, D.Lgs. 546/1992).
La scelta di ricorrere alla sentenza in forma semplificata, da parte del giudice, è tuttavia ammessa solo al ricorrere di una duplice tipologia di presupposti, come delineati dall’articolo 47-ter stesso, segnatamente di tipo formale/procedurale da un lato, e di tipo sostanziale/di merito dall’altro.
Quanto ai requisiti rilevanti da un punto di vista procedurale, il giudice può accorciare i tempi del processo e adottare la sentenza semplificata a un triplice condizione. In primo luogo, occorre che la camera di consiglio in cui si discute della sospensiva abbia luogo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso; secondariamente, non deve trattarsi di camera di consiglio concernente l’esame di un reclamo riguardante una previa decisione in punto sospensiva, circostanza che potrebbe delinearsi allorché, nel contesto di un giudizio di I° grado dal valore di lite inferiore a 5.000 euro, quindi rimesso alla decisione del giudice monocratico (ai sensi dell’articolo 4-bis, D.Lgs. 546/1992), la decisione di quest’ultimo a proposito dell’istanza cautelare sottoposta al suo vaglio venga impugnata, appunto a mezzo reclamo, dalla parte soccombente innanzi alla medesima Corte di Giustizia Tributaria, in composizione collegiale (ai sensi dell’articolo 47, comma 4, D.Lgs. 546/1992).
In terzo luogo, e infine, è richiesto che il giudicante, laddove incline a decapitare il processo della sua udienza di trattazione, abbia accertato “la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria”: ossia abbia acclarato che le parti abbiano correttamente dedotto e controdedotto sui fatti del giudizio, riversando nel processo sufficienti elementi probatori a sostegno delle proprie posizioni.
Venendo, invece, alle condizioni di tipo sostanziale, necessarie ai fini dell’adozione del rito abbreviato e della statuizione semplificata, è richiesto che il giudice sia in grado di motivare le ragioni della sua decisione – succintamente, stando al comma 3 dell’articolo 47-ter – in termini di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, ovvero di inammissibilità o improcedibilità del medesimo.
Esclusa la condizione di improcedibilità del ricorso, che non è più contestabile in quanto espunta dal codice di rito (si diceva, infatti, improcedibile il ricorso presentato senza rispettare la procedura della mediazione tributaria obbligatoria ex articolo 17-bis, D.Lgs. 546/1992, sino a che l’istituto non è stato abrogato dal D.Lgs 220/2023), appare evidente come la sentenza semplificata presupponga l’intervenuta decisione nel merito della vertenza, in punto di chiara fondatezza o infondatezza del ricorso; con un “margine di rischio” persino maggiore in capo al ricorrente, potendosi valorizzare, ai fini di cui si discute, anche i potenziali profili di inammissibilità del ricorso.
Da quanto sopra, appare allora chiaro come i nuovi meccanismi di semplificazione (e compressione del processo tributario) militino concordemente a sfavore dei ricorrenti e dei loro sforzi per contrastare le pretese impositive su di essi incombenti, rimuovendo la possibilità, altrimenti loro concessa dal canonico svolgimento del rito, di poter imbastire una minima linea di strategia processuale, depositando documenti all’ultimo momento utile o replicando in extremis alle deduzioni di parte pubblica.
Se così è, ogni sforzo appare, dunque, opportuno, da parte dei contribuenti, per impedire al giudice di addivenire a sentenza breve. In questa prospettiva, è allora da valorizzare una delle più evidenti facoltà riconosciuta alla parte privata, da parte dell’articolo 47-ter, per escludere il rito abbreviato: la dichiarazione di voler proporre motivi aggiunti ex articolo 24, comma 2, D.Lgs. 546/1992, a fronte del deposito, da parte degli uffici resistenti, di documenti “non conosciuti”. Considerando che alle parti del processo tributario non è dato ampliare l’oggetto del contendere a mezzo di produzioni documentali eccentriche rispetto ai confini del processo stesso, che sono tracciati ricalcando il contenuto dell’atto impositivo – in termini di relativa contestazione da parte del ricorrente, a mezzo dei motivi di ricorso; e di relativa difesa da parte dell’ente impositore, a mezzo delle controdeduzioni – appare allora evidente come qualunque documento nuovo e mai conosciuto prima dal ricorrente, depositato in giudizio da parte dell’ufficio con le sue controdeduzioni, possa giustificare la richiesta di proposizione di motivi aggiunti in sede di successiva udienza di sospensiva, “in odor di rito abbreviato”: una richiesta, in particolare, da intendersi come volta all’introduzione non tanto di motivi di ricorso integralmente “nuovi”, quanto di argomenti di migliore esplicazione e integrazione dei motivi di ricorso già spesi, ora da deflettere in relazione alle nuove produzioni documentali sopravvenute. Quanto precede può costituire corretto presupposto per l’integrazione dei motivi e quindi consentire, ai sensi dell’articolo 47-ter, la concessione di un rinvio funzionale a permetterne la proposizione, con contestuale fissazione della data per il prosieguo della trattazione.