4 Settembre 2020

Le istruzioni infrangono il sogno del credito di imposta sui dividendi soggetti al 26%

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Esiste un problema spinoso che coinvolge la tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche fiscalmente residenti in Italia soggetti alla tassazione del 26%. Ipotizziamo il caso di una persona fisica residente fiscalmente in Italia che percepisce dividendi da una società estera che non è considerata paradisiaca. Si ipotizzi, per fare un esempio, il caso di una società lussemburghese.

La convenzione tra Italia e Lussemburgo prevede l’applicazione di una tassazione (generalmente operata sotto forma di ritenuta) del 15%. Se il dividendo ammonta a 100, la ritenuta ammonterà a 15 ed il netto frontiera 85.

Si suppone, inoltre di dover applicare la tassazione sostitutiva del 26%. Potrebbe essere il caso di una partecipazione non qualificata o di una partecipazione qualificata ma relativamente agli utili maturati dal 2018.

Il primo problema è quello di valutare se la tassazione del 26% debba avvenire su 100 (lordo frontiera) o sul netto di 85 (netto frontiera).

La tesi del netto frontiera appare quella più coerente per una serie di ragioni.

Innanzitutto, come chiarito nella circolare AdE 26/E/2004, nel caso in cui intervenga un intermediario nella riscossione (ad esempio una fiduciaria), la ritenuta del 26% dovrà essere operata nel netto frontiera. Non vi è ragione di discriminare la partecipazione detenuta direttamente dal contribuente rispetto a quella detenuta attraverso la fiduciaria.

Ma vi è di più. Siccome l’Agenzia delle Entrate ha tradizionalmente sostenuto che dalle imposte sostitutive come quella in discorso non è scomputabile un credito di imposta a fronte delle ritenute estere, l’applicazione della tassazione sostitutiva sul netto frontiera attenua, seppur leggermente, la doppia imposizione.

Purtroppo, l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate risulta essere di segno opposto.

Nella parte conclusiva della risoluzione AdE 80/E/2007, in relazione ai dividendi non qualificati, l’Agenzia ha precisato che “nel caso in cui l’utile distribuito dall’Ente non residente non dovesse transitare per il tramite di un intermediario residente in Italia, il relativo reddito dovrà essere assoggettato ad imposizione sostitutiva del 12,50 per cento (senza possibilità di optare per il regime della dichiarazione ex articolo 18, comma 1, Tuir né di utilizzare il credito d’imposta di cui all’articolo 165 del Tuir) al lordo delle eventuali ritenute subite nello Stato estero”.

Sulla stessa scia si pongono anche le istruzioni al quadro RM del Modello Redditi Persone fisiche che, in relazione al rigo RM12 che accoglie i dividendi esteri a tassazione sostitutiva, affermano che nella colonna 3 si deve indicare l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto.

La conseguenza di questo approccio è evidente. Se viene applicata nel Paese della fonte una ritenuta del 15%, la tassazione complessiva si attesterà sul 41% (=26% + 15%).

Tuttavia, una novità di significativo rilievo si è rinvenuta nelle Modello Redditi 2020 per il 2019 e nelle relative istruzioni, nella prima versione diramata a fine gennaio 2020, con l’inserimento di una colonna – la colonna 5 del rigo RM12 – in cui indicare, ai fini dello scomputo, l’imposta estera. Tale circostanza, di conseguenza, tendeva a sfumare il tema del lordo o del netto frontiera.

Con il credito di imposta, infatti, indicando il lordo frontiera, si otteneva una tassazione complessiva del 26% in quanto la ritenuta estera scomputata è generalmente di ammontare inferiore.

Purtroppo il sogno si è infranto in quanto con la versione successiva delle istruzioni e del Modello diramate il 27 aprile 2020.

In tale versione la colonna 5 del rigo RM12 è stata riservata al caso del credito IVCA ossia a fronte dell’imposta sui contratti assicurativi detenuti all’estero.

Senza approfondire il caso di specie, non possiamo che lamentare la mancata inversione dell’Ufficio.

La tesi sostenuta dall’Agenzia trova una importante conferma nella lettera dell’articolo 18 del Tuir; tuttavia, non si può trascurare che, in ipotesi di ritenuta estera del 15%, si configura un prelievo che potrebbe risultare addirittura più oneroso rispetto a quello previsto per i dividendi paradisiaci, i quali concorrono integralmente a tassazione ai fini Irpef.

Tale aspetto risulta palesemente in conflitto con le libertà statuite dal Trattato istitutivo della CEE.