16 Maggio 2018

La detrazione Irpef del 19% per spese di intermediazione immobiliare

di Gennaro Napolitano
Scarica in PDF

Le spese sostenute per l’attività di intermediazione immobiliare finalizzata all’acquisto dell’abitazione principale danno diritto a una detrazione Irpef del 19%. L’articolo 15, comma 1, lett. b-bis), Tuir, infatti, prevede la detraibilità dei “compensi comunque denominati pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza dell’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale per un importo non superiore a euro 1.000 per ciascuna annualità”.

Questa ipotesi di detrazione, operativa dal 1° gennaio 2007, è stata introdotta dall’articolo 35, comma 22-bis, D.L. 223/2006 ed è strettamente collegata a quanto stabilito dal precedente comma 22 della medesima disposizione. Quest’ultimo, infatti, ha previsto, a carico delle parti che pongono in essere cessioni di beni immobili, l’obbligo di rendere, all’atto della cessione (anche se assoggettata a Iva), apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l’indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Ciascuna delle parti, inoltre, è tenuta a dichiarare se si è avvalsa di un mediatore e, in caso affermativo, a fornirne i dati identificativi e il codice fiscale (o la partita Iva). Inoltre, le parti sono tenute a indicare l’ammontare della spesa sostenuta per l’attività di intermediazione e le relative modalità di pagamento.

Ai fini della detrazione, per intermediari immobiliari si intendono coloro che esercitano “l’attività di mediazione nel ramo immobiliare” come disciplinata dalla L. 39/1989. Di conseguenza, “i compensi corrisposti a mediatori creditizi per l’attività di intermediazione nella stipula dell’eventuale contratto di mutuo tra acquirente e istituto di credito esulano dall’ambito della detrazione in esame” (circolare AdE 7/E/2018).

Dalla lettura dell’articolo 15, comma 1, lett. b-bis) Tuir si evince che si ha diritto alla detrazione a condizione che l’immobile acquistato sia adibito ad abitazione principale, intesa come quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. La sussistenza del requisito in esame può essere dimostrata attraverso le risultanze dei registri anagrafici oppure mediante autocertificazione, con cui, peraltro, è possibile attestare che si ha la dimora abituale in luogo diverso da quello in cui si ha la residenza; la prima, infatti, può non coincidere con la seconda. In ogni caso, l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto (circolare AdE 19/E/2012, paragrafo 5.2).

La detrazione spetta anche per l’acquisto di diritti reali diversi dalla piena proprietà (ad esempio, l’usufrutto), a patto, però, che l’immobile sia comunque adibito ad abitazione principale.

Condizione indispensabile per fruire della detrazione è che l’acquisto sia effettivamente concluso; in caso di acquisto non andato a buon fine, quindi, non si ha diritto all’agevolazione. In questa ipotesi, il contribuente è tenuto a restituire la detrazione eventualmente fruita e il relativo importo sarà assoggettato a tassazione separata (circolare AdE 34/E/2008, paragrafo 13.1 e circolare AdE 7/E/2018).

Ha diritto alla detrazione anche il promissario acquirente che, all’atto della stipula del contratto preliminare di vendita, abbia pagato il compenso all’agente immobiliare. È necessario, tuttavia, che il compromesso di vendita sia stato regolarmente registrato: con la registrazione, infatti, le parti formalizzano l’impegno a sottoscrivere il successivo contratto definitivo di acquisto. Come noto, peraltro, quello preliminare è un contratto a effetti obbligatori e non reali: il promissario acquirente diventa proprietario solo con la stipula del contratto definitivo. Ne consegue che se quest’ultimo non viene sottoscritto, il promissario acquirente, che medio tempore ha usufruito della detrazione, sarà tenuto a restituirla, assoggettando a tassazione separata il relativo importo (risoluzione AdE 26/E/2009). Tuttavia, come ha recentemente chiarito l’Agenzia delle entrate, “la detrazione è riconosciuta anche nel caso in cui le spese per intermediazione immobiliare siano sostenute nell’anno precedente la stipula del preliminare (ad esempio, al momento dell’accettazione della proposta di acquisto) a condizione che alla data di presentazione della dichiarazione in cui la detrazione è fatta valere risulti stipulato e registrato il preliminare di vendita o il rogito” (circolare AdE 7/E/2018).

La detrazione “si esaurisce in un unico anno di imposta” e opera su un importo non superiore a 1.000 euro. Quest’ultimo rappresenta il limite massimo cui commisurare l’agevolazione, in relazione all’intera spesa sostenuta. L’importo massimo detraibile, quindi, ammonta a 190 euro.

Beneficiario della detrazione è l’acquirente dell’immobile. Di contro, dell’agevolazione non può beneficiare il venditoreanche se ha corrisposto la relativa provvigione all’intermediario immobiliare”. Inoltre, la detrazione non compete per le spese sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.

Nel caso di acquisto effettuato da più proprietari, la detrazione, fermo restando il limite dei 1.000 euro, deve essere ripartita pro-quota tra i comproprietari in ragione della rispettiva percentuale di proprietà (circolare AdE 28/E/2006, paragrafo 13). In ogni caso, la fattura rilasciata dall’agente immobiliare deve essere intestata ad almeno uno dei comproprietari. La fattura intestata a uno solo dei proprietari va integrata con i dati anagrafici del comproprietario non indicato. Se, invece, la fattura è intestata al proprietario e a un altro soggetto (non proprietario), il primo può detrarre l’intero importo a patto che sul documento si specifichi che l’onere per l’intermediazione è stato da lui interamente sostenuto. Infine, se la fattura è intestata solo a un soggetto che non sia proprietario dell’immobile, le spese sostenute per l’intermediazione non possono essere detratte dal proprietario (circolare AdE 20/E/2011, paragrafo 5.8).

La compilazione del quadro RW 2022