29 Aprile 2019

Il difficile rapporto tra il codice del terzo settore e l’articolo 38 cod. civ.

di Guido MartinelliMarilisa Rogolino
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È noto come la Giurisprudenza della Corte di Cassazione riconduca la responsabilità solidale, personale e illimitata, ex lege prevista dall’articolo 38 cod. civ., a carico di chi assume obbligazioni in nome e per conto di una associazione non riconosciuta, alla esigenza di tutela del creditore. Ciò in considerazione della mancanza, per tale tipo di enti, di un sistema di pubblicità legale che consenta di riconoscere il soggetto titolare di rappresentanza dell’ente.

Il presupposto giustificativo della responsabilità personale della persona fisica agente risiederebbe nell’affidamento dei terzi contraenti esclusivamente sulla solvibilità e sul patrimonio del soggetto che agisce in nome per conto dell’associazione non potendo ottenere alcuna informazione, per assenza di iscrizione in pubblici registri, sui poteri di rappresentanza e patrimoniali dell’ente.

Pertanto, ai sensi di quanto previsto dal nostro codice civile, il terzo creditore di una associazione non riconosciuta ha titolo per agire, a sua discrezione, nei confronti del patrimonio della associazione o, alternativamente, nei confronti del patrimonio della persona fisica che abbia esternato la volontà dell’associazione ad obbligarsi.

Ci si chiede se la conclusione muta dopo l’intervento ad opera del D.Lgs. 117/2017 (c.d. “codice del terzo settore”), che, all’articolo 26, comma 6, introduce un sistema di pubblicità “legale” anche per le associazioni non riconosciute che siano diventati enti del terzo settore, attraverso  l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore con l’indicazione degli amministratori cui è attribuita la rappresentanza dell’ente  e le limitazioni a tale potere “non opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.”

In primo luogo va segnalato che l’introduzione di un sistema di pubblicità della rappresentanza delle associazioni iscritte al terzo settore farebbe venire meno la ragione della norma inserita nel codice civile o, comunque, del risultato che la norma intende assicurare, atteso che l’articolo 38 cod. civ. si applica a tutte le associazioni non riconosciute, quindi in ipotesi anche alle associazioni non riconosciute iscritte al Runts.

In linea di principio non basta il venire meno dell’interesse astrattamente protetto dalla norma per ammetterne la disapplicazione o far venire meno la norma; tuttavia, la espressa previsione, nel codice del terzo settore, della disposizione in esame, tenuto conto del noto canone ermeneutico ubi  lex voluit dixit, dimostra che il legislatore ha voluto disciplinare con diversità di ratio una particolare fattispecie associativa.

Non si tratta di contrasto fra norme contemporaneamente vigenti, dal momento che l’enunciato di cui all’articolo 26 c.t.s. trova applicazione per quelle categorie di enti tra cui “le associazioni non riconosciute iscritte”.

L’opzione legislativa pare interpretabile come la tipizzazione di alcune formazioni non profit che chiedono di essere iscritte nel registro e di godere dell’attribuzione di “ente del terzo settore”, quindi associazioni non riconosciute del terzo settore, ovvero enti con caratteristiche compatibili con il tipo legale distinti dalla mera fattispecie di cui al primo libro del codice civile.

Se così è, non si tratta di antinomia tra l’articolo 38 cod. civ. e l’articolo 26 c.t.s. ma di disciplina “autorizzata” di determinati rapporti in materia regolata da legge.

Ma tanto significa che muta il quadro della responsabilità dell’ente del terzo settore costituito in forma di associazione non riconosciuta e degli amministratori; il sistema relativo è contiguo a quello delle associazioni riconosciute.

Ne consegue che il potere di rappresentanza di una associazione non riconosciuta, iscritta al Runts, è di carattere generale, fatti salvi eventuali limiti determinati dall’assemblea e indicati nel Registro.

Pertanto l’interpretazione letterale della norma porta a sostenere che l’amministratore di un ente del terzo settore costituito in forma di associazione non riconosciuta non impegna l’ente nel caso in cui agisca eccedendo dai poteri ” iscritti” o in caso di dolo dei terzi.

La violazione delle limitazioni conoscibili dai terzi attraverso il sistema di pubblicità produce effetti sulla validità e l’efficacia degli atti compiuti che non vincolano l’ente e costituiscono il presupposto di un’azione di responsabilità.

Ne consegue che il patrimonio di un ente del terzo settore costituito ai sensi degli articoli 36 e ss cod. civ. non risulta aggredibile dal terzo creditore la cui fonte dell’obbligazione risalga ad un atto di un amministratore privo dei poteri di rappresentanza, circostanza nota al creditore o che il creditore ben poteva verificare con una semplice visura nel registro.

Si ritiene, a maggior ragione, che tale specifica possa valere anche per le obbligazioni assunte dall’associato non amministratore.

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