31 Dicembre 2015

Le quote dei corsi sportivi: esenti o escluse da Iva? (II parte)

di Guido Martinelli
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In ambito sportivo, il problema della presa d’atto pubblicistica, al fine di ottenere il diritto ad operare in esenzione da Iva per l’attività didattica, è stato più volte affrontato dalla prassi amministrativa che ha sempre ritenuto che essa potesse essere “effettuata anche dalle Federazioni sportive, organi del Coni, sottoposte alla vigilanza del Ministero dei beni e attività culturali, già Ministero del turismo e dello spettacolo“.

Va tuttavia osservato che quanto detto parte da una considerazione: le Federazioni sportive nazionali, in quanto “organi” del Coni, hanno natura pubblica e, pertanto, possono essere considerate pubbliche Amministrazioni al fine della identificazione della fattispecie prevista dal decreto istitutivo dell’Iva.

Fatta questa premessa proviamo ad esaminare la cronistoria della prassi amministrativa sul punto. Il primo documento risale ad una vecchia risoluzione sulle scuole di sci (risoluzione 13/03/1973 n. 525996 Min. Finanze – Tasse e Imposte indirette sugli affari) cui fece seguito un ulteriore documento in materia di Iva sulle prestazioni rese dalle scuole di pilotaggio e di addestramento al volo (risoluzione 17/05/1977 n. 361488 Min. Finanze – Tasse e imposte indirette sugli affari).

Successivamente il Ministero, con propria risoluzione del 21/11/1977 n. 362614, confermò la possibilità di operare in esenzione da Iva ex art. 10 d.p.r. 633/72 purchè la scuola (nel caso di specie di sci) abbia ottenuto il riconoscimento come tale: “da parte della Fisi, organo del Coni, il quale è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Turismo e dello spettacolo”. Stesso principio, applicato questa volta al tennis, viene confermato nella risoluzione del 13/04/1978 n. 360751. Il riconoscimento operato dalla Federazione Italiana Tennis (“organo del Coni”) vale come presa d’atto di natura pubblica dello svolgimento dell’attività didattica.

Il 26/05/1978, con la risoluzione n. 361426, e il 30/12/1993, con la n. 551, il Ministero torna sulle scuole di sci ma conferma lo svolgimento dell’attività esente in quanto l’attività è riconosciuta dalla Federazione Italiana Sport Invernali “organo del Coni il quale è sottoposto per legge alla vigilanza del Ministero del Turismo e dello spettacolo”.

Arrivando alle posizioni poi assunte dalla Agenzia delle entrate, questa, con propria risoluzione n. 205/E del 24 giugno 2002, fa propria la tesi dell’applicabilità dell’art. 10 in virtù della possibilità che il riconoscimento possa “essere effettuato anche dalle Federazioni sportive organi del Coni, sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e attività culturali, già Ministero del turismo e spettacolo” ma, nel caso specifico, lo esclude in quanto il soggetto in esame era affiliato ma non aveva ottenuto dalla Federazione l’espresso riconoscimento della propria scuola sportiva.

L’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 382/E del 14 ottobre 2008, secondo cui gli enti di promozione sportiva “non sono riconosciuti da un soggetto pubblico con le modalità previste per la specifica attività svolta né risultano specificatamente approvati e finanziati da enti pubblici“, ne esclude, invece, l’applicabilità nel caso in cui manchi il riconoscimento della attività didattica da parte di una Federazione sportiva nazionale.

Pertanto, per i corsi didattici sportivi riconosciuti dall’Ente di promozione sportiva, effettuati dalle associazioni e società sportive dilettantistiche ad esso affiliate non è possibile applicare l’esenzione dall’Iva.

Esaminata la prassi amministrativa sul tema, si rileva che tutti i documenti si fondano sul presupposto che il riconoscimento pubblicistico derivi dalla Federazione sportiva in quanto organo Coni.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242 (c.d. “decreto Melandri”), le Federazioni sportive nazionali hanno perso la loro natura di organi del Coni e acquisito natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato (art. 15 co. 2).

Ne deriva che l’affermazione, contenuta nelle risoluzioni citate, che le Federazioni sportive siano organi del Coni, non corrisponde più al quadro normativo di riferimento.

Ci si chiede, pertanto, se il consolidato orientamento ministeriale possa mantenere la sua validità nel mutato quadro normativo.

La risposta, in senso positivo a parere dello scrivente, va rinvenuta nello Statuto del CONI.

A norma dell’art 6, comma 4 lettera h), il Consiglio Nazionale, quale massimo organo rappresentativo dello sport italiano, “delibera con facoltà di delega alle Federazioni sportive nazionali, o alle Discipline sportive associate, o agli Enti di promozione sportiva, in ordine ai provvedimenti di riconoscimento ai fini sportivi delle società ed associazioni sportive”.

Ciò porta ad ipotizzare che il riconoscimento dell’appartenenza all’ordinamento sportivo, anche se svolto dalle Federazioni di appartenenza, debba ritenersi e sia riconducibile direttamente all’ente pubblico Coni e, pertanto, mantenga una veste pubblicistica.