31 Maggio 2019

Imprenditori agricoli: inquadramento Inps e vendita al dettaglio

di Luigi Scappini
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L’Inps con la circolare n. 76 del 22 maggio 2019, ha precisato che le novità introdotte in tema di vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli non incidono sul corretto inquadramento previdenziale.

L’Istituto ha confermato che le aziende che svolgono, parallelamente all’attività agricola principale quella di vendita al dettaglio di prodotti aziendali e non, continuano a essere assoggettate alla contribuzione agricola unificata.

Tale possibilità di procedere a un’attività che ha le caratteristiche della commercialità, ma che per finzione giuridica viene considerata quale connessa a quella agricola, è stata introdotta con la riforma del 2001, e più precisamente a mezzo dell’articolo 4 D.Lgs. 228/2001, con cui è stata data la possibilità all’imprenditore agricolo di presentarsi direttamente sul mercato, potendo procedere alla vendita, esclusivamente al dettaglio, dei propri prodotti derogando alle ordinare regole amministrative del commercio e operando in zona agricola.

Tale possibilità deve essere letta in stretta connessione con la possibilità concessa all’imprenditore agricolo di procedere a una lavorazione della propria materia prima che deve trovare il logico e naturale sbocco nella valorizzazione e commercializzazione dei prodotti ottenuti che rimangono agricoli.

Nel tempo, l’articolo 4 D.Lgs. 228/2001 ha subito alcune modifiche, da ultimo con la Legge di Bilancio 2019.

Ed è su tale novità che l’Inps ha ritenuto di intervenire per precisare che la modifica apportata non comporta un differente inquadramento ai fini previdenziali.

Il chiarimento si è ritenuto necessario in quanto la novità apportata con l’articolo 1, comma 700, L. 145/2018, in vigore dal 1° gennaio di quest’anno, rispetto alle modifiche precedenti ha un impatto significativo che, a parere di chi scrive, necessita ancora di chiarimenti.

Il perimetro entro il quale l’imprenditore agricolo adesso può operare si è, infatti, ulteriormente allargato.

Già con l’introduzione dell’articolo 4 D.Lgs. 228/2001 si era assistito a un’importante novità, consistente nella possibilità di procedere alla commercializzazione non solo dei propri prodotti ma anche,  come previsto dal comma 5, di  prodotti ottenuti dalle attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli propri, nonché di prodotti agricoli acquistati da soggetti terzi e appartenenti allo stesso settore merceologico, il tutto fermo restando il rispetto del principio cardine della prevalenza (cfr. risoluzioni Mise n. 81039/2016 e n. 169670/2017).

L’articolo 4, tuttavia, limitava la possibilità di cedere prodotti attinenti al proprio settore merceologico; per fare un esempio, fermo restando la possibilità per un allevatore di maiali di vendere nel proprio punto aziendale dedicato non solo salami, ma anche vino, le regole derogatorie si possono (potevano) applicare solo per i prodotti strettamente attinenti all’attività svolta.

Tale quadro viene modificato dall’articolo 1, comma 700, L. 145/2018, il quale, introducendo il comma 1-bis nell’articolo 4, amplia ulteriormente lo spazio di manovra degli imprenditori agricoli che adesso “possono altresì vendere direttamente al dettaglio in tutto il territorio della Repubblica i prodotti agricoli e alimentari, appartenenti ad uno o più comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti della propria azienda, purché direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli. Il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti provenienti dalle rispettive aziende deve essere prevalente rispetto al fatturato proveniente dal totale dei prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli”.

Quindi, da adesso il produttore agricolo può effettuare una vendita, sempre al dettaglio, in zona agricola anche di prodotti che, pur essendo anch’essi agricoli, esulano dal proprio comparto merceologico.

Ecco che allora, ad esempio, si potranno sviluppare sempre più le cd. agrimacellerie dove, oltre alla carne, si potranno acquistare formaggi, vino e quant’altro.

Da qui l’intervento dell’Inps poiché appare sempre più evidente come il nostro agricoltore assomigli sempre più, nel momento in cui attiva la possibilità concessa dal comma 700, a un vero e proprio commerciante.

A dire il vero, per poter azionare l’articolo 4 D.Lgs. 228/2001, bisogna sempre essere imprenditori agricoli con conseguente assoggettamento, ai fini previdenziali, a contribuzione agricola unificata, come del resto confermato nella circolare 76/2019.

Con l’occasione l’Istituto ha precisato le modalità di compilazione della D.A. (Denuncia Aziendale), soprattutto per quanto riguarda il campo relativo al fabbisogno aziendale.

Nel quadro E dovranno essere indicate le giornate lavorative necessarie per l’attività principale (coltivazione e allevamento), mentre quelle inerenti la vendita al dettaglio vanno indicate nel campo “NOTE” del modello.

I principi di revisione nazionali