29 Maggio 2020

Esenzione Imu per il settore turistico

di Fabio Garrini
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La scheda di FISCOPRATICO

Il Decreto Rilancio interviene anche in tema di tributi locali; era atteso un rinvio generalizzato della prima rata di acconto dell’Imu a dopo l’estate, rinvio che invece non è stato disposto (anche se, va segnalato, diversi enti stanno approvando rinvii di versamento, anche in maniera selettiva facendo riferimento alle sole attività che hanno subito un calo di fatturato).

Si è invece scelto di concentrare l’attenzione su uno dei settori più compiti dalla crisi: tra le disposizioni a sostegno del settore turistico, l’articolo 177 D.L. 34/2020 introduce l’esonero dal versamento della prima rata Imu 2020.

Tale vantaggio riguarda, prima di tutto, gli alberghi (che evidentemente sono le strutture che presentano un carico tributario maggiore in relazione all’imposta municipale), ma si estende anche ad altre tipologie di fabbricati impiegati nell’attività turistico-ricettiva.

L’esenzione

L’articolo 177, comma 1, del Decreto rilancio introduce un’esenzione dalla prima rata Imu relativa al periodo d’imposta 2020 per:

  1. gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonché gli immobili degli stabilimenti termali;
  2. gli immobili rientranti nella categoria catastale D/2 e gli immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate.

Il primo aspetto che va osservato è la stranezza di un’esenzione che riguardi una rata che, come noto, è versata a titolo di acconto; l’imposta viene infatti conguagliata a saldo entro il 16 dicembre scomputando quanto versato nella precedente scadenza di giugno, secondo quanto previsto dal comma 762 dell’articolo 1 L. 160/2019 (la disciplina Imu è stata riscritta con decorrenza dal 2020, incorporando la Tasi).

Letteralmente, pertanto, l’imposta dovrebbe essere versata interamente a saldo; ciò posto, dalla lettura della relazione illustrativa, che parla di “abolizione del versamento”, si arriva ad una diversa conclusione.

Tale importo, infatti, non dovrebbe essere semplicemente rinviato, ma, al contrario, dovrebbe essere “abbuonato” (e in tal senso depongono anche gli importanti stanziamenti previsti per la copertura di tale disposizione).

A questo punto il saldo si dovrà presumibilmente calcolare in maniera ordinaria, scomputando quanto si sarebbe dovuto versare a titolo di acconto: occorrerà scomputare quindi una sorta di “imposta figurativa” pari a quella che si sarebbe dovuta versare in acconto.

Sul punto, peraltro, le complicazioni non mancano, posto che il comma 762 della L. 160/2019 stabilisce una disposizione transitoria specifica per il calcolo dell’acconto 2020; infatti, mentre a regime il versamento della prima rata è pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente, per l’anno 2020, in sede di prima applicazione dell’imposta, la prima rata da corrispondere è pari alla metà di quanto versato a titolo di Imu e Tasi per l’anno 2019.

La seconda questione riguarda l’esatta individuazione degli immobili interessati dall’agevolazione; solo gli alberghi sono infatti individuati univocamente tramite la corrispondente categoria catastale (D/2), mentre gli altri immobili sono individuati in modo “descrittivo”.

Nell’esonero vengono incluse molte fattispecie, alcune di immediata identificazione, altre meno.

In particolar modo viene da interrogarsi circa cosa si debba intendere per “case e appartamenti per vacanze”; il fatto che il beneficio venga concesso “a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate” porta ad escludere che tale beneficio possa in alcun modo interessare le seconde case che ciascun contribuente utilizza in maniera diretta.

Anche dal punto di vista logico, si deve preferire l’interpretazione che porterebbe il vantaggio alle strutture ricettizie extra-alberghiere di cui alla L. 135/2001, limitandolo agli immobili che siano comunque destinati ad una attività.

Conseguentemente, andrebbero esclusi dal beneficio anche gli appartamenti destinati alle locazioni brevi (non inquadrabili tra gli affittacamere), in quanto non trattasi di attività; il D.L. 50/2017 individua infatti i requisiti, in termini di servizi aggiuntivi offerti, che permettono di qualificare tali immobili nell’ambito dei redditi fondiari, escludendo in tal modo l’inquadramento in una attività commerciale.

Il titolare di una abitazione destinata a locazioni brevi non può quindi certo assumere la veste di “gestore delle attività ivi esercitate” (il termine “gestore” pare infatti far riferimento all’esercizio di un attività commerciale), con la conseguenza che egli non potrà far valere l’esenzione Imu.