17 Giugno 2016

La destinazione agricola qualifica “rurali” gli immobili strumentali

di Fabrizio G. Poggiani
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La qualificazione di “ruralità” del fabbricato strumentale è un dato esclusivamente “oggettivo” e non dipende dalla qualifica del possessore e/o dalla classificazione catastale, ma esclusivamente dalla destinazione “effettiva” dell’immobile allo svolgimento delle attività agricole, come indicate dall’articolo 2135 cod. civ. (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse).

Ciò è chiaramente rilevabile dal tenore letterale dei commi 3 (abitativi) e 3-bis (strumentali) dell’articolo 9 D.L. 557/1993 che ha fissato, “distintamente”, i requisiti di ruralità di abitazioni e fabbricati strumentali all’esercizio delle attività agricole.

La ruralità è attestata con attribuzione delle specifiche categorie “A/6” (abitativi) o “D/10” (strumentali) o con specifica “annotazione”, rilevabile nelle visure catastali, ai sensi del D.M. 26 luglio 2012.

Per i fabbricati già edificati al 2012, la domanda di ruralità doveva essere presentata con specifica denuncia inoltrata al Territorio entro il 30 novembre 2012, mentre, per quelli costruiti successivamente o che sono stati oggetto di modifiche sostanziali con mutamento della categoria catastale, si è reso necessario presentare una nuova domanda di validazione della ruralità, mediante il cosiddetto modello “DOCFA”, allegando le autocertificazioni richieste, attestanti il possesso dei requisiti indicati dalle disposizioni precedentemente richiamate.

Si ricorda, infatti, che gli immobili rurali “abitativi” devono possedere, congiuntamente, i seguenti requisiti

  1. utilizzo quale abitazione dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale, per esigenze connesse all’esercizio di attività agricole, o dal conduttore del fondo rustico, o dai familiari conviventi dell’imprenditore agricolo, o dai pensionati ex SCAU, o da soci o amministratori – imprenditori agricoli professionali – di società agricole;
  2. non devono risultare censiti nelle categorie “A/1” e “A/8” e non devono possedere le caratteristiche “di lusso” di cui al D.M. 2 agosto 1968;
  3. devono risultare asserviti ai fondi agricoli di almeno 10 mila metri (ridotto a 3 mila nel caso di terreno montano);
  4. il volume di affari derivante dall’esercizio delle indicate attività agricole esercitate dal soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà del suo reddito complessivo.

Con riferimento ai fabbricati rurali strumentali, per effetto della “autonoma” previsione (comma 3-bis e non 3, dell’articolo 9 D.L. 557/1993), come detto, il requisito è solo oggettivo (Cassazione, sentenze n. 24277/2009 e 24300/2009) dovendo l’immobile essere soltanto destinato allo svolgimento delle attività agricole, a prescindere dal classamento e dalla rendita attribuita.

D’altra parte, dall’entrata in vigore del D.M. 26 luglio 2012, le unità immobiliari di qualsiasi tipo (abitative e strumentali) debbono essere censite nelle categorie “ordinarie” e, se rispettose delle condizioni richieste, a seguito della presentazione di una specifica autocertificazione, le stesse sono qualificate “rurali”, con tutte le agevolazioni a tale qualifica riferibili, con la semplice annotazione.

Il legislatore ha, infatti, superato l’attribuzione di una categoria specifica (“A/6” per le unità abitative e “D/10” per le unità strumentali) venendo incontro alla stessa Agenzia delle entrate – Territorio che chiedeva la qualificazione tenendo conto della legislazione catastale, a prescindere dal possesso dei requisiti di “ruralità”.

Ritornando al comma 3-bis dell’articolo 9 D.L. 557/1993, infatti, si evidenzia che questa disposizione di legge, come più volte acclarato anche dalla giurisprudenza (tra le altre, C.T.R Firenze, sentenza 2003/2014 e C.T.P. Firenze, sentenza 760/2016), non fa alcun riferimento al classamento catastale, al fine del riconoscimento del carattere rurale delle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola, nemmeno quando si tratta di unità abitative, come nel caso delle abitazioni dei dipendenti (lettera f) e delle persone addette all’alpeggio (lettera g), enunciando chiaramente e semplicemente che tutte le costruzioni asservite alle attività agricole, di cui all’articolo 2135 cod. civ., sono ai fini fiscali da qualificare come “fabbricati rurali strumentali”.

Con riferimento all’applicazione del tributo IMU, di cui all’articolo 13 D.L. 201/2011, si prevede l’applicazione di un’aliquota ordinaria dello 0,76%, con possibile modifica in aumento e/o in diminuzione da parte del Comune (che si deve attenere a quanto indicato da Territorio e/o impugnare la ruralità alla stessa stregua del contribuente) entro un limite di 0,3 punti percentuali.

Sul caso specifico si ricorda che, per i fabbricati rurali a destinazione abitativa, le disposizioni non hanno previsto agevolazioni particolari, se non l’esenzione IMU per quelle destinate all’abitazione principale, purché non aventi caratteristiche di lusso (“A/1”, “A/8”, “A/9” o D.M. 2 agosto 1968) e l’applicazione dell’aliquota ordinaria TASI.

Con riferimento, invece, ai fabbricati rurali strumentali, a partire dal 1° gennaio 2014, sussiste la totale esenzione da IMU e la possibile applicazione della TASI, in quest’ultimo caso con un’aliquota massima dello 0,1% e possibile azzeramento da parte dei Comuni; in presenza di immobili inagibili o inabitabili, il comma 3 dell’articolo 13 D.L. 201/2011 ha disposto la riduzione della base imponibile dei tributi (IMU e TASI) al 50%, potendo ottenere addirittura l’azzeramento nel caso in cui il proprietario ottenga la qualificazione di immobile “collabente”, con iscrizione del fabbricato nella categoria “F/3”, per assenza di una rendita attribuita.

Infine, si ricorda che, scaduto ieri il termine della prima rata (acconto) di IMU e TASI, in caso di omesso versamento è prevista l’applicazione di una sanzione del 30%, ma con possibilità di regolarizzare la propria posizione mediante l’utilizzo dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’articolo 13 D.Lgs. 472/1997.