4 Agosto 2015

Immobili assegnati ai dipendenti: deduzione dei costi

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nella prassi aziendale è sempre più frequente che l’impresa si attivi direttamente per risolvere ai propri dipendenti il problema del reperimento di un’abitazione nella quale alloggiare, anche con la propria famiglia, per il periodo di durata del rapporto di lavoro. In questo contesto operativo l’impresa acquista (in proprietà o in leasing), o più frequentemente affitta un determinato numero di abitazioni che poi concede in uso ai propri dipendenti, non sempre riaddebitando ai medesimi le spese sostenute (per l’utilizzo dell’immobile, nonché per le relative utenze), oppure riaddebitandole solo in parte. In base a quanto stabilito dal primo periodo del comma 2 dell’art. 95 del TUIR, i canoni di locazione (anche finanziaria) e le spese relative al funzionamento di strutture recettive non sono, come regola generale, deducibili dal reddito d’impresa, salvo quelle relative ai servizi di mensa o ai servizi di alloggio destinati ai dipendenti in trasferta temporanea.

Per strutture recettive si intende quella tipologia di immobili che vengono messi a disposizione dei dipendenti o di terzi ma che non rientrano nel processo produttivo, quali ad esempio i circoli sportivi e culturali costituiti in sede aziendale. L’indeducibilità delle spese relative alle predette strutture recettive è in parte mitigata dalla limitata deducibilità che viene riconosciuta dal successivo art. 95 co. 2 del TUIR a quelle spese di tipo assistenziale, culturale e ricreativo che vengono sostenute in favore della generalità dei dipendenti.

Il secondo periodo dello stesso comma, mitigando tale previsione di indeducibilità delle spese relative alle strutture recettive in genere, prevede che i canoni di locazione (anche finanziaria) e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili, ma comunque per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell’articolo 51, comma 4 lettera c).

Viene quindi istituito un principio di correlazione, secondo cui tutto ciò che costituisce reddito per il dipendente è deducibile per il datore di lavoro, la quota che quest’ultimo può portare in deduzione quale componente negativo di reddito, corrisponde all’ammontare che costituisce reddito per il dipendente.

La Legge n. 388/2000, n. 388, introducendo un’ulteriore fattispecie derogatoria alla regola generale, pone delle condizioni in sussistenza delle quali l’impresa può godere non già della deduzione limitata, bensì della deduzione integrale dei canoni di locazione e delle altre spese relative ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti.

In particolare, perché possa operare la deducibilità integrale dal reddito di impresa del datore di lavoro, la norma richiede che i dipendenti trasferiscano la propria residenza anagrafica per esigenze di lavoro e che tali fabbricati siano ubicati nel comune ove prestano l’attività. L’integrale deducibilità sussiste solo per un periodo di tempo limitato, ossia per il periodo di imposta nel corso del quale si verifica il trasferimento della residenza da parte del lavoratore dipendente presso il fabbricato concesso in uso, e nei due periodi di imposta successivi. Questo significa che, una volta decorso il predetto periodo triennale, la deducibilità dei canoni di locazione e di tutte le altre spese sostenute dall’impresa torna ad essere riconosciuta non più integralmente, bensì in misura non superiore all’importo che costituisce reddito in capo al dipendente. Strettamente collegata all’art. 95 co. 2, è l’introduzione della disposizione che, nell’art. 43 co. 2 del TUIR, allarga la presunzione di strumentalità degli immobili concessi in uso ai dipendenti. In via generale, il citato art. 43 del TUIR prevede:

  • il primo comma stabilisce che gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l’esercizio di arti e professioni non vengono considerati produttivi di reddito fondiario;
  • il secondo comma precisa che vengono  considerati strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore mentre, gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, si considerano strumentali anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato.

In buona sostanza, l’elemento innovativo a suo tempo introdotto dalla Legge n. 388/2000 riguarda l’ultimo periodo del citato comma 2 dell’art. 43, in quanto viene riconosciuto il carattere di strumentalità a quegli stessi immobili di cui all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 95 e per il medesimo periodo temporale ivi indicato. Questo significa che i fabbricati concessi in uso ai dipendenti che hanno trasferito la propria residenza nel comune in cui svolgono l’attività, devono essere considerati strumentali per il periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e per i due periodi successivi. Di conseguenza, per effetto di tale presunzione di strumentalità, tali immobili concorrono a formare il reddito di impresa secondo le ordinarie regole, ossia sulla base degli effettivi costi e ricavi ad essi afferenti, anziché secondo quanto stabilito dall’art. 90 del TUIR per i c.d. “immobili patrimoniali”.