17 Febbraio 2018

Negato l’accollo del debito d’imposta in compensazione

di Angelo Ginex
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Con risoluzione AdE 140/E/2017, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una interpretazione alquanto “bizzarra” in tema di accollo del debito d’imposta in compensazione, di cui all’articolo 8, comma 2, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti dei contribuenti) secondo cui “… è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”.

Nel citato documento di prassi, infatti, viene negata la possibilità dell’utilizzo, in ambito tributario, dell’accollo del debito d’imposta in compensazione, sostenendo che l’istituto dell’accollo, ancorché praticabile in ambito tributario, non sia esperibile attraverso l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997.

In altri termini, secondo l’Amministrazione finanziaria, il contribuente che vanti un credito d’imposta verso l’Erario, nell’ipotesi in cui volesse accollarsi un debito tributario altrui, potrebbe farlo unicamente immettendo nel circuito erariale moneta contante, essendogli inibita l’utilizzazione del suo credito in compensazione.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale, secondo l’Amministrazione finanziaria, salvo alcuni casi espressamente previsti dalla legge, la compensazione troverebbe applicazione solo per i debiti (ed i relativi crediti) in essere tra i medesimi soggetti e mai tra soggetti diversi.

Nella risoluzione citata si legge infatti che la compensazione non “… è ammessa dalla legislazione tributaria se non nei limiti nei quali è esplicitamente regolata, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge”.

Orbene, il provvedimento citato appare fortemente discriminatorio, poiché non è dato comprendere per quale ragione l’Agenzia delle Entrate non considera la specifica ed inderogabile norma di legge contenuta nell’articolo 8, comma 1, L. 212/2000 che contempla la possibilità di estinguere l’obbligazione tributaria anche per compensazione.

Allo stesso modo, non è dato comprendere per quale ragione l’Agenzia delle Entrate non considera la specifica ed inderogabile norma di legge contenuta nell’articolo 8, comma 2, L. 212/2000 che contempla la possibilità, anche in ambito tributario, di accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario.

Al contrario, a sommesso parere di chi scrive, in un simile impianto normativo, laddove sono contemplate, nello stesso articolo 8 citato, una di seguito all’altra, due disposizioni di legge, appare sicuramente arduo il tentativo di negare l’esistenza di un “collegamento” tra le stesse.

In altri termini, se il legislatore ha inserito nell’articolo 8 L. 212/2000, oltre alla possibilità di estinguere l’obbligazione tributaria per compensazione (comma 1), anche quella dell’accollo (comma 2) è perché ha voluto assicurare ai contribuenti ogni mezzo per estinguere i propri debiti tributari, anche attraverso l’accollo per compensazione da parte di altri contribuenti.

Ciò detto, non vi è dubbio che Amministrazione finanziaria e contribuenti si pongano su di un piano di perfetta parità, per cui le interpretazioni ministeriali non sono in grado di vincolare né i contribuenti né i giudici, non costituendo fonti di diritto, con la conseguenza che i contribuenti restano liberi di adottare comportamenti ad esse non uniformi.

Ad ogni modo, appare difficile comprendere le effettive ragioni di una tale interpretazione, salvo che non sia legata alla oggettiva difficoltà di operare controlli circa il corretto utilizzo dei crediti d’imposta in compensazione, dacché, attraverso l’accollo del debito, l’accollante non assume la posizione di soggetto passivo del rapporto tributario, limitandosi unicamente ad indicare, nel Modello F24, il codice fiscale dell’accollato e compensando il debito d’imposta di quest’ultimo con il proprio credito.

Ciò non toglie, però, che l’Amministrazione finanziaria abbia perso un’altra occasione per venire incontro alle esigenze dei contribuenti nel pagamento delle imposte, senza obbligarli a lunghe ed estenuanti attese per ottenere i rimborsi.

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