Sospensione dell’IVA all’importazione
di Marco PeiroloIl regime sospensivo previsto per i beni immessi in libera pratica in Italia destinati ad essere trasportati/spediti in altro Paese membro dell’Unione Europea (c.d. regime 42) è disciplinato dai commi 2-bis e 2-ter dell’art. 67, D.P.R. n. 633/1972, inseriti dall’art. 8, Legge n. 217/2011 (Comunitaria 2010).
Il comma 2-bis del citato art. 67 prevede che il pagamento dell’imposta, per le operazioni di immissione in libera pratica, è sospeso per i beni destinati ad essere trasferiti in altro Paese membro, eventualmente dopo l’esecuzione delle “manipolazioni usuali”, che devono essere previamente autorizzate dall’ufficio doganale, al fine di escludere che l’operazione possa aumentare il rischio di frodi.
La sospensione d’imposta è concessa quando i beni introdotti in Italia siano “tal quali” a quelli trasportati/spediti nel Paese membro di destinazione. Il significato del termine “tal quali”, così come definito Codice doganale dell’Unione, implica che il regime sospensivo non possa essere applicato nell’ipotesi in cui muti lo stato merceologico del bene; in special modo laddove il prodotto ottenuto dalla lavorazione/trasformazione si riporti ad una diversa voce doganale.
Il successivo comma 2-ter dello stesso art. 67 dispone che, ai fini della sospensione d’imposta, l’importatore deve fornire:
- il proprio numero di partita IVA;
- il numero di identificazione IVA attribuito al cessionario stabilito in altro Paese membro;
- a richiesta dell’ufficio doganale, idonea documentazione che provi l’effettivo trasferimento dei beni in altro Paese membro.
Le disposizioni richiamate costituiscono il recepimento dell’art. 143, par. 1, lett. d), Direttiva n. 2006/112/CE.
A partire dal 4 ottobre 2024, l’art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 141/2024, ha introdotto nell’art. 67, D.P.R. n. 633/1972, il nuovo comma 2-quater al fine di rendere maggiormente effettivi e, contemporaneamente, dissuasivi i controlli della documentazione sull’effettiva consegna dei beni nello Stato UE di destinazione.
Nell’ambito dell’analisi dei rischi effettuata secondo i principi stabiliti dal Codice doganale dell’Unione, qualora venga richiesta la documentazione comprovante l’effettivo trasferimento dei beni in altro Paese membro l’Autorità doganale può esigere la costituzione di una cauzione pari all’importo dell’imposta sospesa.
La cauzione viene incamerata dall’Autorità doganale:
- se, entro 45 giorni dallo svincolo dei beni, non pervenga la predetta documentazione;
- quando la documentazione non sia ritenuta idonea a dimostrare l’effettivo trasferimento dei beni oggetto di importazione in altro Stato UE.
In analogia a quanto previsto in materia di depositi IVA dall’art. 50-bis, comma 4, lett. b), D.L. n. 331/1993, la cauzione non è richiesta ai soggetti in possesso dell’autorizzazione prevista dall’art. 38, Codice doganale dell’Unione (soggetti certificati AEO) e a quelli esonerati ai sensi dell’art. 51, D.Lgs. n. 141/2024.
L’art. 27, D.Lgs. n. 141/2024, rubricato “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”, dopo avere previsto, al comma 1, che sono “diritti doganali” tutti quei diritti che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è tenuta a riscuotere in forza di vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea o da disposizioni di legge, ha stabilito, al successivo comma 2, che, fra i diritti doganali di cui al comma 1 costituiscono “diritti di confine”, oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’IVA e ogni altra imposta di consumo, dovuta all’atto dell’importazione, a favore dello Stato.
Rispetto alla formulazione dell’art. 34, D.P.R. n. 43/1973 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), tra i diritti di confine è stata esplicitamente menzionata l’IVA, al fine di chiarire, come specificato dal successivo art. 28, comma 2, D.Lgs. n. 141/2024, che anche a questo tributo, per le operazioni di importazione, si applica la normativa unionale in materia di individuazione del debitore e di estinzione dell’obbligazione doganale.
L’art. 27, comma 3, D.Lgs. n. 141/2024, stabilisce che l’IVA non costituisce diritto di confine nei casi di:
- immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’IVA per successiva immissione in consumo in altro Stato membro (c.d. regime 42);
- immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’IVA e vincolo ad un regime di deposito diverso dal deposito doganale. Si tratta del caso di merci immesse in libera pratica introdotte in un deposito IVA (c.d. regime 45).
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con la circolare n. 20/D/2024, ha precisato che l’IVA è considerata diritto di confine solo nel caso di irregolare introduzione in consumo in Italia, vale a dire:
- per il “regime 42”, ove non sia dimostrata l’immissione in consumo in altro Paese membro e non vi siano prove dell’uscita dal territorio italiano;
- per il “regime 45”, ove la merce non sia presa in carico nella contabilità del deposito IVA.


