20 Febbraio 2020

Legge di bilancio 2020: l’unificazione Imu-Tasi

di Gennaro Napolitano
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 1, commi da 738 a 783, L. 160/2019 (Legge di bilancio 2020), in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione, ha modificato il sistema dell’imposizione immobiliare locale, stabilendo l’unificazione di Imu e Tasi.

Più precisamente, il comma 738 prevede che, a partire dal 2020, l’imposta unica comunale (Iuc) è abolita, fatte salve le disposizioni relative alla tassa sui rifiuti (Tari), mentre la “nuova” Imu è disciplinata dalle disposizioni dettate dai successivi commi da 739 a 783.

In sostanza, quindi, per la Tari rimangono ferme le vecchie disposizioni, la Tasi viene soppressa e l’Imu viene ridisciplinata.

Si ricorda che l’imposta unica comunale era stata istituita dalla Legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, L. 147/2013) ed era composta, appunto, dall’imposta municipale propria (Imu), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili (escluse le abitazioni principali) e da una componente riferita ai servizi, articolata nel tributo per i servizi indivisibili (Tasi), a carico sia del possessore sia dell’utilizzatore dell’immobile, e nella tassa sui rifiuti (Tari), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore.

La nuova Imu si applica in tutti i Comuni, ferma restando, però, l’autonomia impositiva, da un lato, del Friuli Venezia Giulia e, dall’altro, delle province autonome di Trento e di Bolzano, nelle quali, in particolare, continuano ad applicarsi le norme relative all’imposta immobiliare semplice (Imis – provincia autonoma di Trento) e all’imposta municipale immobiliare (Imi – provincia autonoma di Bolzano).

Di seguito si elencano gli aspetti fondamentali della disciplina della nuova Imu:

  • presupposto è il possesso di immobili, ad eccezione del possesso dell’abitazione principale, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9;
  • soggetto attivo è il Comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul proprio territorio;
  • soggetti passivi sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi;
  • la base imponibile è costituita dal valore degli immobili (in particolare, per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5%, i moltiplicatori espressamente previsti in funzione del gruppo catastale di rispettiva classificazione);
  • la base imponibile è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati e per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle cosiddette di lusso, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale (il beneficio si estende, in caso di morte del comodatario, al coniuge con figli minori);
  • l’aliquota di base per gli immobili diversi dall’abitazione principale è pari allo 0,86% (i Comuni possono aumentarla fino all’1,06% o diminuirla fino al totale azzeramento);
  • anche per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D (tra i quali rientrano i capannoni industriali), l’aliquota di base è fissata allo 0,86% (l’imposta corrispondente allo 0,76% è riservata allo Stato, mentre i Comuni possono incrementare l’aliquota fino all’1,06% o diminuirla fino allo 0,76%, senza facoltà di intervenire sulla quota riservata all’Erario);
  • come già anticipato, viene confermata l’esenzione per l’abitazione principale non di lusso e per le relative pertinenze, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 (rispettivamente, abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville, castelli o palazzi di eminente valore artistico o storico); in tale ultimo caso, l’aliquota di base è stabilita nella misura dello 0,5%, con facoltà per il Comune di aumentarla di 0,1 punti percentuali o di azzerarla completamente;
  • l’aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale è pari allo 0,1% (i Comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento);
  • per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (“beni merce”), l’aliquota di base è pari allo 0,1% negli anni 2020 e 2021, con possibilità, per i Comuni, di aumentarla fino allo 0,25% o diminuirla fino all’azzeramento (a partire dal 2022, tali beni, fino a quando permane la destinazione alla vendita e non sono locati, saranno esenti dall’Imu);
  • per le abitazioni locate a canone concordato l’imposta è ridotta al 75%;
  • per gli immobili strumentali è prevista la deducibilità dell’Imu dal reddito di impresa e dal reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, mentre l’imposta è indeducibile ai fini Irap (la deduzione si applica nella misura del 60% per gli anni 2020 e 2021, mentre la deducibilità sarà integrale a partire dal 2022);
  • l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso;
  • i soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta dovuta al Comune per l’anno in corso in due rate, con scadenza rispettivamente 16 giugno e 16 dicembre (resta ferma la facoltà di pagare in un’unica soluzione annuale entro il 16 giugno);
  • il versamento deve essere eseguito con il modello F24 oppure tramite apposito bollettino postale, oppure utilizzando la piattaforma PagoPA;
  • il termine per la presentazione della dichiarazione è fissato al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui è iniziato il possesso dell’immobile o sono intervenute variazioni rilevanti per la determinazione dell’imposta.