5 Maggio 2015

Le sanzioni per la tardiva registrazione degli atti e delle denunce

di Enrico Ferra
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In materia di imposta di registro, continuano ad emergere incertezze interpretative (e difficoltà operative) in ordine all’applicazione delle sanzioni per la tardiva presentazione della richiesta di registrazione degli atti o delle denunce di eventi successivi alla registrazione comportanti un’ulteriore liquidazione dell’imposta.

Le incertezze emergono in quanto, in seguito alla entrata in vigore della disciplina generale delle sanzioni amministrative tributarie, in attuazione della legge delega per la riforma del sistema sanzionatorio tributario non penale (L. n.662/96), l’art.69 del d.P.R. n.131/86 non contempla più l’ipotesi di tardiva richiesta di registrazione o della tardiva presentazione delle denunce; ciò ha indotto sia la dottrina che la prassi ad assimilare, sotto il profilo sanzionatorio, le ipotesi di tardività all’omessa registrazione.

Da un punto di vista operativo, si verificano molto spesso delle “ostruzioni” da parte degli uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate nella fase di registrazione degli atti presentati tardivamente o, in alcuni casi, le somme dovute vengono recuperate mediante successivi avvisi di liquidazione delle sanzioni sull’imposta principale per “omessa” registrazione ai sensi del citato art.69.

Un attento esame dell’evoluzione normativa potrebbe aiutare a comprendere la portata delle norme sanzionatorie al fine di capire se la mancata previsione della tardività nella rubrica e nel corpo dell’art.69 possa essere intesa come un’ipotesi non sanzionabile o se, al contrario, la registrazione tardiva degli atti e delle denunce configuri un’ipotesi di omissione (sanzionabile).   

Si ricorda che l’art.69, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n.473/97, era rubricato “Omissione o tardività della richiesta di registrazione o della presentazione della denuncia” e prevedeva al primo comma la pena pecuniaria da una a tre volte l’imposta per l’omissione della richiesta di registrazione degli atti e la mancata presentazione delle denunce; il secondo comma, invece, contemplava un’ipotesi di riduzione della sanzione ad un quarto in caso di ritardo non superiore a trenta giorni.

Per effetto delle modifiche apportate, l’attuale versione dell’art.69:

  • non prevede più in rubrica l’ipotesi di tardività, ma unicamente l’omissione;
  • non contempla più la riduzione della sanzione ad un quarto in caso di ritardo non superiore a trenta giorni, essendo stato abrogato il secondo comma dell’articolo.

Inoltre, l’omissione della richiesta di registrazione non è più punita con la pena pecuniaria da una a tre volte l’imposta, ma con la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’imposta dovuta.

L’assenza di riferimenti, nelle disposizioni tributarie, all’ipotesi di tardività della richiesta di registrazione è stata confermata anche dall’Agenzia delle entrate nella circolare n.180/E/98, ove si chiarisce che “in ordine a tali tributi non esiste alcuna disposizione che equipari all’omissione la presentazione della dichiarazione con un ritardo superiore a trenta giorni”.

Tuttavia, nella successiva circolare n.192/E/98, l’Agenzia giunge ad assimilare la tardività all’omissione sulla base dei seguenti presupposti:

  1. il “nuovo” art.13 del D.Lgs. n.472/97 “ha esteso a tutti i tributi, compreso quello di registro, l’operatività del ravvedimento”;
  2. l’espressione “dichiarazione” usata dal legislatore nella lett.c) del citato art.13 andrebbe intesa in senso lato “e, quindi, comprensiva anche della nozione di atto o denuncia”.

In buona sostanza, per l’Agenzia delle entrate, l’adempimento tardivo sarebbe sanzionabile solo perché esiste, nell’ordinamento tributario, una norma che consente la regolarizzazione delle tardività in materia di “dichiarazioni” e, in virtù dell’assimilazione della richiesta di registrazione alla dichiarazione, la norma si applicherebbe di conseguenza anche all’imposta di registro.

Al riguardo, si osserva che, ai fini della sanzionabilità del comportamento del contribuente, a nulla dovrebbe rilevare l’applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso al comparto dell’imposta di registro. In altri termini, la possibilità di regolarizzare una violazione dovrebbe entrare in gioco solo una volta individuata la specifica fattispecie sanzionabile e non si può in alcun modo “presumere” la sanzionabilità di un inadempimento o di un adempimento tardivo dall’operatività, in astratto, di un istituto che consente di porvi rimedio in maniera spontanea.

Inoltre, non è condivisibile l’interpretazione estensiva attribuita al termine “dichiarazione”, che invece appare più adatto al caso dei tributi “periodici”, rispetto ai quali, come ricorda la stessa Agenzia nel citato documento di prassi, “inerisce un obbligo di dichiarazione che si rinnova appunto periodicamente”.

Allo stato attuale, quindi, per la tardività della richiesta di registrazione degli atti e delle denunce non è prevista alcuna sanzione specifica. D’altro canto, a ben vedere, anche la vecchia ipotesi di tardività contenuta nella precedente versione dell’art.69 TUR altro non era che una particolare forma di regolarizzazione spontanea, ora soppressa per effetto dell’introduzione del ravvedimento “generale”.