La corretta aliquota IVA per le prestazioni di servizi a terzi
di Luigi ScappiniUna delle novità introdotte con la riscrittura dell’art. 2135, c.c., è sicuramente quella di prevedere, in un contesto di multifunzionalità, la possibilità, da parte dell’imprenditore agricolo, di erogare prestazioni di servizi a soggetti terzi che possono essere altri operatori del settore, ovvero imprenditori commerciali.
L’art. 2135, comma 3, c.c., infatti, stabilisce che «Si intendono comunque connesse … le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata».
Le prestazioni di servizi rese nel comparto primario possono riferirsi sia a lavorazioni collegate all’attività agricola primaria quali, ad esempio, le arature, concimazioni o potature, sia all’attività connessa di prodotto quali le manipolazioni e le trasformazioni dei prodotti.
Senza entrare nel merito del rispetto del parametro della prevalenza richiesto dalla norma (altra novità introdotta con la riformulazione del concetto di imprenditore agricolo) è interessante analizzare le ricadute in ambito fiscale che le prestazioni rese comportano.
Per quanto riguarda le imposte dirette, a decorrere dal periodo di imposta 2024, per effetto del D.Lgs. n. 192/2024, si è assistito a un importante passo verso una omogeneità del trattamento fiscale, a prescindere dal soggetto giuridico coinvolto e, quindi, aumentando la centralità e rilevanza dell’operazione svolta.
Il nuovo comma 4, dell’art. 56-bis, TUIR, infatti, prevede che le regole, originariamente previste per le sole ditte individuali, società di persone ed enti non commerciali, previste, tra l’altro, per le prestazioni di servizi, ora si rendono applicabili anche «ai soggetti che hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» ovverosia alle società agricole ex art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, che hanno optato per la determinazione del reddito secondo le regole di cui all’art. 32, TUIR, e, quindi, dichiarando un reddito fondiario.
Restano escluse, quindi, le sole S.p.A. e S.a.p.a., a prescindere che rivestano la qualifica anch’esse di società agricole.
Dal lato IVA, le prestazioni di servizio, a prescindere dalla forma giuridica con la quale viene esercitata l’attività, nel momento in cui il soggetto sia qualificabile come imprenditore agricolo, trova applicazione, in prima battuta, salvo opzione per le regole ordinarie, l’art. 34-bis, D.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale è prevista una detrazione forfettizzata tramite la riduzione dell’imposta relativa alle operazioni imponibili in misura pari al 50%.
Particolare attenzione deve essere posta nell’individuare la corretta aliquota IVA da applicare alle prestazioni di servizio rese, avendo a mente che, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 16, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, «Per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera, di appalto e simili che hanno per oggetto la produzione di beni e per quelle dipendenti da contratti di locazione finanziaria, di noleggio e simili, l’imposta si applica con la stessa aliquota che sarebbe applicabile in caso di cessione dei beni prodotti, dati con contratti di locazione finanziaria, noleggio e simili».
Ne deriva che, quando la prestazione si innesta nel ciclo di produzione si dovrà applicare l’aliquota relativa al prodotto agricolo finito.
In tal senso, ad esempio, si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 58/E/2004, in riferimento al servizio di macellazione delle carni consistente, nello specifico, nell’abbattimento degli animali e successivo scuoiamento, squartamento e sezionamento, tutte attività necessarie per rendere la carne atta al consumo umano. In particolare, tali attività rappresentano una fase del ciclo attivo della carne, con la conseguente applicabilità di quanto previsto dall’art. 16, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, e quindi, applicazione dell’IVA al 10%, ai sensi del n. 3 e seguenti della Tabella A allegata al D.P.R. n. 633/1972.
A ben vedere, come ricordato dalla DRE Lombardia, con la risposta a interpello n. 904-2216 del 1° luglio 2021, «come stabilito dall’articolo 1, comma 7, del d.l. 30 dicembre 1991, n.417, nel concetto di produzione di beni, ai sensi dell’articolo 16, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, rientrano le trasformazioni della materia in prodotto finito, oltre a tutte quelle attività “di montaggio, assiemaggio, modificazione, adattamento o perfezionamento, anche se relative a semilavorati o parti degli stessi beni”», con la conseguenza che il principio di cui all’art. 16, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, può trovare applicazione «anche al di fuori dei soli servizi di macellazione consistenti nel sezionamento e trasformazione da parte dei macellai».
A questo deve aggiungersi che attività consistenti, ad esempio, nel disosso, confezionamento, pesatura ed etichettatura di quarti o parti di carne, hanno natura accessoria e, in ragione di ciò, seguono il trattamento previsto per l’operazione stessa, scontando la medesima aliquota prevista per l’operazione principale.
Con la risoluzione n. 69/E/1998, è stato affermato che i servizi di disossatura del prosciutto e di confezionamento del prosciutto disossato sono «operazioni strettamente connesse alla produzione del prosciutto» e, conseguentemente, si applica la medesima aliquota IVA prevista per le carni.
Al contrario, con la più recente risposta a interpello n. 363/E/2023, ha ritenuto che ai servizi di affettamento e di confezionamento di salumi stagionati si applica l’aliquota IVA ordinaria in quanto operazioni che attengono a una fase successiva alla produzione del bene e, in particolare, alla fase di immissione in commercio e distribuzione del prodotto.


