5 Settembre 2025

Il commercialista del futuro: perché il controllo di gestione è diventato indispensabile

di Giulio Bassi
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La scheda di FISCOPRATICO

La rivoluzione silenziosa del mercato professionale

La professione del commercialista sta vivendo una trasformazione radicale che molti ancora non percepiscono appieno. Quello che fino a pochi anni fa rappresentava il core business della categoria – tenuta contabilità, redazione bilanci, gestione adempimenti fiscali – sta rapidamente perdendo valore di mercato. Non perché questi servizi siano meno necessari, ma perché stanno diventando sempre più automatizzati e ridotti a prestazioni standard.

Software gestionali intelligenti guidano le aziende nella registrazione delle operazioni, algoritmi sofisticati controllano la coerenza dei dati, piattaforme digitali semplificano gli adempimenti. Il valore aggiunto del commercialista in queste attività si riduce progressivamente, mentre cresce esponenzialmente la domanda di consulenza strategica.

Le PMI, pressate da mercati sempre più competitivi e imprevedibili, non vogliono più solo sapere “quanto ho guadagnato l’anno scorso”, ma “cosa devo fare per guadagnare di più l’anno prossimo”. Cercano professionisti che li aiutino a capire i loro numeri, a prendere decisioni migliori, a pianificare il futuro con maggiore consapevolezza.

Questa trasformazione crea una spaccatura netta nel mercato professionale. Da un lato, commercialisti che offrono servizi tradizionali sempre meno remunerativi e sotto pressione competitiva. Dall’altro, professionisti che evolvono verso la consulenza strategica, diventando partner indispensabili per i loro clienti e costruendo relazioni più solide e profittevoli.

Il controllo di gestione è la competenza che determina da che parte della spaccatura ci troviamo. Non è più una specializzazione opzionale per grandi aziende, ma una competenza fondamentale per ogni commercialista che voglia mantenere rilevanza nel mercato futuro.

 

L’opportunità nascosta delle PMI

Le Piccole e Medie Imprese rappresentano il 99,9% del tessuto imprenditoriale italiano, ma sono storicamente il segmento più resistente all’adozione di strumenti manageriali strutturati. Questa resistenza si sta progressivamente sgretolando sotto la pressione di mercati sempre più complessi.

L’imprenditore di oggi affronta sfide che il suo istinto non basta più a gestire: clienti che cambiano abitudini rapidamente, fornitori che modificano condizioni senza preavviso, concorrenti con modelli di business innovativi. Decidere “di pancia” diventa pericolosissimo, eppure la maggior parte delle PMI opera ancora senza sistemi strutturati di controllo.

Qui si apre l’opportunità più grande per i commercialisti preparati. Migliaia di PMI hanno bisogno di controllo di gestione ma non lo sanno, o pensano sia “roba da grandi aziende”. Hanno bisogno di qualcuno che sappia spiegare loro che già fanno controllo di gestione, solo in modo inefficiente, e che con strumenti semplici potrebbero migliorare drasticamente le loro decisioni.

Servire questo mercato richiede competenze che vanno oltre la tecnica pura. L’imprenditore della PMI non parla il linguaggio manageriale, non ha tempo per corsi teorici, vuole vedere risultati immediati. Richiede un approccio consulenziale completamente diverso da quello tradizionale del commercialista.

 

Le competenze che fanno la differenza

Il controllo di gestione per PMI non è solo questione di competenza tecnica. Saper costruire un budget o calcolare margini di contribuzione è necessario, ma non sufficiente. La vera sfida è convincere l’imprenditore ad adottare questi strumenti e guidarlo nell’implementazione superando le resistenze.

Questo richiede soft skills specifiche raramente insegnate nei percorsi formativi tradizionali. La capacità di comunicare concetti complessi in modo comprensibile, l’abilità di gestire obiezioni senza entrare in conflitto, la competenza nel change management per guidare trasformazioni organizzative delicate.

Quando l’imprenditore dice “Non ho tempo per queste formalizzazioni, devo vendere”, la risposta tecnica sarebbe spiegare i benefici del controllo di gestione. Ma la risposta efficace è fare una domanda: “Quanto tempo dedica ogni settimana a cercare informazioni per decidere cosa spingere di più?” La differenza è sostanziale: nel primo caso imponiamo la nostra visione, nel secondo guidiamo l’imprenditore a scoprire da solo il problema.

Queste tecniche non si imparano sui libri di controllo di gestione, ma richiedono formazione specifica sulle dinamiche relazionali, sulla psicologia della vendita consulenziale, sui principi del change management applicato alle PMI.

 

Il nuovo ruolo del Commercialista

Il commercialista tradizionale risponde a domande: “Quanto devo versare di IVA?”, “Quando scade la dichiarazione?” Il consulente di controllo di gestione fa domande: “Sa quale prodotto le fa guadagnare di più?”, “Come fa a essere sicuro di avere liquidità tra tre mesi?”

Questa inversione di ruolo è fondamentale, ma richiede un cambiamento di mentalità profondo. Non siamo più esecutori di adempimenti, ma identificatori proattivi di opportunità di miglioramento. Non aspettiamo che il cliente porti un problema, ma andiamo a cercarlo insieme a lui.

Il valore di questa consulenza è enormemente superiore a quello dei servizi tradizionali, ma richiede competenze specifiche per essere comunicato efficacemente. L’imprenditore deve capire non solo cosa facciamo, ma perché ne ha bisogno e quanto gli costa non averlo.

Consideriamo il caso tipico di un’azienda che scopre di essere in crisi di liquidità solo quando non riesce più a pagare i fornitori. Il commercialista tradizionale interviene post-problema, il consulente di controllo di gestione previene il problema, implementando sistemi che permettono di prevedere con tre mesi di anticipo eventuali criticità di cassa.

 

I pericoli dell’improvvisazione

Il mercato del controllo di gestione per PMI è attraente, ma pieno di insidie per chi si improvvisa senza preparazione adeguata. Gli errori più comuni possono distruggere la credibilità professionale e allontanare definitivamente l’imprenditore da questi strumenti.

Il primo errore è la sovracomplicazione tecnica. Molti professionisti propongono sistemi troppo sofisticati per le reali esigenze della PMI. Il risultato è che l’azienda si ritrova con strumenti utilizzati al 10% delle potenzialità, che richiedono formazione continua e creano più problemi di quanti ne risolvano.

Il secondo errore è sottovalutare la resistenza al cambiamento. Implementare il controllo di gestione non è solo questione tecnica, ma un vero processo di change management che coinvolge persone, abitudini, culture aziendali consolidate. Chi non è preparato a gestire queste dinamiche rischia resistenze passive, sabotaggi inconsapevoli, fallimenti apparentemente inspiegabili.

Il terzo errore è la mancanza di gradualità. Voler implementare tutto subito, coprire ogni aspetto del business, dimostrare immediatamente il valore di tutti gli strumenti disponibili. È un approccio che sembra efficiente, ma spesso porta al sovraccarico e al rigetto del sistema.

Questi errori seguono pattern prevedibili che una formazione strutturata può aiutare a evitare. Non basta conoscere la teoria del controllo di gestione, serve anche saper gestire la pratica dell’implementazione in contesti poco strutturati e resistenti al cambiamento.

 

La trasformazione del mercato professionale non è un fenomeno futuro da monitorare, ma una realtà presente da affrontare. I commercialisti che offrono già servizi di controllo di gestione strutturati stanno costruendo un vantaggio competitivo che diventerà sempre più difficile da recuperare.

Le PMI che hanno implementato sistemi di controllo efficaci durante la pandemia sono uscite più forti dalla crisi. Hanno saputo prendere decisioni più rapide e accurate, hanno ottimizzato le risorse disponibili, hanno colto opportunità che altri non hanno nemmeno visto. I loro commercialisti sono diventati partner strategici indispensabili.

Parallelamente, l’automazione crescente dei servizi tradizionali sta accelerando. Quello che oggi richiede ancora l’intervento del professionista, domani sarà gestito da algoritmi sempre più sofisticati. Chi non si è evoluto verso servizi a maggior valore aggiunto rischia di trovarsi progressivamente marginalizzato.

C’è anche un aspetto di soddisfazione professionale che non va sottovalutato. Passare dall’essere “quello che fa i conti” a “quello che aiuta a capire i conti per decidere meglio” cambia completamente il rapporto con i clienti e la percezione del proprio ruolo.

 

Dal primo cliente al successo consolidato

Decidere di formarsi è fondamentale, ma è solo il primo passo. Il percorso di crescita professionale richiede disciplina nell’applicazione, coraggio nell’sperimentazione, perseveranza nel superamento delle difficoltà iniziali.

I primi clienti saranno probabilmente i più aperti al cambiamento, quelli che già intuiscono di aver bisogno di strumenti più strutturati. Con loro sarà più facile ottenere i primi successi, costruire case study convincenti, affinare le tecniche apprese.

Il vero test arriva con i clienti più tradizionali e resistenti, quelli che inizialmente sembrano impermeabili a qualsiasi novità. È qui che si rivelano preziose le competenze di change management e vendita consulenziale. È qui che la formazione superficiale mostra i suoi limiti e quella strutturata fa la differenza.

Ogni implementazione di successo diventa un moltiplicatore di opportunità. L’imprenditore soddisfatto diventa il migliore ambasciatore presso altri imprenditori. Il caso di studio reale diventa l’argomento più convincente per superare le obiezioni. Il passaparola crea un effetto valanga di richieste.

 

Conclusioni

Il controllo di gestione per PMI rappresenta probabilmente l’opportunità di crescita più significativa per la professione del commercialista negli ultimi vent’anni. Un mercato immenso e sostanzialmente inesplorato, una domanda latente pronta a esplodere, la possibilità di posizionarsi come consulenti strategici indispensabili.

Ma è anche una finestra temporale limitata. I primi professionisti che si muovono costruiscono vantaggi competitivi difficili da recuperare. Chi aspetta troppo rischia di competere in un mercato già saturo.

La formazione di qualità è la chiave per trasformare questa opportunità in successo concreto. Non improvvisazione basata su letture sparse, non corsi generici pensati per altri contesti, ma percorsi strutturati che integrano competenze tecniche e relazionali, teoria e pratica, conoscenza e abilità applicativa.

Il commercialista del futuro non è quello che sa fare meglio quello che fa oggi, ma quello che sa fare cose diverse e più preziose. Il controllo di gestione per PMI è la strada maestra per questa evoluzione. La formazione è il ponte per percorrerla.