17 Ottobre 2025

“Early warning indicator”: assonanze tra codice della crisi d’impresa e normativa di vigilanza bancaria

di Giuseppe Rodighiero
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Con il D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), dal 16 marzo 2019 è entrato in vigore l’obbligo per le imprese di adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili ex art. 2086, c.c., con l’elemento di novità, rispetto alla normativa previgente ex art. 2381, comma 5, c.c., costituito dal fatto che l’adeguatezza degli assetti deve essere funzionale alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.

 

Codice della Crisi e segnali precoci di crisi o insolvenza

L’art. 3, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 14/2019, stabilisce che gli assetti sono adeguati (e le misure sono idonee) se sono in grado (tra le altre cose) di rilevare eventuali squilibri patrimoniali o economico/finanziari (analisi per indici e flussi), verificare la sostenibilità dei debiti e l’assenza di continuità aziendale nei 12 mesi successivi (redazione piani pluriennali) e determinare i seguenti segnali di crisi:

  • debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni > metà retribuzioni mensili;
  • debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni > debiti non scaduti;
  • debiti verso banche scaduti/sconfinanti da almeno 60 giorni> 5% esposizioni totali;
  • debiti verso creditori pubblici qualificati superiori alle soglie di cui all’ 25-novies, D.Lgs. n. 14/2019.

I predetti obblighi legati agli assetti organizzativi vanno ripartiti tra Consiglio di amministrazione e Collegio sindacale: è l’imprenditore che in primis deve provvedere all’autodiagnosi dell’impresa, mentre l’organo di controllo è responsabile di un’omessa vigilanza sull’adozione di adeguati assetti che palesi, però, un nesso di causalità tra il danno conseguente alla condotta dell’amministratore e la condotta omissiva in parola.

L’autodiagnosi dell’imprenditore deve, dunque, passare per l’accertamento degli eventuali squilibri economici, finanziari e patrimoniali, partendo dall’analisi del bilancio di esercizio e dei bilanci intermedi. Fattori di squilibrio economico sono, ad esempio, la riduzione dei ricavi e della marginalità unitaria. In tal senso, gli indici da utilizzare sono, rispettivamente, il tasso di crescita dei ricavi (che assume un connotato di criticità con valori superiori al 20%) ed il rapporto EBITDA/Ricavi (con soglia critica per valori inferiori al 3-4%).

Altri fattori di squilibrio economico sono riconducibili a un sensibile incremento e a un importante decremento rispettivamente del capitale circolante e del capitale immobilizzato. Per esempio, di fronte a un rapporto tra capitale circolante commerciale e ricavi maggiore di zero si evince che gli incassi avvengono dopo i pagamenti.

D’altro canto, squilibri finanziari sono riconducibili alla presenza di un flusso di gestione insufficiente normalmente a seguito di uno squilibrio economico, all’autofinanziamento proveniente dal mancato rispetto dei termini di pagamento ai fornitori, a capex di sostituzione e rinnovo insufficienti e posticipati “sine die” (flusso operativo negativo), a una gestione finanziaria che deve compensare lo squilibrio attraverso un eccessivo ricorso al credito bancario, oppure attraverso il finanziamento improprio dallo Stato (mancato pagamento di imposte, contributi e ritenute), o con il mancato pagamento dei dipendenti.

Lo squilibrio economico genera perdite operative, mentre lo squilibrio finanziario comporta onerosità del debito. Il combinato disposto dei 2 squilibri può comportare significative perdite di esercizio, quindi la riduzione del patrimonio netto (nel peggiore dei casi addirittura sotto il minimo legale). Quindi, al verificarsi di una delle cause di scioglimento previste dall’art. 2484, c.c. (tipicamente la riduzione del capitale sotto i limiti ex lege) l’imprenditore ha il dovere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio.

Altresì, come anticipato ut supra, oltre a prevedere la capacità di rilevare i predetti squilibri, un adeguato assetto deve essere in grado di verificare la sostenibilità del debito per almeno i successivi 12 mesi. Gli indicatori principali in questo caso includono il D.S.C.R. (flusso di cassa operativo sul servizio del debito), il rapporto tra posizione finanziaria netta ed EBITDA, come pure il rapporto tra Posizione finanziaria netta (PFN) e patrimonio netto. Un D.S.C.R. sotto all’unità, un PFN/EBITDA superiore a 5 e un rapporto PFN/patrimonio netto sono valori considerabili come “critici”.

Trigger ed Early warning indicator

Esiste un filo conduttore tra la disciplina del Codice della Crisi in commento e la normativa di vigilanza bancaria in tema di dotazione di misure idonee per rilevare precocemente l’insolvenza dell’impresa.

Con la transizione dal Principio contabile internazionale IAS 39 all’IFRS 9 “Strumenti finanziari”, dal 1° gennaio 2018 le banche, nel verificare per ciascuna propria posizione creditoria l’eventuale presenza di specifici elementi oggettivi (c.d. trigger) che incidono sulla rischiosità dell’esposizione della controparte, devono valutare la qualità del credito con un approccio c.d. Expected loss, ovvero sulla base della valutazione di possibili futuri eventi di perdita i cui effetti incidono sul calcolo della perdita attesa, in luogo del precedente approccio c.d. Incurred loss, proprio dello IAS 39, basato sulla considerazione delle perdite subite per misurare la perdita attesa.

Quindi, con l’IFRS 9, l’eventuale presenza di trigger, che in via presuntiva indentificano un incremento della rischiosità dell’esposizione della controparte (rectius della perdita attesa), origina una specifica “Staging allocation” del credito.

La segmentazione in parola prevede 3 stage entro i quali collocare le esposizioni debitorie verso la banca, con il primo di essi contenente le esposizioni “performing” (stage 1), il secondo i crediti “underperforming” (stage 2), mentre il terzo che afferisce ai crediti deteriorati o “non performing” (stage 3).

Dunque, con l’IFRS 9 si tiene conto di determinati trigger per operare il passaggio tra i vari stage, in conseguenza del quale si avrà una differente modalità di determinazione della perdita attesa per la banca da una determinata esposizione, quindi una differente modalità di accantonamento alla voce 130 del Conto economico del bilancio della banca (rettifiche di valore nette per deterioramento di crediti).

D’unque, in stage 3 vi rientrano i crediti “Non performing”, segnatamente:

  • le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, qualora vi sia la persistenza di una posizione scaduta e/o sconfinante da più di 90 giorni sopra la soglia di materialità di 500 euro e dell’1% dell’esposizione debitoria complessiva;
  • le inadempienze probabili, rispetto alle quali la banca ritiene improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore possa adempiere integralmente alle proprie obbligazioni;
  • le sofferenze, ossia quelle esposizioni debitorie (di ammontare pari alla somma di capitale, interessi corrispettivi, interessi di mora, spese ripetibili) che la banca considera insolventi e che passano a contenzioso.

Secondo quanto previsto in Banca Centrale Europea, “Asset Quality Review Phase 2 Manual”, 20 giugno 2018, l’eventuale attivazione di trigger che in via presuntiva indentifichino un incremento della rischiosità dell’esposizione tale considerare quest’ultima tra i “non performing”, quindi in stage 3, può individuarsi nelle seguenti circostanze.

Anzitutto la riduzione del patrimonio netto per più del 50% nel corso dell’esercizio. Come per il Codice della Crisi (quando si parla di squilibri patrimoniali), anche secondo le linee guida della B.C.E. la grandezza dell’attivo netto rileva per la sua importanza informativa, soprattutto quando si riduce oltre determinati limiti.

Un altro evento indicativo di impairment del credito in stage 3 è riconducibile alla presenza di significativi scaduti sui debiti verso creditori pubblici (come potrebbe essere l’Amministrazione finanziaria o gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie) e verso i dipendenti.

A tal proposito, analogamente a quanto indicato nelle citate linee guida B.C.E. in materia di A.Q.R., anche il Codice della Crisi prevede misure d’allerta che devono essere attivate dai c.d. creditori pubblici qualificati (i.e. dall’Agenzia delle Entrate, dall’INPS, dagli agenti della riscossione), i quali saranno chiamati a effettuare apposite segnalazioni alla società nella circostanza di superamento delle soglie ex art. 25-novies, D.Lgs. n. 14/2019 (c.d. importo rilevante) di debito fiscale e/o contributivo da parte delle imprese.

Altresì, si evidenzia che, analogamente a quanto previsto dal disposto del D.Lgs. n. 14/2019 per l’individuazione di segnali della crisi, con l’IFRS 9 (e con le linee guida dell’autorità di vigilanza europea) assurge a elemento esiziale per l’individuazione di trigger la stima dei flussi di cassa attesi utili al rimborso di un’esposizione debitoria.

A tal fine, similmente a quanto disposto dall’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 14/2019, le linee guida B.C.E. in materia di A.Q.R indicano tra gli impairment trigger il significativo decremento nei flussi di cassa prospettici e il D.S.C.R. inferiore ad 1,1 in quanto entrambi i trigger evidenziano l’incapacità dell’azienda di generare un flusso di cassa sufficiente a coprire i pagamenti futuri del debito, inclusi capitale e interessi.

D’altro canto, la B.C.E. nel 2017 ha pubblicato le “Linee guida europee per le banche sui crediti deteriorati (non-performing loans, NPL)”, con l’obiettivo precipuo di sviluppare un approccio di vigilanza organico tra gli Stati in merito, in particolare, all’individuazione e alla gestione dei crediti non performing che, come evidenziato nel paragrafo precedente, sono collocati in stage 3.

Quindi, al fine di monitorare i crediti in bonis, prevenendone il deterioramento, le banche giocoforza dovrebbero disporre di procedure tali da riuscire a individuare i segnali di allerta precoce (c.d. Early warning indicator) che la B.C.E., nelle sue linee guida, elenca all’Allegato 4.

In particolare, vengono individuati taluni esempi di Early warning indicator, segnatamente:

  • aumento dei livelli di debito e garanzia reale in altre banche;
  • esposizioni scadute o altre categorie di esposizioni deteriorate in altre banche;
  • default del garante;
  • debito censito in centrale dei rischi privata (se presente);
  • azione legale;
  • fallimento;
  • variazioni della struttura societaria (ad esempio fusioni, riduzione del capitale);
  • rating esterni assegnati e relative tendenze;
  • altre informazioni negative riguardanti i principali clienti/controparti del debitore/fornitore;
  • tendenza negativa del rating interno;
  • assegni non pagati;
  • variazione significativa del profilo di liquidità;
  • leva finanziaria delle passività (ad esempio capitale proprio/totale passività <5% o 10%);
  • numero di giorni di scaduto;
  • numero di mesi di eventuale utilizzo dello scoperto/superamento dello scoperto;
  • utili al lordo delle imposte/ricavi (ad esempio rapporto <-1%);
  • perdite continue;
  • eccesso prolungato dello sconto di carta commerciale;
  • fondi propri negativi;
  • ritardo nei pagamenti;
  • calo del fatturato;
  • riduzione delle linee di credito relative a crediti commerciali (ad esempio variazione sui dodici mesi, media trimestrale/media annuale);
  • riduzione inattesa di linee di credito inutilizzate (ad esempio importo non utilizzato/totale accordato);
  • tendenza negativa del punteggio comportamentale;
  • tendenza negativa della probabilità di default e/o del rating interno.

Il calcolo degli indicatori in questione è da effettuarsi a cadenza almeno mensile, diversamente dal Legislatore della Riforma che, nel Codice della Crisi, non indica chiaramente la frequenza di determinazione degli eventuali squilibri, nonché di verifica della sostenibilità dei debiti.

D’altro canto, il sistema di allerta precoce disciplinato dal Codice della Crisi pone degli obblighi di segnalazione all’organo amministrativo in capo agli Organi di controllo, ai revisori legali e ai creditori pubblici qualificati, mentre le citate linee guida della vigilanza bancaria non sono vincolanti, sebbene le banche potrebbero essere chiamate a dare spiegazioni in sede ispettiva se ne vengono disattese le indicazioni.

Maggiori approfondimenti sul tema verranno trattati in occasione del seminario di specializzazione “Informativa economico-finanziaria e la bancabilità delle imprese”.