30 Ottobre 2014

Sul pro-rata nelle vendite con dilazione di pagamento

di Davide David
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La mancanza di liquidità comporta sempre più spesso la richiesta da parte dei clienti di dilazionare su più anni il pagamento delle forniture di beni e servizi.
A fronte di tale richiesta il fornitore è solito richiedere una maggiorazione sul prezzo normalmente applicato per la fornitura.
Tale situazione ha dei riflessi anche in ambito IVA, in quanto
la maggiorazione è esente da imposta, con la conseguenza che potrebbero insorgere delle limitazioni alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti.
Ai fini contabili e di bilancio la dilazione di pagamento delle forniture è oggetto del principio contabile nazionale Oic 15, recentemente aggiornato, nel quale è indicato quanto segue:
“I crediti che si originano dallo scambio di merci, prodotti e servizi sono valori numerari e costituiscono la contropartita dei relativi ricavi. Essi rappresentano conti di disponibilità di denaro a termine. La disponibilità di denaro a termine comporta un immobilizzo finanziario; pertanto, le condizioni di pagamento hanno un effetto diretto sull’ammontare dei ricavi che originano il credito. Se i termini di pagamento sono lunghi, il mantenimento di condizioni finanziarie fisiologiche comporta la necessità di ottenere un corrispettivo, ossia un interesse, per il periodo di indisponibilità del numerario. Tale interesse può essere chiaramente esplicitato ovvero deve ritenersi implicito nel ricavo e quindi nel credito. Nei primo caso l’interesse esplicito deve essere un interesse appropriato; nel secondo caso si rende necessario scorporare dal prezzo un interesse appropriato, cioè il corrispettivo finanziario”.
Il principio contabile prospetta quindi le seguenti tre situazioni:
  1. crediti di fornitura con interessi esplicitati in contratto, con chiara distinzione tra il prezzo di vendita dei beni o servizi e gli interessi dovuti dal cliente per dilazione di pagamento;
  2. crediti di fornitura a media e lunga scadenza con interessi non esplicitati, con conseguente necessità di scorporare gli interessi impliciti per distinguere il prezzo di vendita dei beni o servizi dagli interessi dovuti dal cliente per dilazione di pagamento;
  3. crediti di fornitura a media e lunga scadenza con interessi esplicitati in contratto in misura notevolmente inferiore a quella appropriata, con conseguente necessità di scorporare la parte di interessi non esplicitata per distinguere il prezzo di vendita dei beni o servizi dagli interessi dovuti dal cliente per dilazione di pagamento.
Il principio contabile si sofferma quindi sui
criteri di scorporo degli interessi impliciti e sulla contabilizzazione degli interessi per dilazione di pagamento (sia espliciti che impliciti), evidenziando che la parte interessi è pari alla differenza tra il valore nominale del credito (inclusivo degli interessi esplicitati) e il suo valore attuale e che tale parte
“va quindi ripartita in modo tale che l’interesse venga riconosciuto ad un tasso costante sul credito residuo finché non sia interamente incassato”.
In ambito IVA occorre ricordare che al n. 1) dell’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972 sono elencate espressamente tra le operazioni di natura finanziaria esenti da imposta anche
“le dilazioni di pagamento”.
E’ quindi esente da IVA il corrispettivo concordato tra le parti per dilazionare un pagamento, ivi compreso quello concordato per il dilazionamento del pagamento di una fornitura di beni e servizi.
Infatti, come anche chiarito sia dalla Corte di giustizia Ue che dall’Agenzia delle entrate, l’esenzione sulle operazioni di natura finanziaria (comprese le dilazioni di pagamento) ha natura oggettiva e quindi non riguarda i soli operatori finanziari (istituti di credito, ecc.) ma tutti i soggetti passivi di imposta (vedasi, tra le altre, le sentenze della Corte di giustizia Ue 5 giugno 1997, causa C-2/95, e 28 ottobre 2010, causa C-175/09, nonché la
risoluzione n. 56/E/14).
Da ciò consegue che
sono esenti da IVA anche gli interessi (sia espliciti che impliciti) richiesti dalle imprese commerciali e/o produttive sui loro crediti di fornitura, così come qualsiasi altra forma di corrispettivo richiesto per il dilazionamento.
Sul fronte della detrazione dell’IVA in presenza di operazioni esenti occorre ricordare che a norma del combinato disposto dell’art. 19, co. 5, e dell’art. 19-
bis del d.P.R. n. 633/1972:
  • se le operazioni esenti rientrano nell’ambito di una attività specifica, l’IVA assolta sugli acquisti è detraibile nel limite della percentuale (c.d. pro-rata) da determinarsi secondo quanto indicato nell’art. 19-bis, per il calcolo della quale percentuale non va però tenuto conto, tra l’altro, delle operazioni esenti indicate al n. 1) dell’art. 10 che “non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili”;
  • in assenza dei requisiti per l’applicazione del meccanismo del pro-rata, permane comunque la indetraibilità dell’IVA relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare le operazioni esenti (tra le quali quelle di cui al n. 1 dell’art. 10).
Per quanto sopra vanno escluse dal calcolo del pro-rata tutte quelle operazioni esenti da IVA che siano
eseguite solo in modo occasionale o accessorio per un migliore svolgimento dell’attività propria d’impresa (così anche la Cassazione nella sentenza n. 11085/07).
Tale principio è stato fatto proprio anche dall’Agenzia delle entrate.
Vedasi, in particolare, la risoluzione n.41/E/11 riguardante il caso delle concessionarie automobilistiche che procacciano finanziamenti a favore dei propri clienti allo scopo di favorire ed incentivare le vendite.
L’Agenzia delle entrate, riprendendo anche quanto precisato in precedenti documenti di prassi e dalla giurisprudenza di legittimità, afferma che, in via di principio,
le operazioni di natura finanziaria, finalizzate al raggiungimento degli scopi sociali, non possono essere qualificate come attività proprie dell’impresa, ma devono essere piuttosto qualificate come rese a supporto di detta attività e tendenti alla più proficua realizzazione economica della medesima”.
Sulla base di detto principio l’Agenzia delle entrate afferma che le operazioni di finanziamento poste in essere dalle concessionarie automobilistiche per la vendita di mezzi di trasporto
non debbano concorrere alla determinazione del pro-rata “in quanto accessorie o strumentali all’acquisizione dei contratti di vendita dei predetti mezzi di trasporto”.
Tutto ciò a condizione però, conclude l’Agenzia delle entrate, che le attività finanziarie poste in essere dalle concessionarie automobilistiche comportino
un limitato impiego di lavoro, beni e servizi rilevanti fini IVA, tale da non costituire una vera e propria organizzazione specifica per la gestione di tali attività”.
Il limitato impiego di risorse quale discriminante per l’applicazione del pro-rata lo si ritrova anche in diversi pronunciamenti della Corte di giustizia Ue. Vedasi, in particolare, la sentenza 6 marzo 2008, causa C-98/07, nella quale è affermata la irrilevanza ai fini del pro-rata delle operazioni esenti che
“implichino un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta”.
Per contro, sempre secondo l’Agenzia delle entrate, l’impiego significativo di lavoro, di beni e di servizi per lo svolgimento di operazioni esenti è atto a configurare la presenza di una attività separata e autonoma a quella principale (quindi non meramente occasionale o accessoria), con conseguente rilevanza ai fini del pro-rata. Sulla base di questo convincimento l’Agenzia delle entrate ha, ad esempio, ritenuto
rilevante per il pro-rata l’attività di finanziamento svolta da una holding industriale a favore delle società del gruppo (cfr.
circolare n. 305/E/08).
Vi è ora da dire che, di norma, la dilazione di pagamento concessa sulle forniture di beni e servizi ha unicamente lo scopo di favorire ed incentivare tali forniture e non certamente quello di porre in essere una autonoma attività di credito.
Riprendendo quindi i principi della giurisprudenza e della prassi di fonte ministeriale,
sembra potersi affermare che le forniture di beni e servizi con dilazione di pagamento del corrispettivo non dovrebbero comportare l’applicazione del pro-rata laddove:
  • la dilazione di pagamento viene concessa unicamente per la fornitura dei beni e servizi oggetto dell’attività;
  • e la gestione dei contratti di fornitura, per la parte concernente la dilazione di pagamento, richiede un limitato impiego di lavoro, di beni e di servizi rilevanti ai fini IVA, tale da non comportare la costituzione di una funzione aziendale specifica per la gestione di tali operazioni.
In tale situazione le dilazioni di pagamento concesse ai clienti, quando non siano così sproporzionata da trasformare l’attività produttiva o commerciale in una attività meramente finanziaria, non configurano una attività autonoma ma soltanto un insieme di atti che rappresentano uno
strumento normale per il conseguimento dei fini produttivi o commerciali, secondo parametri di regolarità causale ovvero anche degli atti che siano legati ai predetti fini da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale. In tale ipotesi non trova quindi applicazione il pro-rata (così anche la sentenza della CTR Roma n. 171/06).
La situazione è invece diversa laddove la gestione delle dilazioni di pagamento comporti un impiego significativo di beni e di servizi rilevanti ai fini IVA, tale da poter configurare lo svolgimento di una attività autonoma dedita alla concessione di crediti agli acquirenti dei prodotti aziendali, come può essere, ad esempio, nel caso che l’impresa si avvalga di risorse interne e/o esterne per la contrattazione delle forme di pagamento e per la gestione dei pagamenti e dei relativi insoluti (vedasi, in tal senso, i principi espressi dalla CTR Perugia nella sentenza n. 145/13).
In tale ipotesi potrebbero sussistere le condizioni per far concorrere alla determinazione del pro-rata gli interessi (espliciti o impliciti) sulla dilazione di pagamento.
Peraltro, per i principi che sottendono alla disciplina IVA (in particolare quello sulla neutralità dell’imposta garantita dal sistema comune IVA) la rilevanza dell’impiego di risorse, quale discrimine per l’applicabilità del pro-rata, dovrebbe riguardare i soli beni e servizi acquisiti con IVA e
non anche le prestazioni (quali, ad esempio, quelle di lavoro dipendente) non soggette ad IVA. In buona sostanza è da ritenere che se le dilazioni di pagamento vengono gestite prevalentemente da dipendenti dell’azienda, con insignificante utilizzo di beni e servizi esterni, comunque gli interessi (impliciti o espliciti) non dovrebbero concorrere alla formazione del pro-rata. E ciò anche nell’ipotesi che la gestione delle dilazioni di pagamento richieda un significativo impegno per i dipendenti incaricati di tale funzione.
In tale ipotesi, non trovando applicazione il pro-rata, le dilazioni di pagamento comporteranno la sola indetraibilità dell’IVA relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare tali operazioni.