25 Giugno 2025

Rimborsi chilometrici sempre rilevanti nella determinazione del reddito di lavoro autonomo?

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Secondo le nuove regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo, riformate dal D.Lgs. 192/2024, è prevista una sostanziale neutralità dei rimborsi spese sostenuti dal professionista per l’esecuzione di un incarico e riaddebitati analiticamente al committente. La normativa è stata recentemente oggetto di modifica ad opera del D.L. 84/2025, che ha condizionato l’esclusione da tassazione dei rimborsi spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante servizi pubblici non di linea (sostenute nel territorio dello Stato), alla condizione che il pagamento sia avvenuto con mezzi tracciabili. Coerentemente, anche per la deducibilità (qualora il committente non rimborsi tali costi nelle ipotesi indicate nell’articolo 54-ter), è prevista la medesima condizione della tracciabilità del pagamento.

Si ricorda che, in deroga alla regola generale secondo cui le nuove regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo sono applicabili già con decorrenza dal periodo d’imposta 2024, la “neutralità” dei rimborsi spese riguarda le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2025. Pertanto, nella compilazione del quadro RE del modello Redditi 2025, per il periodo d’imposta 2024, è necessario continuare ad applicare le vecchie regole per la gestione dei rimborsi spese analiticamente addebitati al committente in esecuzione di un incarico, ossia: deduzione integrale del costo (senza limitazioni parametrate al volume dei compensi) e riaddebito rilevante nella determinazione del reddito, con conseguente assoggettamento a ritenuta.

A partire dal 1° gennaio 2025, come detto, il Legislatore ha voluto rendere neutre nella formazione del reddito le spese sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente al committente (fatte salve le nuove condizioni inserite dal D.L. 84/2025). Nell’ambito delle spese non vi sono particolari limitazioni in merito alla tipologia delle stesse (tipicamente spese di vitto, alloggio e viaggio), ma è richiesto che l’addebito al committente sia “analitico”. Parrebbe, quindi, determinante che la spesa sostenuta dal professionista, e oggetto di riaddebito, debba risultare da un documento giustificativo di spesa emesso da un soggetto esterno (fattura, ricevuta, etc.), da cui si possa evincere in modo analitico l’importo sostenuto. In questo ambito rientrano, quindi, tutte le spese di vitto, alloggio e trasporto effettuato tramite vettore (treno, aereo, etc.), poiché in tutte queste ipotesi risulta una documentazione attestante l’ammontare della spesa sostenuta dal professionista. In base a questa chiave di lettura, qualora per la trasferta il professionista utilizzi la sua auto, il riaddebito del rimborso chilometrico non rientrerebbe tra le spese addebitate “analiticamente”, con conseguente obbligo di inclusione nel reddito (sia dal lato costi, sia tra i componenti positivi) ed assoggettamento a ritenuta da parte del committente sostituto d’imposta. Tuttavia, si potrebbe anche sostenere che il rimborso chilometrico, variabile in funzione del modello di auto utilizzato, sia nella sostanza “analitico”, poiché l’ammontare del costo non è forfettario o discrezionale, ma si basa sulle tariffe chilometriche elaborate dall’Aci ogni anno, in funzione del modello di auto, della modalità di alimentazione e di altri fattori (in questo senso è, quindi, “analitico”). È pur vero che non si avrebbe una documentazione specifica a supporto del costo (la fattura o la ricevuta del costo sostenuto per il trasporto ferroviario o aereo ad esempio), ma è altrettanto vero che non parrebbe coerente modificare le regole di determinazione del reddito in funzione della tipologia di mezzo di trasporto prescelto dal professionista (o indicato dal committente) per l’esecuzione del medesimo incarico professionale.

Si ricorda, inoltre, che ai fini Iva, il rimborso delle spese sostenute dal professionista è in linea generale imponibile ad Iva, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15, comma 1, n. 3), D.P.R. 633/1972, che esclude da Iva le spese sostenute in nome e per conto del committente, ossia nell’ambito di un mandato con rappresentanza. Tuttavia, tale esclusione non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui il professionista esegue una trasferta per contro del committente, ed in tale occasione sostiene delle spese di vitto, alloggio e viaggio che al termine dell’incarico riaddebita in fattura al committente unitamente al proprio compenso. In tale ipotesi, infatti, le spese sono anticipate solamente per conto del committente, ma direttamente a nome del professionista. Pertanto, il riaddebito deve essere soggetto ad Iva, anche se trova applicazione l’esclusione della formazione del reddito, di cui all’articolo 54, Tuir. In buona sostanza, si assiste ad un disallineamento tra la disciplina prevista per le imposte sui redditi e quella contenuta nelle disposizioni di cui al D.P.R. 633/1972.