28 Aprile 2018

Regime fiscale dei lavoratori impatriati: condizioni e benefici

di Luca Mambrin
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Per poter beneficiare del regime fiscale agevolato dei lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 D.Lgs. 147/2015, i contribuenti interessati, nel caso siano titolari di reddito di lavoro dipendente, devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro.

Questa richiesta, resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, deve contenere:

  • le generalità (nome, cognome e data di nascita);
  • il codice fiscale;
  • l’indicazione della data di rientro in Italia e della prima assunzione in Italia (in caso di assunzioni successive o più rapporti di lavoro dipendente);
  • la dichiarazione di possedere i requisiti previsti dal regime agevolativo di cui si chiede l’applicazione;
  • l’indicazione dell’attuale residenza in Italia;
  • l’impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione della residenza prima del decorso del periodo minimo previsto dalla norma della quale si chiede la fruizione;
  • la dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44 D.L. 78/2010, dalla L. 238/2010, dall’articolo 16 D.Lgs. 147/2015 e dall’articolo 24-bis Tuir.

Il datore di lavoro deve riconoscere il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo (50% per i lavoratori “impatriati”), al quale saranno commisurate le relative detrazioni.

Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi. In questo caso, il reddito di lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta.

Per quanto riguarda invece i lavoratori autonomi, questi ultimi potranno accedere al regime fiscale di favore direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, possono fruire dell’agevolazione in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente ai sensi dell’articolo 25 D.P.R. 600/1973.

In tal caso, analogamente a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi devono presentare una richiesta scritta ai propri committenti, resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, la quale deve contenere:

  • le generalità (nome, cognome e data di nascita);
  • il codice fiscale;
  • l’indicazione della data di rientro in Italia;
  • la dichiarazione di possedere i requisiti previsti dal regime agevolativo di cui si chiede l’applicazione;
  • l’indicazione dell’attuale residenza in Italia;
  • la dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44 D.L. 78/2010, dalla L. 238/2010, dall’articolo 16 D.Lgs. 147/2015 e dall’articolo 24-bis Tuir.

Il committente, all’atto del pagamento del corrispettivo, deve operare la ritenuta del 20% prevista dall’articolo 25 D.P.R. 600/1973 sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo per il quale il lavoratore ha presentato la richiesta scritta (pari al 50%).

Per quanto riguarda la misura dell’agevolazione, si ricorda che l’articolo 1, comma 150, lettera a), n. 2, della Legge di Bilancio 2017 ha modificato la percentuale del reddito soggetto a tassazione prevista dall’articolo 16 D.Lgs. 147/2015, stabilendo che il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo ammesso al beneficio fiscale, concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al cinquanta per cento del suo ammontare“, con decorrenza dal 1° gennaio 2017 (nella versione ante-modifiche la percentuale di tassazione era fissata al 70%).

L’agevolazione fiscale per i lavoratori impatriati spetta per cinque periodi di imposta e, precisamente, per quello in cui il soggetto trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Il beneficiario degli incentivi decade dal diritto agli stessi laddove la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi.

A tal fine l’Agenzia, nella circolare 17/E/2017 ha precisato che il biennio di permanenza nel territorio dello Stato decorre dal periodo di imposta in cui il lavoratore diviene fiscalmente residente, ciò in coerenza con il presupposto dell’agevolazione in esame, basato sulla acquisizione della residenza fiscale ai sensi dell’articolo 2 Tuir.

Ad esempio nel caso in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di marzo 2016, e abbia pertanto acquisito la residenza fiscale per l’intero anno (avendo soddisfatto il requisito della residenza per la maggior parte del periodo di imposta), il biennio può ritenersi compiuto il 3 luglio 2017, vale a dire una volta trascorsi i 183 giorni previsti dal richiamato articolo 2, comma 2, Tuir, che ne determinano la residenza fiscale per l’intero anno.

Nel caso, invece, in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di novembre 2016, e non può quindi essere considerato fiscalmente residente in Italia in detto anno, il biennio comincerà a decorrere dal periodo di imposta successivo (2017) e potrà ritenersi compiuto il 3 luglio 2018, una volta trascorsi i 183 giorni di cui al citato articolo 2, comma 2, Tuir.

In caso di contratto di lavoro dipendente a tempo determinato avente scadenza anteriore al decorso del biennio, ovvero in ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato anteriormente allo scadere del biennio per cause non imputabili al lavoratore, il contribuente non decade dall’agevolazione purché non trasferisca la residenza fuori dall’Italia prima del biennio.

La compilazione del quadro RW 2022