15 Luglio 2015

Notificazione degli atti giudiziari solo con l’Ente poste

di Enrico Ferra
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In tema di notificazione degli atti giudiziari, quando il legislatore prescrive, ai fini della corretta esecuzione della notificazione, il ricorso alla “raccomandata con ricevuta di ritorno”, non può che riferirsi al servizio postale universale offerto dall’Ente poste su tutto il territorio nazionale. La conseguenza è che, qualora tale adempimento sia affidato ad un’agenzia privata di recapito, risulta violata la formalità prevista dall’art.140 c.p.c. e non può ritenersi correttamente perfezionato il procedimento notificatorio.

Questo è in estrema sintesi il convincimento della Corte di Cassazione sul delicato tema delle formalità necessarie a dare certezza alla spedizione degli atti e alla loro ricezione da parte dei destinatari.

Quanto alle conseguenze del mancato rispetto delle prescrizioni di legge riguardanti il procedimento di notificazione, escludendo le mere irregolarità, è noto come tali vizi vengano solitamente collocati all’interno delle due categorie della nullità e della inesistenza.

Alla luce di ciò, è importante delineare brevemente il confine tra nullità ed inesistenza e individuare il tipo di “irregolarità” di cui un determinato atto sarebbe affetto, poiché diverse sono le conseguenze sul piano della salvezza o meno degli effetti dell’atto viziato.

In termini molto generali, va ricordato che in base alle disposizioni dell’art.160 c.p.c. la nullità del procedimento notificatorio può derivare da alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge, ovvero:

  1. dal mancato rispetto delle disposizioni circa la persona cui deve essere consegnata la copia dell’atto;
  2. dall’assoluta incertezza sulla persona cui l’atto è consegnato;
  3. dall’assoluta incertezza sulla data di notifica.

In base poi al principio contenuto nell’art.156 c.p.c., le notifiche affette da nullità sono suscettibili di sanatoria qualora l’atto in contestazione abbia raggiunto lo scopo a cui era destinato. Di conseguenza, l’eventuale conoscenza extraprocessuale di atti non notificati seguita dalla tempestiva costituzione in giudizio, pur se effettuata unicamente allo scopo di dedurre il vizio di notifica, comporta di per sé la salvezza dell’atto in virtù del principio appena riportato.

Diversamente, le ipotesi di inesistenza, di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, rappresentano dei casi limite in cui la notifica è effettuata in un luogo e presso una persona privi di ogni relazione con il destinatario effettivo, nel qual caso, di fatto, viene a mancare il necessario collegamento tra la formalità della notifica ed il soggetto destinatario. È un’ipotesi, dunque, che ricorre quando manchi del tutto la notificazione ovvero quando quest’ultima sia effettuata in un modo assolutamente non contemplato dalla legge.

Tale categoria di irregolarità comporta che l’atto ritenuto giuridicamente inesistente esca completamente “dallo schema legale degli atti di notificazione”, difettando “totalmente gli elementi caratterizzanti che consentono la qualificazione di atto sostanzialmente conforme al modello legale delle notificazioni” ed in quanto tale astrattamente insuscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo.

Le ipotesi di nullità ed inesistenza si applicano, come noto, non solo nel processo civile, ma anche in relazione ad alcuni atti, quali l’avviso di accertamento tributario, non aventi natura processuale ma solo sostanziale, in particolar modo quando vi sia un espresso richiamo di tali istituti nella disciplina tributaria (si veda Cass. n.6613/13).

Il contributo in esame prende spunto da due ordinanze “gemelle” della Corte di Cassazione (n.26704/2014 e n.26705/2014), emblematiche del sottile confine tra inesistenza e nullità, in riferimento alle notifiche a mezzo posta eseguite da agenzie di recapito private.

In entrambi i casi esaminati dai giudici di legittimità viene accolta la tesi del contribuente che deduceva l’inammissibilità dell’appello perché proposto oltre sei mesi dopo la pubblicazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La Corte, accogliendo le argomentazioni del giudice di merito, ribadisce che la riserva di cui all’art.4, co.5, del D.Lgs. n.261/99 è rivolta esclusivamente all’Ente poste fornitore del servizio nazionale e che le formalità finalizzate a dare certezza alla spedizione e al ricevimento degli atti costituiscono attribuzione esclusiva degli uffici postali e degli “agenti” ed “impiegati” addetti, i quali soltanto sono pubblici ufficiali. Ne deriva che laddove il contribuente si affida ad un corriere privato, la raccomandata equivale ad una consegna manuale e la data su cui fare affidamento risulta quella di ricevimento da parte dell’Agenzia delle entrate. La ratio della disposizione contenuta nel D.Lgs. n.261/99 si fonda su esigenze di ordine pubblico connesse alla necessità di assicurare funzione probatoria agli invii raccomandati. Pertanto, tali invii, fuoriuscendo del tutto dagli schemi legali di notificazione, sono da considerare inesistenti.   

Di diverso avviso si mostra, invece, la Corte nella medesima ordinanza in relazione all’eccezione di nullità sollevata dall’Agenzia delle entrate, che nel suo controricorso chiedeva l’inammissibilità del ricorso per cassazione, per essere lo stesso consegnato a mani presso lo sportello dell’Ufficio territoriale.

Anche in tal caso viene condivisa la decisione del giudice di merito, che propendeva tuttavia non per la inesistenza ma per la nullità della notifica per mancato rispetto della disciplina dettata dal codice di procedura civile, con conseguente sanatoria di tale nullità per effetto dell’intervenuta costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate.

Si può evincere, quindi, come due irregolarità del procedimento notificatorio, apparentemente molto simili, comportino conseguenze molto diverse sul piano processuale, in quanto solo l’inesistenza rappresenta un vizio così radicale insuscettibile di sanatoria mediante un provvedimento adottabile dal giudice.

 

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