Finanziamento dei soci sotto la lente del codice civile e del Fisco – III parte
di Andrea BongiIl regime fiscale degli interessi percepiti sui finanziamenti fruttiferi effettuati dai soci è una questione sulla quale spesso si incentrano le attenzioni e le perplessità dei contribuenti e del Fisco.
In linea generale, il regime fiscale di tassazione degli interessi attivi percepiti dai soggetti che svolgono attività d’impresa, è disciplinata dall’articolo 89, Tuir.
Tale articolo è applicabile anche alle società di persone e alle imprese individuali per il rimando generale effettuato dall’articolo 56, comma 1, alle disposizioni previste per la determinazione del reddito dei soggetti Ires.
Per tali soggetti gli interessi attivi (diversi da quelli di mora) concorrono a formare il reddito di impresa per l’ammontare maturato nell’esercizio, secondo l’ordinario criterio di competenza.
Le imprese minori assoggettano ad imposizione gli interessi attivi secondo il principio di cassa sulla base delle previsioni contenute nell’articolo 66, Tuir.
Gli interessi attivi e gli interessi passivi, compresi quelli bancari, non possono formare oggetto di compensazione fra loro.
La tassazione degli interessi sui finanziamenti soci varia in base alla natura del finanziamento (fruttifero o infruttifero) e alla tipologia di socio percettore degli stessi:
- per i finanziamenti fruttiferi, gli interessi attivi percepiti dai soci persone fisiche sono considerati redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, Tuir, e sono soggetti a ritenuta d’imposta del 26%;
- per i soci persone giuridiche (società), gli interessi attivi sui finanziamenti concorrono alla formazione del reddito d’impresa per il loro complessivo ammontare.
Per quanto attiene al criterio corretto per la tassazione degli interessi sui finanziamenti effettuati dai soci persone fisiche alla società è dunque quello di cassa, e non quello di competenza economica. Non si riscontrano orientamenti che indichino espressamente la tassazione per “maturazione” degli interessi in capo al socio persona fisica che non agisce nell’ambito dell’attività d’impresa e ora anche di lavoro autonomo.
In questo senso anche la circolare n. 11/E/2005 dell’Agenzia delle entrate ha ribadito che “l’assimilazione della remunerazione indeducibile dei finanziamenti agli utili distribuiti comporta che la tassazione di questi ultimi avvenga al momento della percezione (criterio di imputazione a periodo per cassa) e non al momento della maturazione (criterio di imputazione a periodo per competenza)”.
Ciò premesso, si tratta di individuare anche i corretti criteri di applicazione della ritenuta sugli interessi dovuti a favore dei soci.
Su tale questione vi sono diversi aspetti da considerare.
In primo luogo, occorre verificare la natura degli interessi relativi al finanziamento dei soci. Gli interessi derivanti da finanziamenti soci, come abbiamo visto, hanno una natura differente a seconda del soggetto percettore:
- se il socio percettore è una società in nome collettivo, in accomandita semplice o equiparata, oppure una società soggetta all’Ires, o un ente pubblico o privato con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, gli interessi non costituiscono “reddito di capitale”, ma rientrano nella determinazione del reddito d’impresa, quali componenti positivi;
- se il socio percettore è invece un soggetto che istituzionalmente non può essere titolare di redditi d’impresa (società semplici, società ed associazioni fra artisti e professionisti, imprese agricole), gli interessi sono considerati invece quali “redditi di capitale”;
- se il socio percettore è un imprenditore individuale o un soggetto per il quale il possesso di redditi d’impresa rappresenta una eventualità (come gli enti non commerciali), la qualificazione dipende dalle circostanze specifiche.
Per quanto attiene, invece, all’applicazione della ritenuta, l’articolo 26, comma 5, D.P.R. 600/1973, prevede che:
- per i soggetti residenti: quando gli interessi costituiscono reddito di capitale, si applica una ritenuta del 12,50% a titolo d’acconto, con obbligo di rivalsa;
- per i soggetti non residenti: la ritenuta è applicata a titolo d’imposta ed è operata anche sui proventi conseguiti nell’esercizio d’impresa commerciale.
Tuttavia, quando gli interessi sono corrisposti tra società commerciali residenti ed enti assimilati, essendo qualificati come reddito d’impresa e non come reddito di capitale, non si applica la ritenuta prevista dall’articolo 26, comma 5, D.P.R. 600/1973.
