7 Maggio 2025

Successione: come determinare il valore delle partecipazioni donate

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Nel sistema successorio italiano, la ricostruzione dell’asse ereditario e la tutela dei legittimari impongono una corretta determinazione del valore dei beni donati in vita dal de cuius, ai fini della riunione fittizia prevista dal codice civile. Tra tali beni, le partecipazioni sociali rappresentano un tema particolarmente complesso, a causa della loro natura intangibile e dinamica, nonché dell’assenza, nella normativa vigente, di criteri specifici di valorizzazione coerenti con la loro evoluzione economico-patrimoniale.

Se per i beni immobili e mobili materiali l’applicazione delle norme codicistiche in materia di collazione consente di determinare il valore al momento della successione, tenendo conto di miglioramenti e deterioramenti, nel caso delle partecipazioni societarie – che un diritto personale di partecipazione alla vita societaria e non un diritto reale sul patrimonio societario – sorgono rilevanti criticità.

Il codice civile, infatti, prevede che i beni mobili oggetto di collazione siano valutati sulla base del valore che avevano alla data della successione (senza ulteriori correttivi), ma ciò può condurre a esiti irragionevoli e lesivi dell’equilibrio tra i coeredi.

La tematica prospettata è tutt’altro che teorica, in quanto la determinazione del valore delle partecipazioni ha un impatto diretto sull’individuazione della quota di legittima, sull’eventuale insorgenza di una lesione e, conseguentemente, sulla proponibilità delle azioni di riduzione e restituzione. È, quindi, centrale, nella pratica professionale, adottare criteri di valutazione che siano equi e sostenibili, non solo sotto il profilo tecnico ma anche rispetto alla ratio sottesa alle norme in materia successoria.

Tradizionalmente, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il valore delle partecipazioni debba essere determinato alla data della morte del de cuius, aderendo ad un’interpretazione letterale dell’articolo 750, cod. civ. (cfr., Cassazione n. 502/2003, n. 20258/2014 e n. 10756/2019). Tale orientamento, tuttavia, si rivela insoddisfacente, soprattutto nei casi in cui le partecipazioni donate abbiano subito significative variazioni di valore tra la data della donazione e quella della morte del disponente. Si pensi all’ipotesi in cui l’incremento di valore sia imputabile all’opera e alla gestione del donatario: in tal caso, quest’ultimo sarebbe ingiustamente penalizzato da un meccanismo che attribuisce alla donazione un valore superiore a quello effettivamente ricevuto.

STEP Italy, con il proprio position paper, ha affrontato la questione giuridica prospettata, giungendo alla conclusione secondo cui la soluzione più coerente con la ratio delle norme civilistiche è quella che prevede la determinazione del valore delle partecipazioni alla data della donazione, con una “trasposizione” di tale valore alla data dell’apertura della successione. Tale operazione deve avvenire tenendo conto esclusivamente di fattori fisiologici ed esogeni del mercato di riferimento, escludendo, quindi, variazioni dovute ad azioni straordinarie o meramente soggettive del donatario.

Il metodo proposto si articola in due varianti tecniche. Il primo prevede la capitalizzazione del valore delle partecipazioni al momento della donazione, attraverso l’applicazione di modelli di crescita basati sul costo del capitale. Il secondo, più raffinato, suggerisce, invece, di “fotografare” l’azienda oggetto della donazione al tempo dell’atto, per poi stimarne il valore alla data della successione immaginando che quell’asset, invariato per struttura e composizione, sia oggi esistente. In entrambi i casi, si cerca di evitare che l’interprete attribuisca alla partecipazione donata un valore influenzato da operazioni straordinarie, evoluzioni imprenditoriali personali o variazioni fuori scala rispetto all’equilibrio successorio.

Si tratta, evidentemente, di un approccio che impone valutazioni tecniche complesse, da affidare ad esperti in analisi aziendali, ma che consente di meglio aderire alla ratio legis della collazione, ovvero la parità di trattamento tra gli eredi. In tale prospettiva, viene privilegiata un’equità sostanziale, capace di superare le rigidità testuali dell’attuale normativa, nella consapevolezza che l’evoluzione del diritto, anche successorio, passa attraverso la giurisprudenza e l’elaborazione dottrinale.

L’impostazione proposta da STEP Italy risulta condivisibile in quanto la valorizzazione “traslata” della partecipazione donata, sterilizzata da effetti straordinari e gestionali, consente di tutelare tanto i legittimari quanto i donatari, preservando l’intangibilità della legittima, ma anche l’equità del trattamento successorio. Essa rappresenta un’interpretazione evoluta che riconcilia la lettera della norma con la sua funzione, offrendo una guida operativa per i professionisti chiamati ad assistere le famiglie imprenditoriali in contesti ad alta complessità patrimoniale.

In conclusione, il position paper di STEP Italy si rivela uno strumento prezioso per affrontare un nodo interpretativo di grande rilievo, con un approccio tecnico, equilibrato e coerente con i principi fondanti del diritto delle successioni. L’auspicio è che possa contribuire ad orientare i futuri sviluppi normativi e giurisprudenziali, consolidando una prassi valutativa più attenta alle peculiarità dei patrimoni complessi e alla giustizia sostanziale tra gli eredi.