28 Ottobre 2025

Riaddebito spese comuni di studio professionale

di Alessandro Bonuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

La corretta gestione delle somme riaddebitate da un professionista ad altri professionisti per la condivisione delle spese comuni dello studio passa da un’attenta analisi sotto il profilo dell’imposizione diretta, dell’IVA e pure previdenziale.

Lo schema di lavoro è il seguente:

  • presso i locali dello studio lavorano più professionisti che non formano un’associazione professionale, bensì esercitano l’attività professionale ciascuno con la propria partita IVA;
  • le spese comuni dello studio sono sostenute da un solo professionista che poi le riaddebita pro quota agli altri professionisti, sulla base di accordi interni.

Per quanto riguarda le imposte sul reddito, dal lato del professionista che sostiene le spese comuni di studio e le riaddebita, trova applicazione:

  • il nuovo articolo 54, comma 2, lettera c), Tuir, secondo cui non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio dell’attività e per i servizi a essi connessi;
  • il nuovo articolo 54-ter Tuir, secondo cui, generalmente, le spese comuni riaddebitate non sono deducibili dal reddito professionale. La deducibilità è riconosciuta per la parte di spese rimaste effettivamente a carico del professionista e inerenti all’esercizio dell’attività.

Pertanto, il riaddebito non assume rilevanza né quale componente positivo di reddito, né quale componente negativo di reddito. Non costituendo compenso professionale, le somme riaddebitate non devono essere assoggettate, come in passato, alla ritenuta d’acconto del 20%.

Resta salva la deducibilità della parte di spesa rimasta carico del professionista e dunque non riaddebitata, riferibile a beni e/o servizi utilizzati dallo stesso per l’esercizio della propria attività.

Sotto l’aspetto previdenziale, va indagato l’eventuale obbligo di applicare il contributo integrativo sulle somme riaddebitate in fattura. A tal fine, assumono rilevanza le disposizioni del regolamento della singola Cassa cui appartiene il professionista interessato.

Ad esempio, se il professionista che riaddebita le spese comuni è un commercialista, sulle somme riaddebitate va applicato il contributo integrativo, siccome il regolamento della Cassa dei Dottori Commercialisti prevede che debbano essere assoggettati a contribuzione previdenziale tutti i valori rientranti nel volume d’affari IVA. Invece, Inarcassa prevede che il contributo integrativo non sia dovuto sulle somme oggetto di riaddebito, in ragione del fatto che esse non rappresentano un compenso professionale.

Sotto il profilo dell’IVA, la risposta a interpello n. 189/E/2025 ha precisato che il riaddebito delle spese comuni dello studio da parte del professionista intestatario delle stesse ad altri professionisti rappresenta un’operazione rilevante ai fini dell’imposta e, dunque, deve essere certificato con emissione di fattura. Nell’occasione, l’Agenzia delle Entrate ha altresì affermato che l’importo riaddebitato va assoggettato a IVA con applicazione dell’aliquota ordinaria del 22%, indipendentemente dal trattamento subito a monte dalla singola spesa ancorché analiticamente riaddebitata. Quindi, sconta l’aliquota IVA ordinaria del 22% anche il riaddebito di spese non soggette a IVA come, ad esempio, i costi per il personale dipendente che risultano fuori campo IVA.

Ciò in ragione del fatto che, a parere dell’Agenzia delle Entrate, il rapporto che si instaura tra il professionista intestatario delle spese e i professionisti destinatari del riaddebito non è qualificabile come un mandato senza rappresentanza; invece, il riaddebito delle spese in esame va considerato un importo relativo alla fornitura di una prestazione complessa.

Resta fermo che se tra le spese comuni riaddebitate figurano anche somme a titolo di interessi legali, le stesse, avendo natura risarcitoria, non concorrono alla formazione della base imponibile IVA, ai sensi dell’art. 15, D.P.R. n. 633/1972, con conseguente non assoggettamento all’imposta.