Regime Iva della consegna di beni in garanzia in Paesi extra-UE
di Marco Peirolo
Le consegne di beni in garanzia al di fuori del territorio dell’Unione europea, come definito dall’art. 7, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, devono essere attentamente gestite sotto i profili fiscale e doganale.
Di regola, la sostituzione del bene o di una parte difettosa, effettuata nel rapporto diretto con il cliente, non costituisce un’operazione soggetta a IVA se è effettuata in esecuzione di un’obbligazione di garanzia prevista contrattualmente, per la quale non è stabilito un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita comprende anche le cessioni sostitutive.
Si tratta di un principio generale, applicabile nei rapporti con clienti italiani, comunitari o extracomunitari e, quindi, indipendentemente dal luogo di consegna del bene sostitutivo (in Italia, nella UE o al di fuori della UE).
Rientra nella casistica in esame anche l’ipotesi in cui il bene originario sia venduto ad una impresa italiana, mentre quello sostitutivo sia trasportato/spedito, su incarico del cliente italiano, in territorio extracomunitario.
La nota dell’Agenzia delle Dogane 11 febbraio 1998, n. VII/15-10367 ha operato una distinzione tra la cessione all’esportazione di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 e l’esportazione ai fini doganali.
Agli effetti dell’IVA assume rilevanza il rapporto civilistico instaurato tra i due soggetti interessati; pertanto, perché si configuri una cessione all’esportazione è indispensabile non solo il verificarsi del trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, ma anche il pagamento del corrispettivo, oltre alla materiale uscita dei beni dal territorio comunitario.
La mancanza di tali presupposti non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa in materia di IVA ed, in particolare, l’assenza del corrispettivo non consente di includere l’operazione tra quelle che concorrono alla formazione del plafond.
Di norma, i beni sostitutivi vanno trasportati/spediti al di fuori della UE emettendo una fattura pro-forma che riporti il valore della merce ai soli fini doganali e con l’indicazione che si tratta di un invio in garanzia.
Esistono, però, Paesi extra-UE che, ai fini dell’importazione, non accettano la fattura pro-forma (es. Emirati Arabi Uniti, Sudafrica, Repubblica Dominicana, ecc.). Di conseguenza, le spedizioni accompagnate da pro-forma non verranno sdoganate fino alla presentazione della fattura commerciale in originale.
Per gli invii dei beni sostitutivi in questi Paesi occorre, pertanto, emettere la fattura prevista per le spedizioni di beni di valore commerciale destinati alla vendita. In assenza, la consegna della merce subirà ritardi e, in conseguenza del tardivo espletamento della procedura di sdoganamento, le Autorità doganali applicheranno le sanzioni.
All’atto dell’importazione nel Paese extracomunitario sono dovuti i dazi.
L’impresa italiana che, per ragioni commerciali, non intenda far pagare tali diritti doganali al cliente deve pattuire la resa della merce con clausole DDP (reso sdoganato) o DAP (reso al luogo di destinazione), con le quali il venditore si obbliga a consegnare la merce sdoganata nel luogo di destinazione convenuto, senza però scaricarla dal mezzo di trasporto. In caso di trasporto marittimo, lo stesso risultato è ottenuto con le clausole CFR (costo e nolo) o CIF (costo, assicurazione e nolo).
L’obbligo del venditore di consegnare la merce sdoganata al vettore da lui incaricato può essere, invece, stabilito con le clausole CPT (trasporto pagato fino a) o CIP (trasporto e assicurazione pagati fino a), utilizzate per tutte le tipologie di trasporto.
