17 Novembre 2025

Regime IVA degli stampi di produzione ceduti a impresa diversa da quella destinataria dei beni

di Marco Peirolo
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La Corte di Giustizia UE, con la sent. 23 ottobre 2025, causa C-234/24, confermando le conclusioni dell’Avvocato generale, presentate il 22 maggio 2025, si è pronunciata sul trattamento IVA delle cessioni di stampi utilizzati ai fini della produzione di beni oggetto di cessione intracomunitaria.

 

Descrizione del caso

Nel caso considerato, una società bulgara fabbrica uno stampo su ordine di una società tedesca, che ne acquisisce la proprietà. Lo stampo resta fisicamente presso la società bulgara per essere utilizzato ai fini della produzione di beni ceduti esclusivamente a una società slovacca appartenente allo stesso gruppo della società tedesca.

Quest’ultima ha successivamente ceduto lo stampo alla società slovacca, addebitando l’IVA bulgara per mezzo della posizione IVA posseduta in Bulgaria.

Il rimborso IVA chiesto dalla società slovacca ai sensi della Direttiva 2008/9/CE, cioè tramite il “portale elettronico”, è stato respinto dalle Autorità fiscali bulgare, per le quali la cessione dello stampo, da un lato, e dei beni fabbricati con lo stampo, dall’altro, costituiscono un’unica operazione inscindibile dal punto di vista economico, nella quale lo stampo perde la rilevanza economica a seguito della fabbricazione dei beni.

In sostanza, dato che la società slovacca avrebbe ricevuto i beni fabbricati dalla società bulgara a titolo di cessione intracomunitaria, anche la cessione dello stampo, dovrebbe essere trattata come tale.

Pertanto, la Corte ha dovuto stabilire se sia possibile rimborsare l’IVA relativa alla cessione di uno stampo a un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui è avvenuto l’acquisto, a motivo del fatto che tale cessione ha natura intracomunitaria ed è, quindi, esente da imposta, dato che deve essere considerata come facente parte di un’operazione economica inscindibile o come accessoria a un’operazione principale costituita dalla cessione intracomunitaria dei beni prodotti per mezzo dello stampo, sebbene lo stampo non abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro del cedente.

 

Realizzazione di stampi per la produzione di beni ceduti a clienti UE

Lo sviluppo degli stampi di produzione è un’attività che deve essere correttamente inquadrata quando viene svolta per conto di imprese di altri Stati membri dell’Unione Europea.

Si tratta, infatti, di stabilire se l’importo addebitato al committente comunitario a titolo di rimborso delle spese sostenute per la realizzazione dello stampo sia soggetto allo stesso regime delle cessioni dei beni prodotti con lo stampo, cioè alla non imponibilità IVA di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993, applicata quando i beni sono trasportati/spediti in altro Stato membro a favore di un soggetto IVA.

Di norma, il rapporto contrattuale tra l’impresa italiana e quella comunitaria può essere ricondotto a un duplice schema operativo, a seconda che lo stampo resti di proprietà del fornitore nazionale o sia ceduto al cliente non residente, restando in “prestito d’uso” presso l’operatore italiano.

Nel primo caso, il cliente non residente riconosce all’impresa italiana un “contributo in conto stampi”, di importo pari al costo da quest’ultima sostenuto, che si qualifica come corrispettivo di una prestazione di servizi “generica”, non territorialmente rilevante in Italia ai sensi dell’art. 7-ter, D.P.R. n. 633/1972.

Nel secondo caso, affinché allo stampo si applichi lo stesso trattamento delle cessioni intracomunitarie, è necessario che:

− tra il committente non residente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto d’appalto avente a oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono. In proposito, è dato osservare che, per la stipula dei contratti d’appalto, non è prevista alcuna forma particolare per il perfezionamento della volontà delle parti; tuttavia, la possibilità di beneficiare della non imponibilità risulta espressamente subordinata all’esistenza di un contratto d’appalto, sicché la forma scritta sembrerebbe l’unica idonea sul piano probatorio;

− lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile.

 

Non imponibilità IVA delle cessioni di beni in esecuzione di contratto d’appalto, d’opera e simili

In linea generale, costituiscono cessioni intracomunitarie anche le consegne, in altri Paesi membri, di beni effettuate in virtù di contratti d’appalto, per cui la realizzazione (costruzione diretta o acquisto da terzi) di stampi a favore di acquirenti di altri Paesi membri si considera non imponibile ai sensi del citato art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993. In questa ipotesi, il corrispettivo pagato dal committente estero per la fabbricazione o l’acquisto dello stampo rappresenta un anticipo dell’intero prezzo d’appalto riconosciuto dal cessionario comunitario per la vendita all’estero del prodotto finale.

Si tratta di una conclusione basata sull’orientamento dell’Amministrazione finanziaria, la quale ha, in più occasioni, qualificato la cessione in ambito intracomunitario di beni in esecuzione di un contratto d’appalto come “intracomunitaria” nella sua interezza, cioè senza distinguere il valore dei beni da quello del servizio.

Riguardo, in particolare, al contratto d’appalto per la costruzione di un macchinario, venduto previa installazione e montaggio in altro Paese membro, è stato chiarito che la non imponibilità prevista dall’art. 41, comma 1, lett. c), D.L. n. 331/1993 – riferita alle cessioni, con spedizione o trasporto dal territorio dello Stato, nel territorio di altro Stato membro di beni destinati a essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto – è applicabile anche se la cessione è eseguita in dipendenza di contratti di appalto, d’opera e simili[1].

Allo stesso modo, nell’ipotesi speculare, relativa ai beni provenienti da altro Paese membro, installati, montati o assiemati in Italia, è stato precisato che si tratta di un’operazione che rileva non come prestazione ma, nella sua interezza, quale fornitura all’interno dello Stato, anche se in esecuzione di contratto di appalto, d’opera e simili[2].

Dato che, nei casi esaminati, l’operazione si qualifica come cessione e non come prestazione[3], la base imponibile è costituita dall’intero ammontare dei corrispettivi dovuti, compresi quelli per la prestazione di installazione, montaggio o assiemaggio[4].

 

Condizioni di non imponibilità IVA della realizzazione di stampi

Quanto esposto in merito alle cessioni intracomunitarie in esecuzione di un contratto d’appalto assume rilevanza anche ai fini dell’individuazione del trattamento IVA applicabile alla realizzazione (costruzione diretta o acquisto da terzi), per conto di un committente comunitario, di stampi da utilizzare in Italia per la produzione, a mezzo degli stessi, di beni da inviare nell’altro Stato membro.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, tale fattispecie è da inquadrare nell’ambito delle cessioni intracomunitarie qualora[5]:

− tra il committente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto d’appalto avente a oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono. In via generale, per la stipula dei contratti d’appalto non è prevista alcuna forma particolare per il perfezionamento della volontà delle parti; tuttavia, la possibilità di beneficiare della non imponibilità risulta espressamente subordinata all’esistenza di un contratto d’appalto, sicché la forma scritta sembrerebbe l’unica idonea sul piano probatorio;

− lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile.

Laddove, in particolare, si proceda alla distruzione dello stampo, previa autorizzazione del proprietario, è necessario applicare la procedura prevista dall’art. 2, comma 4, D.P.R. n. 441/1997, che si articola in 3 fasi distinte[6]:

− invio di una comunicazione preventiva all’Amministrazione finanziaria;

− redazione di un verbale o di una dichiarazione di distruzione, di contenuto diverso a seconda che il costo dei beni da smaltire sia superiore o meno a 10.000 euro;

− compilazione del documento di trasporto relativo al trasporto dei beni eventualmente risultanti dalla distruzione o trasformazione; quindi, con indicazione anche del destinatario, della natura e della quantità dei beni ottenuti dalla distruzione o trasformazione e della causale del trasporto.

In alternativa a tale procedura, è possibile consegnare i beni da smaltire a soggetti autorizzati, ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento dei rifiuti, nel qual caso la distruzione deve essere dimostrata mediante il formulario di identificazione che tali soggetti devono rilasciare ai sensi dell’art. 193, D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente). Resta, peraltro, inteso che la presunzione di cessione non opera in caso di cessione degli stampi con fatturazione nei confronti di altro imprenditore[7].

 

Stampi non inviati al cliente comunitario

La Corte di Cassazione, con la sent. n. 23761/2015, ha affermato che, in caso di stipula di un contratto d’appalto tra operatori economici comunitari residenti in diversi Stati membri, che preveda anche l’affidamento della costruzione di modelli, forme, stampi o altri attrezzi strumentali al procedimento di fabbricazione del prodotto finale, da cedere al committente unitamente a questi ultimi, il presupposto del materiale trasporto dello stampo – ove quest’ultimo non sia andato distrutto o consumato nel processo di fabbricazione – dallo Stato membro di origine a quello, diverso, di destinazione, ai fini della non imponibilità IVA riconosciuta dall’art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993, alle cessioni intracomunitarie: «deve essere verificato con riferimento al tempo della cessazione del rapporto contrattuale in questione, e non anche al tempo della cessazione di eventuali distinti contratti stipulati dalle stesse parti, anche se aventi ad oggetto la fornitura di ulteriori beni della stessa specie da ottenere mediante l’utilizzo dei medesimi modelli, forme, stampi o attrezzature, dovendo ritenersi esaurita la operazione di cessione intracomunitaria con la estinzione del rapporto contrattuale avente ad oggetto la realizzazione del bene-strumentale».

Nel caso materiale, a seguito della stipula di un contratto d’appalto tra il committente inglese e l’appaltatore italiano, avente per oggetto la costruzione di stampi da utilizzare per la produzione di testate cilindriche, l’appaltatore, su richiesta dello stesso committente, ha affidato a un subappaltatore la fabbricazione degli stampi e delle testate cilindriche. Una volta realizzati i prodotti finali, l’appaltatore ha emesso fatture di vendita nei confronti del committente in regime di non imponibilità di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993.

A seguito di una verifica, l’ufficio ha contestato la sussistenza dei presupposti della non imponibilità, in quanto gli stampi sono rimasti presso il subappaltatore al termine della lavorazione, senza essere pertanto trasferiti in Inghilterra così come richiesto dalla citata norma.

La tesi erariale è stata respinta in entrambi i giudizi di merito. In particolare, ad avviso dei giudici d’appello, l’appaltatore ha fornito la prova che la costruzione degli stampi e la realizzazione dei prodotti finali si riferivano al medesimo contratto di appalto, che prevedeva l’affidamento in subappalto dei lavori, con la conseguenza che il presupposto del trasferimento degli stampi nel territorio dello Stato membro del committente, doveva essere verificato non al termine di efficacia del contratto d’appalto di fornitura, ma al termine del ciclo produttivo, cioè della completa usura o distruzione dello stampo nel corso del tempo: nella specie, tale evento non si era ancora realizzato in quanto la produzione dei beni era continuata con la stipula di ulteriori contratti di fornitura, conclusi direttamente dal committente con il subappaltatore, aventi a oggetto testate cilindriche prodotte con i medesimi stampi.

Dato che gli stampi sono beni a utilizzo ripetuto necessari all’adempimento del contratto di fornitura, i presupposti della non imponibilità vanno interpretati in relazione a un duplice aspetto, avendo cioè riguardo, da un lato, all’immediata fatturazione del corrispettivo relativo alla costruzione e alla cessione dello stampo e, dall’altro, alla mancata immediata consegna al committente dello stampo in quanto destinato a essere impiegato nella fabbricazione dei prodotti finiti oggetto del contratto di fornitura (nella specie, testate cilindriche). Coerentemente alla finalità della non imponibilità dell’operazione intracomunitaria, si è quindi ritenuto di considerare unitariamente la fattispecie negoziale laddove con il medesimo contratto venga richiesto al fornitore del prodotto finito di realizzare anche lo stampo necessario a produrlo, differendo alla cessazione del rapporto contrattuale il presupposto del materiale trasferimento nel territorio dell’altro Stato membro dello stampo e prevedendo, altresì, l’ipotesi che lo stampo venga “consumato” o “distrutto” in conseguenza del processo di lavorazione del prodotto finito, ovvero in esito all’esecuzione del contratto o al termine della durata dello stesso (qualora fossero previste forniture periodiche o a consegne ripartite nel tempo), in tal caso ritenendo egualmente assolto il presupposto indicato nel venir meno della stessa esistenza di un autonomo bene suscettibile di trasporto/spedizione.

Come sottolineato dai giudici di legittimità, risulta, invece, del tutto estranea alla fattispecie normativa l’ipotesi in cui il committente comunitario, pur non avendo ricevuto lo stampo in consegna nel proprio Stato membro, lo affidi in uso o in custodia allo stesso appaltatore o ad altro soggetto italiano, in vista di eventuali e successivi rapporti contrattuali aventi a oggetto la fornitura di analoghi o identici prodotti finali, mediante utilizzo degli stessi stampi. Le scelte operative del committente si collocano, infatti, al di fuori della singola operazione economica, pure unitariamente considerata, afferendo ad altri e diversi rapporti contrattuali, peraltro del tutto eventuali, che danno origine a ulteriori distinte operazioni economiche fiscalmente rilevanti e non possono, pertanto, condizionare “ad libitum” l’esigenza dell’Amministrazione finanziaria – che trova fondamento nel generale principio di certezza dei rapporti giuridici – di definire il regime del rapporto tributario insorto con l’operazione di cessione dello stampo e l’emissione della relativa fattura.

In definitiva, la decisione d’appello è stata riformata dalla Suprema Corte siccome ha inteso rinvenire la finalità dell’art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993, nel differimento del presupposto relativo al trasferimento materiale del bene nel territorio del cessionario sino all’esaurimento “fisico” dello stampo in considerazione delle peculiari caratteristiche di obsolescenza, prescindendo dal negozio giuridico (nella specie, il contratto d’appalto) che sta alla base dell’operazione economica (realizzazione dello stampo, strumentale all’adempimento del contratto di fornitura del prodotto finale), rispetto alla quale deve essere verificato il presupposto della movimentazione intracomunitaria del bene dal Paese di origine a quello, diverso, di destinazione ai fini della non imponibilità.

 

Status di esportatore abituale e plafond

Il corrispettivo dello stampo, se indicato autonomamente in fattura, espletate le formalità di registrazione, concorre alla determinazione dello status di esportatore abituale, mentre assume rilevanza, ai fini della costituzione del plafond, in proporzione alle forniture dei beni prodotti con utilizzo dello stampo stesso[8].

 

Compilazione dei Modelli INTRASTAT

Ai fini INTRASTAT, se il corrispettivo dello stampo[9]:

− non è distintamente indicato in fattura, è irrilevante la circostanza che il medesimo, al termine della lavorazione, venga o meno inviato in altro Stato membro; in tal caso, infatti, il corrispettivo deve considerarsi assorbito nei beni prodotti mediante il suo utilizzo. Il Modello INTRA 1-bis deve essere compilato, per la parte fiscale e statistica, rispetto al momento in cui i beni sono spediti/trasportati nell’altro Stato membro, anche in caso di fatturazione anticipata, indicando:

  • nella colonna 4 (ammontare delle operazioni in euro) e nella colonna 10 (valore statistico in euro), il valore comprensivo del corrispettivo degli stampi;
  • nella colonna 7 (nomenclatura combinata), il codice delle merci secondo la nomenclatura combinata della tariffa doganale in vigore nel periodo cui si riferisce l’elenco riepilogativo;

− è autonomamente addebitato in fattura, il Modello INTRA 1-bis:

  • agli effetti fiscali, va compilato con riferimento al periodo di registrazione della fattura emessa per il pagamento dello stampo, anche in acconto, a prescindere dall’avvenuta spedizione/trasporto dello stampo; in particolare, nella colonna 4 (ammontare delle operazioni in euro), va indicato il corrispettivo fatturato per lo stampo, mentre nella colonna 6 (nomenclatura combinata) va indicato il codice dello stampo secondo la nomenclatura combinata della tariffa doganale in vigore nel periodo cui si riferisce l’elenco riepilogativo;
  • agli effetti statistici, va compilato aggiungendo proporzionalmente il valore dello stampo a quello delle singole forniture. Il codice della nomenclatura combinata, da indicare nella colonna 7, resta quello dei beni costruiti con lo stampo.
Corrispettivo dello stampo Compilazione del Modello INTRA 1-bis
Non distintamente indicato in fattura Per la parte fiscale e statistica, rispetto al momento in cui i beni sono spediti/trasportati nell’altro Stato membro, anche in caso di fatturazione anticipata.

In particolare, occorre indicare:

− nella colonna 4 (ammontare delle operazioni in euro) e nella colonna 10 (valore statistico in euro), il valore comprensivo del corrispettivo degli stampi;

− nella colonna 7 (nomenclatura combinata), il codice delle merci secondo la nomenclatura combinata della tariffa doganale in vigore nel periodo cui si riferisce l’elenco riepilogativo.

Distintamente indicato in fattura Per la parte fiscale, rispetto al periodo di registrazione della fattura emessa per il pagamento dello stampo, anche in acconto, a prescindere dall’avvenuta spedizione/trasporto dello stampo. Per la parte statistica, aggiungendo proporzionalmente il valore dello stampo a quello delle singole forniture.

In particolare, occorre indicare nella colonna 4 (ammontare delle operazioni in euro), il corrispettivo fatturato per lo stampo, mentre nella colonna 7 (nomenclatura combinata) va indicato il codice dello stampo secondo la nomenclatura combinata della tariffa doganale in vigore nel periodo cui si riferisce l’elenco riepilogativo.

 

Contributo per la realizzazione degli stampi

L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della circolare n. 43/E/2010 (par. 9), ha esaminato il caso di una società italiana che produce calzature. Tale società addebita al proprio cliente inglese i costi di sviluppo dei nuovi stampi occorrenti per il campionario che viene commissionato dal predetto soggetto non residente. Il quesito formulato all’Agenzia delle Entrate è diretto a conoscere quali siano gli adempimenti ai fini INTRASTAT.

Nella circolare viene ricordato che il contributo per la realizzazione (costruzione diretta o acquisto da terzi) dello stampo assume natura intracomunitaria e, pertanto, deve essere fatturato in regime di non imponibilità quando:

− tra il committente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto d’appalto avente a oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono;

− lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile.

Qualora ricorrano tali presupposti, la lavorazione dello stampo si considera accessoria alla cessione intracomunitaria dei beni, per cui:

− il corrispettivo pagato per lo stampo rappresenta un’anticipazione dell’intero prezzo;

− la suddetta prestazione non assume un’autonoma configurazione giuridica né ai fini della fatturazione, né ai fini della compilazione dei Modelli INTRASTAT.

Qualora, invece, non ricorrano i citati presupposti, lo sviluppo dello stampo richiesto dal committente stabilito in altro Stato membro configura l’esecuzione di una prestazione di servizi “generica”, che deve essere[10]:

− fatturata, ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), D.P.R. n. 633/1972, con l’annotazione “inversione contabile” e con l’eventuale indicazione della norma comunitaria o nazionale di riferimento;

− riepilogata nel Modello INTRA 1-quater.

In quest’ultima ipotesi, resta inteso che la cessione intracomunitaria dei beni realizzati con lo stampo è soggetta al regime di non imponibilità e deve essere dichiarata nel Modello INTRA 1-bis.

In una precedente occasione, l’Amministrazione finanziaria aveva, invece, chiarito che l’addebito di costi di beni la cui proprietà resta del cedente italiano, che vengono però distrutti al termine della lavorazione, anche se avviene separatamente dal corrispettivo dei beni prodotti con lo stampo, si considera accessorio e inerente alla cessione, ai sensi dell’art. 12, D.P.R. n. 633/1972; tale addebito, quindi, beneficia del regime di non imponibilità di cui al citato art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993[11].

Nel caso esaminato dall’Amministrazione finanziaria, una società, nell’ambito della propria attività di produzione di film plastici, stipula con società residenti in altri Paesi membri contratti di cessione di detti beni. Per la stampa dei film sono utilizzati dei cilindri costituiti da 2 elementi distinti: un nucleo ferroso e una sovrapellicola in metallo fotoincisa appositamente sulla base delle esigenze dei singoli clienti, la quale viene distrutta autonomamente al termine di ogni commessa; il costo della sovrapellicola viene addebitato al cliente separatamente dal prezzo dei film prodotti quale “contributo incisione cilindri”.

La fattispecie descritta non rientra nell’ipotesi di realizzazione di stampi, tenuto anche conto del fatto che la proprietà della sovrapellicola rimane alla società produttrice dei film. Non risulta, infatti, che il committente estero, in base a un unico impegno contrattuale, abbia dato incarico alla società nazionale di realizzare lo stampo e i relativi beni secondo determinate caratteristiche; al contrario il rapporto si sostanzia nel solo acquisto da parte del soggetto comunitario di beni consistenti nei film stampati.

Riguardo all’addebito del costo della sovrapellicola, nella base imponibile del film ceduto devono essere ricompresi anche gli oneri concernenti l’incisione, in virtù degli artt. 12 e 13, D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, le predette cessioni sono da considerare non imponibili IVA, ai sensi dell’art. 41, D.L. n. 331/1993, in quanto effettuate nei confronti di un cessionario identificato ai fini IVA nel Paese membro di destinazione, a condizione che i film stampati siano spediti o trasportati in altro Stato membro.

Ipotesi contrattuali Trattamento IVA
Unico contratto d’appalto diretto alla realizzazione degli stampi e alla fornitura dei relativi beni Il corrispettivo pagato dal cliente non residente per lo sviluppo degli stampi costituisce un’anticipazione dell’intero prezzo d’appalto pattuito per la cessione all’estero dei beni, per cui beneficia del regime di non imponibilità IVA a condizione che gli stampi, a fine lavorazione, vengano inviati nel Paese UE del cliente, a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, gli stessi siano distrutti o siano divenuti inservibili.
Contratto d’appalto relativo alla fornitura dei beni, con addebito al cliente estero di un contributo per la realizzazione degli stampi La cessione dei beni e l’addebito al cliente non residente di un importo per lo sviluppo degli stampi sono fattispecie distinte, che devono essere gestite in quanto tali ai fini della fatturazione e della compilazione dei Modelli INTRASTAT.

 

Orientamento della Corte europea

Ritornando alla sentenza di cui alla causa C-234/24 in commento, fermo restando che la cessione dello stampo dalla società tedesca a quella slovacca non è esclusa per il fatto che lo stampo è stato utilizzato in modo continuativo in Bulgaria per fabbricare i beni, la Corte ha negato che la cessione dello stampo costituisca una cessione intracomunitaria esente da IVA ai sensi dell’art. 138, Direttiva 2006/112/CE.

L’esenzione presuppone, infatti, che il bene ceduto (nel caso di specie, lo stampo) sia stato trasportato/spedito dal cedente (nella specie, la società tedesca), dal cessionario (nella specie, la società slovacca) o da un terzo per loro conto (in genere uno spedizioniere). Pertanto, come risulta dal costante orientamento della giurisprudenza comunitaria, l’esenzione è applicabile solo quando, a seguito del trasporto/spedizione, il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.

Nel caso in esame, lo stampo è rimasto in Bulgaria e, quindi, non è possibile qualificare la cessione come intracomunitaria, esente da imposta.

La Corte ha escluso che un risultato diverso si possa raggiungere considerando la cessione dei beni da parte della società bulgara e la cessione dello stampo nel suo complesso da parte della società tedesca come un’unica cessione intracomunitaria effettuata nei confronti della società slovacca.

Il principio di indipendenza di ciascuna operazione, previsto dall’art. 1, par. 2, comma 2, Direttiva 2006/112/CE, viene meno solo nelle ipotesi di prestazione accessoria o di prestazione unica complessa, che però non ricorrono nel caso in esame.

In primo luogo, una prestazione si considera accessoria a una prestazione principale quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore.

Poiché la società tedesca e la società bulgara sono soggetti passivi indipendenti l’uno dall’altro, non è possibile determinare una prestazione principale. Infatti, tali cessioni hanno ciascuna un carattere distinto e originario e nessuna delle 2 è subordinata all’altra per quanto riguarda il perseguimento della propria finalità. Nessuna delle operazioni di cui trattasi, quindi, è una prestazione non indipendente, accessoria all’altra.

In secondo luogo, non è neppure ravvisabile un’unica prestazione complessa, che si manifesta quando la prestazione del soggetto passivo è costituita da 2 o più elementi o atti che sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale.

Nel caso di specie non si ravvisa il carattere indissociabile degli elementi della prestazione. Dal punto di vista del consumatore medio, infatti, il trattamento separato della cessione dei beni fabbricati da parte di un soggetto passivo e della cessione dello stampo da parte di un altro soggetto passivo non ha carattere artificiale, dato che le 2 cessioni sono effettuate da soggetti passivi diversi.

Quando 2 prestazioni presentano una certa contiguità sostanziale, ma sono fornite da 2 soggetti passivi diversi, solo in via del tutto eccezionale possono essere considerate un insieme costituente un’unica operazione, vale a dire in presenza di frazionamento artificiale di un’operazione in 2 elementi distinti.

Ne consegue che sia l’ipotesi di una prestazione accessoria non indipendente, sia quella di un’unica prestazione complessa sono in linea di principio escluse qualora siano coinvolti diversi prestatori. Tutt’al più si può ritenere che la situazione sia diversa nel caso di scomposizione artificiale di un’operazione da parte dell’effettivo prestatore tra 2 soggetti passivi da esso controllati, ma ciò è escluso nel caso di specie.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ha, pertanto, affermato che la cessione dello stampo si considera interna alla Bulgaria ai sensi dell’art. 31, Direttiva 2006/112/CE, e non beneficia, quindi, dell’esenzione prevista per le cessioni intracomunitarie dei beni fabbricati con lo stampo. Di conseguenza, la società slovacca ha diritto di chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Bulgaria attraverso la procedura del “portale elettronico” disciplinata dalla Direttiva 2008/9/CE.

[1] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.2.1).

[2] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.1.3), cit..

[3] Cfr. risoluzione n. IV-15-456/1994.

[4] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.5.1), cit..

[5] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.2.3), cit..

[6] Cfr. circolare n. 193/E/1998 (par. 1.3.3).

[7] Cfr. circolare n. 193/E/1998 (par. 1.3.3), cit..

[8] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.2.3), cit..

[9] Cfr. circolare n. 13-VII-15-464/1994 (par. B.15.1), cit..

[10] Cfr. circolare n. 43/E/2010 (par. 9), cit..

[11] Cfr. risoluzione n. 186/E/1996.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Iva in pratica”.