15 Settembre 2016

Reddito della stabile organizzazione con le regole del transfer price

di Fabio Landuzzi
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Come noto, il D.Lgs. 147/2015 (il cd. “Decreto internazionalizzazione”) è intervenuto in modo significativo sulla disciplina della stabile organizzazione in Italia di soggetti esteri contenuta nell’articolo 152 del Tuir.

La materia è peraltro in continua evoluzione nel panorama internazionale nell’ambito del progetto BEPS anche in virtù della pubblicazione recente nella versione finale del documento intitolato “Action 7 – Preventing the artificial avoidance of PE status” da cui deriva una revisione del testo dell’articolo 5 del modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni in merito alla definizione stessa di stabile organizzazione.

Un aspetto interessante, sul quale ci siamo in parte già soffermati ma per trattare gli aspetti contabili che vi sono connessi, attiene alle modalità con cui deve essere determinato il reddito imponibile della stabile organizzazione in Italia di un soggetto estero.

Ebbene, l’articolo 152, comma 1, del Tuir, come noto, prescrive che il reddito vada determinato, applicando le disposizioni del Tuir, e sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le stesse caratteristiche. Si tratta della traduzione contabile del principio affermato in ambito Ocse e che va sotto il termine di “functionally separate entity” ovvero la visione della stabile organizzazione come un’entità indipendente e separata dalla casa madre, i cui rapporti devono perciò essere regolati secondo principi di libera concorrenza.

Infatti, l’articolo 7 del modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni prevede che le operazioni fra la stabile organizzazione e la sua casa madre devono essere regolate secondo principi di libera concorrenza, proprio come se fossero imprese tra loro indipendenti: tradotto, significa che ai rapporti fra la stabile organizzazione e la casa madre devono essere applicati gli stessi canoni prescritti dall’Ocse per le imprese appartenenti allo stesso gruppo in materia di transfer price. Alla stabile organizzazione dovranno essere perciò attribuiti profitti come se si trattasse di una entità indipendente e distinta dalla casa madre da cui essa promana e di cui è un braccio operativo situato in Italia.

L’Ocse, a tale riguardo, propone nel documento intitolato “Report on Attribution of Profit to Permanent Establishments” un approccio operativo denominato “Authorised OECD Approach” (in breve, “AOA”) il quale si fonda essenzialmente su due fasi.

  • La prima fase implica l’esecuzione di un’analisi funzionale della stabile organizzazione, che ne descriva quindi le funzioni svolte, i rischi assunti ed i beni utilizzati nell’attività che è chiamata ad eseguire. Si tratta ovviamente di beni di cui ha una disponibilità e titolarità economica, e non certo giuridica, la quale appartiene infatti alla casa madre. In questa fase una particolare attenzione dovrà essere rivolta anche al fondo di dotazione della stabile organizzazione, il quale dovrà essere congruo rispetto alle esigenze connesse alle attività che è chiamata a svolgere, ai rischi che assume ed ai beni che impiega.
  • La seconda fase di questo procedimento è invece direttamente volta a individuare criteri che consentano una quantificazione del reddito della stabile organizzazione in linea con il principio di libera concorrenza; perciò, si applicheranno le stesse metodologie e gli stessi criteri che sono prescritti dalle Linee guida Ocse in materia di prezzi di trasferimento.

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La stabile organizzazione e gli sviluppi di prassi e giurisprudenziali