Quanto costa davvero un prodotto? I metodi per una corretta analisi dei costi
di Stefano FontanaA prima vista la domanda sembra semplice e si potrebbe presumere che ogni imprenditore abbia ben chiara la risposta, sulla base della quale prende decisioni tutti i giorni; in realtà, nasconde una complessità che spesso sorprende, perché non esiste una risposta: il “costo” non è un concetto assoluto e oggettivo, ma dipende da quali elementi si includono nel calcolo, e questo a sua volta dipende strettamente dall’uso che si intende fare di quell’informazione. Non esiste una risposta perché ne esistono molte, che però danno informazioni diverse tra loro che sono da utilizzare in contesti diversi, per prendere decisioni molto diverse tra loro. Per capire quali elementi includere è, quindi, necessario per prima cosa comprendere fino in fondo il tipo di informazione che cerchiamo e come vogliamo usarla, in secondo luogo conoscere le classificazioni dei costi e le loro caratteristiche.
Un costo fisso, ad esempio, resta immutato al variare del volume di produzione, mentre un costo variabile cresce o diminuisce in funzione dei volumi; un costo diretto può essere attribuito con precisione a un prodotto, un reparto o una commessa, mentre un costo indiretto deve essere ripartito sulla base di criteri di causalità e di logica gestionale. E ancora: i costi di prodotto sono inventariabili, cioè restano “sospesi” come valore di magazzino e diventano spesa solo al momento della vendita, mentre quelli di periodo gravano subito sul conto economico.
Approfondire queste distinzioni non è un esercizio teorico, al contrario è un passo necessario per una presa di decisioni più consapevole. Solo distinguendo le diverse prospettive, infatti, è possibile rispondere correttamente a domande molto pratiche: conviene accettare un ordine straordinario a prezzo ridotto? Fino a che livello spingersi in una svendita di magazzino? Qual è il margine di contribuzione di un prodotto? Dove si colloca il break-even? Come valorizzare il magazzino?
In relazione alle diverse classificazioni dei costi esistono diverse configurazioni di calcolo – a costi variabili, a costi diretti, industriali, operativi o full costing – che permettono di costruire margini progressivi e di avere prospettive differenti per valutare marginalità e performance. Il margine lordo, il margine semilordo e il margine industriale sono indicatori che offrono informazioni mirate: dalla valutazione della marginalità di un singolo prodotto alla valorizzazione del magazzino, dalla stima dell’efficienza produttiva alla misurazione della performance operativa complessiva.
La scelta del sistema di costing più adatto alla realtà oggetto di studio è altrettanto strategica. Il process costing trova applicazione in produzioni continue e standardizzate, il job costing è ideale dove si trattino commesse specifiche e personalizzate, l’operation costing rappresenta una soluzione ibrida per produzioni a lotti ripetitive, mentre l’Activity Based Costing consente una rappresentazione più accurata dei costi indiretti, individuando attività e driver che ne spiegano l’assorbimento. Quest’ultimo approccio, pur complesso da implementare, offre una maggiore aderenza alla realtà gestionale rispetto ai metodi tradizionali e permette di collegare con precisione i costi alle decisioni operative e strategiche.
L’analisi dei costi, dunque, non si limita a spiegare come le risorse vengono consumate, ma diventa uno strumento decisionale di primo livello: per definire politiche di pricing, valutare commesse, predisporre budget e forecast, confrontarsi con benchmark di settore o sostenere decisioni di investimento. In scenari caratterizzati da volatilità e forte pressione competitiva, un approccio corretto al costing rappresenta una leva cruciale per garantire redditività e solidità aziendale.


