24 Novembre 2025

Perché oggi il business plan è uno strumento decisivo per ottenere credito e guidare l’impresa

di Denis Dainese
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

In un contesto economico e sociale in continua evoluzione, caratterizzato da volatilità dei mercati, ripresa dei tassi d’interesse e crescente selettività del credito, il business plan assume un ruolo centrale e imprescindibile. Non si tratta più di un documento accessorio o di un adempimento richiesto solo alle start-up innovative: oggi rappresenta un vero e proprio pilastro della gestione d’impresa. Qualunque realtà, dalla PMI alla società più strutturata, deve essere in grado di dimostrare solidità, capacità di adattamento e visione strategica attraverso un piano industriale chiaro, credibile e coerente.

Quanto accaduto dal 2008 in avanti, in tema di legislazione europea, ha cambiato profondamente l’approccio degli istituti bancari all’analisi del rating d’azienda. I principi introdotti da Basilea II e, soprattutto, Basilea III e Basilea IV, con un progressivo irrigidimento dei requisiti patrimoniali e delle metodologie di valutazione del rischio, hanno portato il sistema finanziario a spostare il baricentro della propria analisi: non più solo garanzie reali e dati storici, ma sempre più attenzione alla capacità prospettica di generare cassa. Anche le linee guida dell’EBA (European Banking Authority) in materia di concessione e monitoraggio del credito (EBA/GL/2020/06) sottolineano come le banche debbano valutare in profondità il modello di business, la sostenibilità finanziaria e la governance aziendale.

In questo scenario, il business plan smette di essere un documento “una tantum” e diventa uno strumento dinamico di pianificazione continua, utile non solo a ottenere finanziamenti, ma soprattutto a guidare l’impresa nelle decisioni quotidiane, anticipando rischi e opportunità. Un piano ben costruito trasforma l’imprenditore o il management in una guida consapevole del proprio futuro.

 

Parlare la lingua del credito: sostenibilità, visione e fiducia

Saper costruire e interpretare un business plan significa saper dialogare efficacemente con banche, investitori e partner industriali. Nel linguaggio del credito moderno, infatti, i numeri non bastano più: ciò che conta è la sostenibilità delle scelte, la credibilità della strategia e la capacità del management di attuarla. Le stesse normative europee sulla trasparenza informativa (come la CRR – Capital Requirements Regulation e la CRD IV – Capital Requirements Directive) richiedono agli istituti di basare le proprie valutazioni su elementi sia quantitativi sia qualitativi.

Come risaputo, il bilancio d’esercizio (disciplinato dagli artt. 2423 ss., c.c.) presenta una fotografia del passato: racconta ciò che l’impresa ha fatto, quanto ha guadagnato e quali risorse ha impiegato. Il business plan, invece, deve essere una narrazione sul futuro dell’azienda, una proiezione supportata da dati, ipotesi e strategie che dimostri dove l’impresa vuole andare e come intende arrivarci. È il documento che permette all’interlocutore finanziario di comprendere la visione aziendale, la sua capacità di presidiare il mercato e il potenziale di crescita.

Non sorprende, quindi, che gli investitori – siano essi banche, fondi di private equity o soggetti pubblici – prestino crescente attenzione al piano industriale: vogliono leggere non solo conti in ordine, ma una prospettiva credibile di sviluppo. Il finanziatore non “compra” la storia dell’impresa, ma il suo futuro. Non finanzia il passato, ma la capacità prospettica di generare cassa, restituire il credito e crescere in modo sostenibile.

 

La valutazione del merito creditizio: oltre i numeri

I criteri adottati dagli istituti negli ultimi anni sono diventati più sofisticati e orientati a una valutazione multidimensionale. Le proiezioni economico-finanziarie continuano a essere fondamentali, ma non rappresentano più l’unico elemento di giudizio. I numeri, infatti, possono essere “governati” dal proponente, soprattutto nei margini di redditività o nei flussi di cassa prospettici.

Per questo motivo l’attenzione degli analisti si concentra sempre più su elementi qualitativi come:

  • qualità della governance (es. competenza del management, sistemi di controllo interno, trasparenza decisionale);
  • solidità dell’organizzazione interna (es. chiarezza dei processi, adeguatezza delle risorse, cultura aziendale);
  • posizionamento competitivo (es. analisi strategiche, barriere all’ingresso, differenziazione del prodotto, strategie di marketing);
  • resilienza strategica (es. capacità di adattamento a shock esterni, analisi dei rischi, flessibilità produttiva o commerciale);
  • coerenza del modello di business (es. compatibilità tra obiettivi, risorse, mercati e strumenti).

Strumenti come le analisi SWOT, PESTEL e le valutazioni di scenario diventano essenziali per dimostrare robustezza e consapevolezza. In questo senso, la capacità di rimborso nasce prima dei numeri: si costruisce nella coerenza interna del documento, nell’allineamento tra strategia, risorse e visione.

 

Le caratteristiche di un business plan efficace

Concludendo, un piano efficace deve possedere alcune caratteristiche fondamentali. In particolare, deve essere:

  1. chiaro nella struttura: la chiarezza espositiva è un requisito essenziale, soprattutto in un contesto dove i tempi di valutazione sono compressi, spesso affidati a meccanismi automatici e l’attenzione degli analisti è risulta limitata. Una struttura ordinata, con sezioni logiche e ben definite, facilita la comprensione e aumenta la credibilità;
  2. credibile nelle ipotesi di base: le proiezioni devono poggiare su dati realistici, confrontabili con benchmark di settore, coerenti con l’andamento macroeconomico e con le capacità produttive verificabili dell’impresa;
  3. coerente temporalmente: le strategie descritte devono essere compatibili con l’orizzonte temporale del piano e con il contesto stimato. Ogni obiettivo deve avere una sua timeline chiara e misurabile;
  4. equilibrato nel dialogo tra strategia e numeri: le scelte strategiche devono riflettersi nei conti economici e nei flussi finanziari. Viceversa, i numeri devono sostenere la strategia, senza apparire forzati o scollegati.